Pubblicato il 09/10/2018, 18:05 | Scritto da F. Canzonettari

È proprio necessario far parlare di politica i cantanti?

È proprio necessario far parlare di politica i cantanti?
La nuova tendenza è quella di fare domande su Cinque Stelle e Salvini ai cantanti che presentano i loro dischi. Pessima abitudine e del tutto inutile.

Avviso ai colleghi giornalisti: non è necessario chiedere ai cantanti la loro opinione politica

Immagino che quello che sto per scrivere potrà disturbare qualcuno, ma pazienza. L’argomento che vorrei toccare è quello dei cantanti che esprimono le loro opinioni ideologiche. Non mi sto riferendo a quelli che lo fanno nei testi delle canzoni che cantano. Quella è una legittima forma di espressione del pensiero, e siccome i cantanti, che siano cantautori o semplicemente interpreti, ci mettono la faccia, è nel loro pieno diritto cantare quello che vogliono. Poi, se le canzoni sono buone canzoni il messaggio magari “passa” meglio, altrimenti si perde; ma questo è un altro discorso.

Quello che proprio non mi spiego è l’abitudine, purtroppo invalsa da qualche anno, di considerare i cantanti come opinionisti su temi d’attualità sociale e politica. Alle conferenze stampa, ormai, se non arriva una domanda sui Cinque Stelle o su Matteo Salvini sembra che manchi qualcosa. Ma non siamo lì per parlare di un disco appena uscito, o di un tour che sta per cominciare? Cosa ci fa pensare che il parere di un cantante sui Cinque Stelle o su Matteo Salvini debba valere più di quello di un panettiere o di un idraulico o di un cassiere di banca?

Dice: ma sono personaggi popolari, il loro parere interessa. Ecco: perché? Perché dovrebbe interessare ai nostri lettori? Mica sono dei maestri di pensiero, i cantanti; è gente che fa musica, scrive e interpreta canzoni, e non è detto (anzi) che abbia un’opinione motivata e ragionata su un tema di importanza sociale o politica. Non sto dicendo che non ce l’ha o che non deve avercela; un’opinione ce l’ho anch’io, come ce l’abbiamo tutti, ma non andiamo a strillarla in giro, di solito. Né ce la chiedono.

Oltretutto, fatte alcune eccezioni (ci sono cantanti che twittano a proposito e a sproposito su argomenti che non competono loro), sono abbastanza convinto che loro, i cantanti, preferirebbero parlare della loro musica, che è il loro lavoro e che è quella che fa loro guadagnare la pagnotta. Sono i giornalisti (certi giornalisti: mica tutti, per fortuna) che alla spasmodica ricerca di un titolo – che poi con il disco nuovo o il tour imminente non c’entrerà niente – rivolgono ai cantanti domande su argomenti extraprofessionali.

Come se si vergognassero di occuparsi “solo” di musica leggera, e invidiassero i colleghi delle pagine politiche che possono scrivere di argomenti più “importanti”.

Come dite voi a Milano? «Offelee, fa el tò mestee» (panettiere fai il tuo mestiere)? Al liceo classico mi avevano fatto studiare «sutor, nec ultra crepidam» (calzolaio, occupati di scarpe). Ecco. Che i cantanti si occupino di canzoni, e i giornalisti musicali si occupino di cantanti. Tutti al loro posto, che sarebbe meglio.

 

F. Canzonettari

 

(Nella foto