Pubblicato il 23/07/2018, 18:31 | Scritto da Paolo Madeddu

Cose di classifica – Le donne non vendono più dischi

Cose di classifica – Le donne non vendono più dischi
In parte è il cambiamento delle classifiche, che premiando lo streaming favoriscono i rapper nostrani - tutti truci maschioni. Ma l'Italia pare non aver più voglia di voci femminili.

Analizzando le classifiche degli ultimi 10 anni, ci si accorge che le donne sono in via di estinzione

Se avete una fidanzata, un’amica, una figlia, una parente che sogna di cantare, forse è meglio se la sconsigliate. L’Italia ha smesso di ascoltare voci femminili. O perlomeno, questo è quello che ci dicono le classifiche di vendita della FIMI. Ma non solo loro: a Sanremo non vince una donna dal 2014 (Arisa), a X Factor l’ultima è stata Chiara Galiazzo (2012) e ad Amici una sola donna ha vinto in questo decennio, ed è Deborah Iurato nel 2014.

Se si guarda alla classifica degli album di questa settimana, con il defilippiano Irama al n.1 e otto rapper in fila dietro di lui (incluso il defilippiano Biondo), il rapporto 1 a 10 tra femmine e maschi può persino indurci a dire che Claudio Baglioni facendo partecipare all’ultimo Festival 4 donne (su 20 concorrenti, quindi 1 ogni 5) è stato addirittura femminista: nella top 100 degli album le quote rosa sono esattamente la metà delle sue. E per arrivare a quelle dieci, guidate dalla nuova entrata Emma Muscat (n.10) bisogna contare anche un gruppo, almeno in teoria (Florence con la sua Machine al n.34) e contare come mezza unità due joint-venture con un uomo di pari peso: Mina con Celentano, al n.81 e i signori (The) Carter(s) al n.36. Citiamo anche le altre, si fa presto: Carmen n.14, Laura Pausini n.20, Annalisa n.37, Emma n.44, Dua Lipa n.69, Francesca Michielin n.92, Cardi B n.99.

Naturalmente, guardare solo a questa settimana potrebbe far pensare a una casualità, una concomitanza fatale di fattori. Quindi andiamo diligentemente a confrontare la situazione nello stesso periodo (la terza settimana di luglio) negli ultimi cinque anni:

Beyoncè e Jay-Z: gli Albano e Romina d’America

2018: 10 album in top 100
2017: 15 album
2016: 16 album
2015: 11 album
2014: 16 album

Qualunque cosa avesse abbassato la media del 2015, il numero resta più alto. Per sfizio, diamo un’occhiata a come stavano le cose dieci anni fa:

2008: 18 album

Ma magari è un problema estivo, potreste dire voi. Forse gli uomini fanno canzoni più solari (anzi: solari e un po’ pazze). Siccome è lecito accogliere ogni obiezione, anche le più disperate, vediamo la situazione un semestre prima del periodo considerato, al freddo della terza settimana di gennaio:

2018: 11 album
2017: 17 album
2016: 15 album
2015: 13 album
2014: 21 album
2008: 18 album

Giusy Ferreri e Baby K, specializzate in tormentoni

Niente da fare, il 2018 non è un anno per donne, che ci sia il sole o la neve. Ma per quanto riguarda i singoli? Dopo tutto al n.1 e al n.2 ora come ora ci sono le due ex socie Giusy Ferreri (con Takagi&Ketra) e Baby K. Ebbene, qui il dato deve tener conto della ormai consacrata pratica del featuring, grazie alla quale in canzonette che già sono scritte da cordate di molteplici pregiati autori (…e che capolavori, ci regalano) si usa tirare dentro fino a tre ospiti d’onore in modo da incantare più gonzi – oh, pardon, volevamo dire: ascoltatori di orecchio fino. E con questa premessa, ecco l’andamento nella top 50 dei singoli della terza di luglio dell’ultimo quinquennio:

2018: 4 soliste più 12 presenti in featuring
2017: 2 soliste più 8 in featuring
2016: 12 soliste più 3 in featuring
2015: 8 soliste più 4 in featuring
2014: 12 soliste
2008: 12 soliste

Come è abbastanza facile notare, il 2017 è l’anno in cui le cantanti, da soliste, sono diventate vallette dei cantanti maschi. E incidentalmente, il 2017 è stato anche l’anno della prima grande rivoluzione nella metodologia per le charts italiane, quello che ha iniziato a diminuire il peso dei cd a favore dello streaming. Quindi, una volta sfruttati i dati per dimostrare che non facciamo i titoli a effetto, ecco un po’ di spiegazioni possibili, forse tutte un po’ vere.

Levante faceva bene a mettere le mani avanti

1) La prima è che non ci siano più cantantesse interessanti. In effetti sembra mancare un ricambio per le trentenni (volendo stare larghi, dalla 31enne Alessandra Amoroso alla 39enne Giusy Ferreri, passando per Emma Marrone e la tormentonista Baby K).
2) la seconda è che ai discografici le donne non interessino. I loro capi gli hanno detto di puntare sull’hip-hop e sull’indie, ma il primo è di una misoginia scintillante (in Italia molto più che negli Usa) il secondo dopo le difficoltà di Levante e gli scarsi riscontri di Myss Keta (amatissima dai media, ma quasi solo da loro) ha consacrato le donne solo come piccole muse sexy all’interno dei video di cantautori stropicciati;
3) la più consistente ancorché un po’ sessista è che lo streaming audio, traino delle classifiche attuali, sia roba nerdistica da giovani uomini – e i giovani uomini italiani non ascoltano femmine perché come dire, è roba da femmine, e non sia mai. Quando era il cd a determinare le classifiche, cioè fino a due anni fa, Emma Marrone non aveva i problemi di classifica che ha adesso. Nota bene, è molto possibile che le ragazze sbaraglino i maschi su YouTube – che però non vale per le classifiche, e paga in bricioline;
4) ma forse anche la nuova generazione di ragazze che si affacciano al consumo di musica pop si trova meglio a premiare gli Irama, i Riki e i Biondo (e i Maneskin e i Benji e Fede) che non le nuove Emme e Sandrine. Le poche nuove proposte dell’italian pop non generano una forte identificazione. Oppure chi lo sa, forse non è che un adeguamento a input che vengono dall’alto: come da consiglio di una soubrette legata al Grande Ministro Dominante, le donne “arretrano e stanno nell’ombra” invece che fare musica. Ce ne sono meno nel Governo, e ce ne sono meno in classifica. In fondo, siamo un popolo coerente.

 

Paolo Madeddu

 

(Nella foto Emma Muscat e Biondo)