Pubblicato il 30/08/2018, 19:30 | Scritto da La Redazione

Sulla mia pelle: il trailer ufficiale di Netflix del film sul caso Cucchi

A interpretare Cucchi è Alessandro Borghi, nei panni della sorella, Ilaria Cucchi, c’è Jasmine Trinca. In quelli dei genitori, Max Tortora e Milva Marigliano

«Ho voluto strappare Stefano dalla drammatica fissità delle terribili foto che tutti noi conosciamo, quelle che lo ritraggono morto sul letto autoptico, e ridargli vita. Movimento. Parola», dice Alessio Cremonini, regista di Sulla mia pelle, il film che racconta gli ultimi sette giorni di vita di Stefano Cucchi, dal 12 settembre su Netflix.

A interpretarlo è Alessandro Borghi, nei panni della sorella, Ilaria Cucchi, c’è Jasmine Trinca. In quelli dei genitori di Stefano, Max Tortora e Milva Marigliano. La vicenda risale al 2009: Cucchi muore in carcere, verosimilmente a seguito di percosse, durante la custodia cautelare per detenzione di sostanze stupefacenti.

Il trentenne romano è estremamente provato nel fisico – al momento dell’arresto pesa poco più di 40 kg – il suo decesso avviene nel penitenziario di Regina Coeli in circostanze mai del tutto chiarite, che hanno portato a inchieste su eventuali abusi da parte di alcuni membri delle forze dell’ordine e su omissioni di soccorso da parte di alcuni membri del personale medico dell’Ospedale Pertini di Roma.

Selezionato come film d’apertura della sezione Orizzonti alla 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, nei 100 minuti di svolgimento la pellicola porta in scena con realismo vivido gli ultimi sette giorni di sofferenza del Cucchi. Nessuna scena di violenza viene mostrata, le sue potenziali, estreme conseguenze sì. Le immagini sono rese essenziali nella forma e nella sostanza, la fisicità di Borghi viene messa al servizio di un lento deperimento quotidiano.

L’intento degli autori è porre l’attenzione sulla tutela dello stato di diritto all’interno di un ordinamento democratico. Ma il rischio di creare martiri da un lato e carnefici dall’altro ha portato alcuni sindacati delle forze dell’ordine, tra cui il Cocer dei Carabinieri, il Sap della Polizia di Stato e il Sappe della Polizia Penitenziaria, a elevare formali proteste a tutela dell’immagine delle divise in Italia nel contesto di una vicenda che non è stata ancora archiviata con sentenza definitiva.