Pubblicato il 18/01/2019, 19:03 | Scritto da Gabriele Gambini

Chiara Maci: Con la cucina racconto un’Italia a cavallo tra passato e futuro

Chiara Maci: Con la cucina racconto un’Italia a cavallo tra passato e futuro
L'Italia a morsi con Chiara Maci (Food Network, canale 33 del Digitale Terrestre, da mercoledì 16 gennaio alle ore 22.00) è un viaggio alla scoperta delle tradizioni regionali familiari. Chiara Maci ci racconta che Italia ha incontrato.

Chiara Maci: Dieci anni fa mi licenziai dall’ufficio marketing di Sky e iniziai a lavorare per diventare una food blogger di successo

 

 

Le Cesarine sono un’antica associazione culturale, per lo più al femminile, depositaria dei segreti sfiziosi dei ricettari regionali. Tramandati di generazione in generazione. Una rete di casalinghe italiane che fa da ponte tra tradizione e innovazione, tra passato e presente. Tra sovranisti e mondialisti, se volessimo buttarla sull’attualità. Chiara Maci, food blogger dall’esperienza navigata tra web, tv e libri, va a caccia di Cesarine di città in città. E nel suo L’Italia a morsi con Chiara Maci (Food Network, canale 33 del Digitale Terrestre, da mercoledì 16 gennaio alle ore 22.00) applica la maieutica socratica ai piatti popolari. Disvelando le intimità conviviali della dorsale cittadina e agricola nazionale. Con una particolarità: il programma non racconta cene luculliane nei ristoranti, sfrutta la leva del food per raccontare quanto i legami col territorio, oggi, siano forti anche tra le nuove generazioni.

Una Cesarina che l’ha colpita?

Mara, Cesarina di Forlì. Ha ottant’anni. Nella sua vita ha ospitato a casa sua attori del calibro di Vittorio e Alessandro Gassman, Alessandro Haber, e molti altri mostri sacri della recitazione italiana. Si presentava in teatro e li invitava a casa sua a mangiare con tutta la compagnia. Iniziò con Rossella Falk.

Rossella Falk accettò subito?

Sulle prime non si fidò. Chiese di poter invitare tutta la compagnia. Mara accettò di buon grado. Amava avere tanta gente a tavola. Iniziò così il racconto di un pezzo di vita d’Italia e di Forlì attraverso la convivialità e il cibo.

Con quale messaggio?

La cucina è condivisione, questo è il messaggio più importante.

Il programma non parla di sfide gastronomiche e non esplora ristoranti.

Si tratta di un format itinerante: Bologna, Modena, Genova, Milano, Torino, Firenze, Lucca e Siena. La provincia italiana. In ogni puntata incontro una Cesarina e la sua famiglia, mostro cinque ricette cucinate assieme a loro e spiegate in maniera intuitiva per il pubblico. Ma giro anche i paesi alla caccia degli ingredienti. Raccontiamo un mondo di abitudini e tradizioni radicate.

A seconda della latitudine cambiano le abitudini?

Sfatiamo i luoghi comuni. Sono le persone a fare le abitudini, non i territori. Nel programma ho scoperto un’Italia ricca di diversità culturali, ma molto più omogena di quanto si possa pensare. A Genova, per esempio, mi ha stupito l’ospitalità e l’apertura delle persone incontrate. A dispetto delle dicerie sui liguri chiusi e taciturni.

Qual è la figura ricorrente nel racconto del cibo in una famiglia?

Una nonna, una mamma. Di solito sono loro le custodi del focolare. Questo perché c’è un retaggio culturale che si tramanda e che i giovani seguono. Ho conosciuto una ragazza di venticinque anni che produce Aglione e continua a farlo portando avanti la tradizione di famiglia.

Nonne, mamme. Dunque è vero che l’uomo cucina al ristorante e la donna tra le mura domestiche?

