Pubblicato il 24/10/2018, 18:01 | Scritto da Paolo Madeddu

Emis Killa contro le radio, nemiche del rap. Ma è vero?

A parlare è il n.1 in classifica, con tre n.1 consecutivi nella classifica degli album, e tutti con un’etichetta indipendente: se critica il sistema non è perché – per usare l’aggettivo preferito da una nazione in cui tutti hanno la Mentalità Vincente – è un rosicone.

La tesi che il rapper di Vimercate ha esposto presentando l’album Supereroe, inserita nel brano Donald Trump, contiene elementi verificabili: è vero che le radio italiane mettono muri al rap, malgrado la sua diffusione?
Questa la tesi completa, ribadita a numerosi giornalisti, e riportata in forma diffusa da Elia Alovisi (Noisey). «Rollercoaster ha avuto un successo clamoroso ma non era voluto. Non sono andato a cercare la hit radiofonica. Hanno iniziato a passarla non dico tardi, ma solo quando era già diventata una piccola hit, consacrata dal volere del popolo per i numeri che aveva in streaming. (…) Se fai il rapper sei costretto a fare un pezzo che funzioni per passare in radio, se fai un altro genere non è necessariamente così. Godi di una credibilità che ti è stata data per una hit che magari hai fatto anni prima. In Donald Trump parlo di Ligabue, ma prendi anche solo una cantante pop come Emma Marrone. Non ha bisogno di fare la hit dell’anno per passare in radio, esce col singolo e la radio lo suona automaticamente. Se non funziona lo passano meno ma intanto lo passano perché Emma Marrone è “radiofonica”, per usare il termine che piace tanto a loro».

Quindi le domande sono tre.
1) le radio italiane non passano rap?
2) il rap piace così tanto al pubblico?
3) le radio sono importanti per il successo di un brano?

Proviamo a rispondere.

Top 10 dei brani più trasmessi in Italia in questa settimana, dati EarOne.

1) Le radio italiane non passano rap?
Risposta: Stando ai dati di EarOne, in questo momento (23 ottobre 2018) ci sono due brani rap nei 20 brani italiani più trasmessi in Italia: sono di due star consolidate, ampiamente sopra i 35 anni: Tutto tua madre di J-Ax (n.7) e Bling bling di Gué Pequeno (n.16). Restringendo il campo ai primi venti brani italiani, guadagniamo giusto un’altro pezzo: Cambiare adesso della Dark Polo Gang (n.18). Facendo un passo indietro per i dati di un’intera annata, il 2017, il responso è un po’ impietoso: solo Fabri Fibra con Pamplona entra in top 10 giusto all’ultimo gradino (e grazie anche ai programmatissimi Thegiornalisti), poi il tormentone semi-rap Senza pagare occupa il n.14. Poi, più nulla fino al n.43 di Caparezza con Ti fa stare bene (anche questo un rap molto cantabile). Grazie ancora a J-Ax e Fedez (n.77 Piccole cose con Alessandra Amoroso e n. 100 Sconosciuti da una vita) il numero di brani rap tra i più suonati dell’anno sale a un roboante 5 su 100.
Scartando le canzoni straniere, cambia qualcosina: si aggiungono altri due brani di Fabri Fibra (Fenomeno e Stavo pensando a te), Gué Pequeno con Milionario, Happy days di Ghali e ancora J-Ax e Fedez con Assenzio. Ora fanno dieci brani rap su cento canzoni italiane.

Verdetto n.1: Emis Killa ha ragione.
Le radio risultano quasi disinteressate al genere e ai suoi ascoltatori, presumibilmente sotto i 30 anni. Avranno i loro motivi. E pensiamo che Emis Killa li sappia, anche se dice «I giovani non ascoltano la radio, ma non perché hanno il telefonino. Se la radio passasse pezzi fighi me la ascolterei anche». Non è solo questo. Le radio contano sui loro inserzionisti esattamente come le reti tv, e gli affari vanno bene anche bypassando i prodotti che i ragazzi comprano e che i rapper reclamizzano, spesso direttamente nelle canzoni. Anzi, non è escluso che questo sia un problema per gli inserzionisti: perché il sig. Aperol dovrebbe metter soldi in una radio dalla quale escono gratuitamente inviti rappati a nuotare nei prodotti del sig. Bacardi?

2) Ma il rap piace così tanto al pubblico?
Risposta: La temperatura percepita dice di sì, o quanto meno che siccome piace ai giovani, che ascoltano più musica degli adulti, dalla classifiche cosiddette “di vendita” dei singoli – che tengono conto dello streaming, mezzo “young” per eccellenza – possiamo aspettarci il riscatto del rap.
Invece la classifica FIMI dei singoli più ascoltati nel 2017 vede in top 10 un solo quasi-rap, ed è il tormentone di Fedez e J-Ax Senza pagare, al n.3, prima delle canzoni italiane. Al n.11 c’è Pamplona, e al n.18 Happy days di Ghali; al n.21 Tran tran di Sfera Ebbasta, che compare anche al n.24 con Gué Pequeno per Lamborghini. Ecco, siamo a 5 su 30. Un sesto. Non è un decimo, ma non è molto.

Verdetto n.2: Emis Killa non ha del tutto ragione.
La media nella classifica FIMI migliora, ma non è che il rap comandi, anzi il pubblico nel suo complesso lo premia solo se diventa pop e caciarone.

Be mine degli Ofenbach aveva qualcosa di molto gradito ai radiofonici.

3) Ma poi, le radio sono importanti per il successo di un brano?
Risposta: Torniamo alla classifica EarOne per il 2017. Il brano più trasmesso è stato Be mine degli Ofenbach, seguito da Shape of you di Ed Sheeran e Something just like this di Chainsmokers & Coldplay. Quarta in assoluto e prima tra gli italiani, Partiti adesso di Giusy Ferreri. Quinta, Attention di Charlie Puth.
Nella classifica FIMI che chiamiamo dei “singoli più venduti”, Be mine è ventesima. Shape of you è effettivamente seconda. Something just like this è quarta. Partiti adesso non è mai partita: non è entrata tra le prime cento. Attention è ventiduesima.

Verdetto n.3: Emis Killa non ha ragione.
Le radio non sono decisive nel creare delle hit. Certo, le loro scelte sono per una musica rassicurante, e il rap, si sa, disturba – a meno che non diventi piacione e reggaeton come Rollercoaster di Emis Killa o gli altri singoloni in odore di pop che lui stesso cita. Non solo: le radio per metà si accodano ai successi garantiti (l’Ed Sheeran e i Coldplay che dove li metti, stanno) e per metà si adeguano volentieri a quello che viene raccomandato dalle major. Nella top 50 radiofonica del 2017 secondo EarOne, quarantotto brani erano pubblicati da Universal, Sony e Warner. Solo due erano di etichette indipendenti come la Carosello per la quale incide Emis Killa. Il punto, magari, è anche quello.

Paolo Madeddu

(nella foto Emis Killa)