Pubblicato il 21/09/2018, 14:15 | Scritto da Guglielmo Cancelli
Argomenti: ,

Lucio Battisti: il catalogo su Spotify è stata una bufala

Il catalogo di Lucio Battisti sulle piattaforme digitali è una bufala

La notizia, negli ultimi giorni, l’avete letta più o meno ovunque: la scorsa domenica, 16 settembre, sono apparse alla chetichella su Spotify e Deezer, due delle maggiori piattaforme di streaming musicale internazionale, una selezioni di brani di Lucio Battisti. L’epifania di parte del repertorio ha fatto scalpore, perché mai prima d’ora le opere del cantautore di Poggio Bustone – al centro di un contenzioso legale tra i soci della società che ne amministra i diritti, la Edizioni Musicali Acqua Azzurra srl, attualmente in liquidazione, controllata al 56% dalla famiglia dell’artista, al 35% da Universal e al 9% da Mogol – erano mai state presenti sul mercato digitale.

La magia, tuttavia, è durata poco: prima ancora che arrivasse lunedì, le canzoni di Battisti sono state tolte dai cataloghi di Spotify e Deezer. Ecco, quindi, il fiorire del termine “giallo” nei titoli dei giornali. Perché sì, un po’ di giallo, in effetti, c’è: a pubblicare sulle piattaforme streaming è stata un’etichetta sconosciuta praticamente a tutti, la Universal Digital Enterprises, che nulla ha a che fare con la Universal Music. Non trovate strano che uno dei repertori più importanti della storia della musica italiana sia lasciato alla mercé di un’etichetta sconosciuta capace di immetterlo nel più vitale del segmento discografico mondiale con – addirittura – dei grossolani refusi nei titoli delle canzoni? Sì, è strano. Ma il meglio deve ancora venire.

A bocce tutto meno che ferme interviene Sony Music, titolare dei diritti fonografici sui brani di Battisti oggetto del bizzarro leak: la filiale italiana del colosso discografico, nel pomeriggio di lunedì 17 settembre, fa sapere di essere pronta a ricorrere agli avvocati di fronte a «un’operazione di natura illecita» in quanto realizzata con registrazioni fonografiche di sua proprietà «la cui titolarità appare, sulla base delle prime informazioni in possesso della società, usurpata dalla citata Universal Digital Enterprises». I responsabili dell’etichetta non sono andati per il sottile, chiamando in causa addirittura la Guardia di Finanza e la FPM (Federazione contro la pirateria musicale e multimediale) affinché vengano svolte delle indagini atte a chiarire quanto successo poche ore prima e a individuare il colpevole – cioè, l'”usurpatore”, come è stato definito nella nota.

Niente di ufficiale, quindi, e tutto illegale? Difficile dirlo. Soprattutto perché qualche ora prima che dalla Sony arrivasse la denuncia di illiceità dell’operazione, Mogol, lo storico paroliere di Battisti, autore dei testi dei brani oggetto del leak e – ricordiamo – socio di minoranza della società Edizioni Musicali Acqua Azzurra srl, amministratrice dei diritti editoriali delle canzoni, intervenendo in pubblico alla manifestazione Palcoscenici sotto le stelle di Cellole, in provincia di Caserta, sul caso Battisti – Spotify non esitava a dichiarare: «Da oggi Battisti è su Spotify. Ci sono due o tre canzoni che hanno messo, però, da dischi rovinati, ma noi stiamo protestando per fare mettere tutto a posto. Comunque venti canzoni sono già su Spotify e presto arriveranno tutte le altre».

Quindi, riassumendo: chi detiene i diritti fonografici (la Sony) minaccia querele e si rivolge alla Finanza. Chi invece è titolare (in parte) dei diritti editoriali – nonché neopresidente della SIAE – sostiene che questo, invece, sia solo l’inizio. Più che giallo, a questo punto, forse varrebbe la pena usare il termine “commedia”. Possibilmente, degli errori.

 

Guglielmo Cancelli

 

(Nella foto Lucio Battisti)