Anche questo è un luogo comune da sfatare. Ci sono grandissime chef donne che non hanno nulla da invidiare ai colleghi maschi. Per una donna lavorare nella cucina di un ristorante può risultare apparentemente più duro per la fatica fisica e per la necessità di conciliare lavoro e famiglia. Mi viene in mente Anna Ross. Disse: “Quando sono in cucina rinuncio ai miei figli, quando sono coi miei figli rinuncio alla cucina”. Questa è la sfida maggiore per una donna chef: essere madre e lavoratrice a un tempo.

Però tra le mura domestiche…

Lì è quasi sempre un regno al femminile, questo è vero. Di Cesarini maschi ne ho conosciuti soltanto due. Nella quotidianità italiana delle famiglie cucina la moglie, è un retaggio culturale ancora radicato.

Come descriverebbe questo programma?

Ha una spiccata componente narrativa ed è rilassante. Si affranca dalla frenesia dei talent show ultra competitivi. Mostra la cucina per quello che è davvero: leggerezza, condivisione, comprare il pane fresco dal panettiere, mangiare tutti assieme senza l’incombenza di un giudizio.

Le piacciono i talent show ultra competitivi?

Non li amo quando gli sfidanti sono bambini.

Lei è una food blogger di successo. Come lo si diventa?

In questi giorni sta andando di moda sui social la 10 years challenge, il raffronto tra le proprie foto di oggi e quelle di dieci anni fa. Sono andata a spulciare nel mio passato e ho scoperto i post del mio blog di cucina. Dieci anni fa intercettai il momento fertile dei blog, prima che i social esplodessero e Instagram consacrasse gli influencer.

Lavorava nel marketing Sky. Si licenziò e iniziò a rincorrere un sogno.

Ho fatto la cosa giusta al momento giusto. Avevo una voglia incredibile di realizzare il mio progetto. Ricordo che scrissi una lettera a Maria Latella, all’epoca direttrice di “A”. Avevo vent’anni. Il titolo era: “Io, ventenne, non credo alla crisi”. Volevo mettermi in luce, darmi da fare. Cucinavo, cercavo di comunicare la mia passione, scrivevo le mie ricette sul blog e postavo le foto. Iniziai così.

Oggi Instagram impone foto molto patinate.

Non uso tecnologie post produzione. Mantengo il mio target di pubblico che ama l’approccio quotidiano, naturale, senza troppi artifici. Ho vinto il premio di miglior food blogger italiana, ma non sono la migliore né a cucinare, né a fotografare i piatti.

Dunque il segreto qual è?

Provo a comunicare qualcosa di autentico. Ho molto riscontro con le donne. Tante di loro mi scrivono, raccontandomi persino fatti privati, non solo chiedendo consigli di ricette. Io sono stata mamma single, so che cosa significa crescere un figlio e lavorare. Il quotidiano delle donne ha un denominatore comune e io cerco di entrare in sintonia con quell’aspetto.

La cucina dunque offre spunti di racconto umano.

La cucina è la leva per scavare nelle personalità degli individui, non è retorico dirlo.

La sua vita economicamente è cambiata, da quando lavora in proprio?

Molto. Prima avevo un contratto a tempo indeterminato in una grande azienda come Sky in un periodo fecondo per la sua espansione. Ma oggi godo di una libertà impagabile e, nel mio mestiere, se ti sai proporre alle aziende nel modo giusto ottieni ottimi riscontri in termini di guadagno e visibilità.

Ha ragionato a piccoli passi?

Sono partita proponendomi per cifre basse. Ho aumentato le richieste con l’esperienza acquisita. Ragionando sul lungo periodo e puntando ad acquisire credibilità negli anni. Oggi, se creo un piano di food marketing e comunicazione per una società, so di avere un valore riconosciuto.

Ribaltiamo la 10 years challenge. Come si vede tra dieci anni?

Di solito ragiono a scadenze semestrali. Fisso un obiettivo e provo a raggiungerlo. In futuro chissà, ragionerò se fermarmi e concentrarmi sui figli. Mi piacerebbe aprire un brand di prodotti legati al mondo del cibo, una linea che mi caratterizzi. Ma è presto per parlarne.

Gabriele Gambini

(nella foto Chiara Maci)