Pubblicato il 30/10/2018, 19:03 | Scritto da Gabriele Gambini

Chef Rubio: Aprirò mai un mio ristorante? Forse in futuro, ma alle mie regole

Chef Rubio: Aprirò mai un mio ristorante? Forse in futuro, ma alle mie regole
Chef Rubio ritorna da giovedì 1 novembre alle 21.25 su Dmax (canale 52 dtt) con la nuova stagione di Camionisti in trattoria (prodotto da NonPanic): 8 puntate da un'ora l'una in cui il cuoco-rugbysta incontrerà camionisti da tutta Italia andando con loro alla scoperta di trattorie tipiche.

Chef Rubio torna da giovedì 1 novembre alle 21.25 su DMax (canale 52 dtt) con la nuova stagione di Camionisti in trattoria (prodotto da NonPanic): 8 puntate da un’ora l’una

Provate a chiacchierare con Chef Rubio (al secolo Gabriele Rubini da Frascati, di lui si sa ormai tutto, il passato di rugbysta, la ribalta come alfiere dello street food, la strenua opposizione al mercatismo gastronomico quando si fa moda stellata, la diversità rimarcata rispetto ai talent show) durante un evento. Poi guardatevi intorno. Donne incuriosite lo additeranno, qualche detrattore si darà di gomito parlandone male, i fan gli si avvicineranno chiedendogli un selfie. È la prima regola della popolarità: essere divisivi.

«Ma la fama non mi ha reso vanesio. Non lo sono mai stato. E non mi sono mai costruito un personaggio a uso e consumo della tv. Sarà perché non cerco conferme. Essere quello che sono tutto sommato mi va bene».

Però, da quando è entrato in campo con Unti e Bisunti, ha trasformato il cibo da strada da sfizio territoriale di nicchia a moda che spopola. Si sente un po’ responsabile?

Un po’. Nel bene e nel male. Il messaggio che voglio far passare riguarda la qualità del cibo, delle tradizioni territoriali, l’attenzione al racconto intorno a esse, senza avere il profitto come unico orizzonte progettuale. Alcuni l’hanno interpretato bene. Altri male.

Che significa “male”?

Quando si porta lo street food nei ristoranti di classe, nelle fiere ultra eleganti e fighette, se ne stravolge il senso. Diventa mero mercato. E smette di interessarmi.

Camionisti in trattoria procede nella linea tracciata dal suo modo di intendere il cibo: la maieutca dei piatti popolari.

In ogni puntata raccontiamo la vita di un camionista attraverso il fitro delle trattorie e dei locali dove va a mangiare durante il suo lavoro. Sono gioiellini nascosti. Consentono di raccontare il cibo da un lato, la vita di un personaggio e i territori che attraversa, dall’altro.

Il primo indizio per capire che in una determinata trattoria si mangia bene?

Quando non c’è l’ostentazione del logo e del brand. O quando manca un’attrazione esteticamente invitante che esuli dal menu. In quel caso ci sono buone probabilità che la cucina sia autentica. Libera da orpelli.

Una regione da riscoprire?

Il Molise. Nella nuova stagione di Camionisti in trattoria lo attraverseremo. Mangeremo pesce di qualità altissima a prezzi irrisori.

Dica la verità: quando aprirà un suo ristorante?

Per ora non ci penso. Non è mai stato il mio scopo. E se dovesse accadere, sarà nel futuro, secondo i miei metodi: una trattoria autentica, senza rivisitazioni, legata al territorio, dove entra chi dico io.

Selezione all’ingresso?

No. Ingresso libero. Ma sono gradite le buone maniere, nel senso che la spocchia da locale di lusso è meglio lasciarla fuori.

Lei è da sempre critico nei confronti della globalizzazione economica, sottolineando l’appiattimento culturale derivato dalle imposizioni di mercato delle multinazionali. Di riflesso però esiste anche una globalizzazione umana, frutto delle grandi migrazioni di quest’era.

La nostra società trae vantaggio da alcuni aspetti della globalizzazione economica: i social, le comunicazioni rapide. Ma, senza retorica, i contatti umani non sono migliorati. E le migrazioni sono proprio figlie della disperazione spesso causata dal pensiero di pochi potenti, che speculano sui paesi in via di sviluppo e poi parlano di confini chiusi.

Il cibo può essere un collante per l’amicizia tra i popoli?

Può essere condivisione intima e tutela delle tradizioni. Ma quando leggo di scontri tra Libano, Palestina e Israele sulla paternità dell’humus, capisco che gli interessi economici giocano un ruolo ancora decisivo e negativo.

Lei ha spesso manifestato interesse anche verso la forma documentaristica dei racconti.

Ho di recente collaborato col WWF al progetto Io sto con la natura ed è stato molto interessante. Altri progetti di documentari sono in fase di lavorazione. Credo molto nel formato documentario.

Ha dichiarato di non essere vanitoso. Come si sopravvive alla popolarità?

Gestendo lo stress causato dalle richieste pressanti di ogni genere che mi arrivano ogni giorno. E tifando la Roma nel campionato di calcio. La squadra è stata smembrata, ma torneremo in Champions. Di Francesco è la nostra risorsa. I romanisti devono capirlo, anziché criticarlo.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Chef Rubio)