Pubblicato il 30/07/2018, 15:01 | Scritto da Paolo Madeddu
Argomenti: , ,

Cose di classifica – Sembra ci sia un’inflazione di rap

Cose di classifica – Sembra ci sia un’inflazione di rap
Metà della musica consumata in Italia è distribuita da Universal. Più della metà degli album di Universal in classifica sono rap. Il pubblico del rap ce la fa davvero a sentirlo tutto?

La casa discografica Universal domina il 46% della classifica FIMI

L’ultima classifica FIMI di luglio ci dice due cose. La prima è che se continua così, tra un po’ potrebbe esserci una sola casa discografica in Italia, la Universal. Tra proprie pubblicazioni e distribuzione, in questo momento il 46% degli album in classifica fa capo alla principale multinazionale della musica, superando di parecchio anche le proporzioni della propria supremazia in Usa (nel 2017, il 37% della total album consumption). In questo momento, sommando gli album in classifica, gli altri principali operatori cioè Sony (22), Warner (16) e gli indipendenti distribuiti da Artist First (7) non arrivano all’esatto pareggio con la major che fa capo alla francese Vivendi.

L’album Plume di Irama ha debuttato al n.1 la prima settimana di giugno.

La presa di Universal sul mercato italiano è altrettanto decisa per quanto riguarda i singoli, dove tra i primi 100 in classifica i brani da essa distribuiti risultano 47. Il momento sarebbe di trionfo assoluto, se in vetta alla classifica degli album non fosse aggrappato da settimane Irama (Warner); tutte le altre charts però, dai singoli (Pablo di Russian & Sfera Ebbasta) ai vinili (XDVR Reloaded di Sfera Ebbasta) alle compilation (Kiss Kiss Play Summer) sono sotto controllo.

All’interno della classifica degli album attuale, 41 album sono riconducibili all’hip-hop (non contando, anche se non sarebbe illegittimo, quello della coppia Beyoncé-JayZ), e tra i titoli Universal in classifica, 25 (quindi più della metà) sono hip-hop. In definitiva, è da qui che arriva lo strapotere della multinazionale, nella cui sede italiana (come racconta la manager Paola Zukar nel suo libro Rap – Una storia italiana) nel 2005 un dirigente francese alla fine di una riunione domandò basito: “Ma voi non avete artisti rap?”

Salmo, da 129 settimane in top 100 con Hellvisback.

E tuttavia, forse l’offerta in questa fase è talmente alta che per quanto voraci, gli adolescenti maschi (target privilegiato) non riescono a premiarla tutta nemmeno facendo uso intensivo di streaming. In classifica ci sono alcuni album di lunghissima militanza (Salmo e Marracash/Gué Pequeno hanno superato le cento settimane, Sfera Ebbasta è a novantotto) ma altri, pur pubblicati da nomi con credenziali di tutto rispetto, hanno avuto vita inaspettatamente breve.

L’album di Mezzosangue è rimasto in top 100 per 13 settimane, quello di Lowlow tre, Rancore dopo otto settimane è al n.96, il nuovo di Drefgold è rimasto in top ten per due settimane e la scorsa settimana è scivolato al n.20, l’EP di Rkomi è stato in top ten una settimana e ora è quattordicesimo. Naturalmente per ognuno di questi casi ci sono spiegazioni possibili. Ma anche quando un settore sembra in salute la saturazione non è mai da escludere.

 

 

(Nella foto Irama)