Pubblicato il 08/06/2018, 17:00 | Scritto da Tiziana Leone

Il tributo a Pino Daniele e l’abisso che separa lo stadio dalla tv

Il tributo a Pino Daniele e l’abisso che separa lo stadio dalla tv
Il Pino che i 45 mila hanno visto, ascoltato e cantato al San Paolo non è stato probabilmente lo stesso Pino che gli oltre tre milioni di spettatori hanno visto su Rai 1.

Ieri su Rai 1 la serata Pino è dedicata al ricordo di Pino Daniele. L’emozione di chi era al San Paolo è finita schiacciata dal piccolo schermo

Di fronte a serate come quella dedicata ieri a Pino Daniele non resta che una considerazione. La televisione non ha ucciso solo le radiostar. Ma anche la musica. E non perché quella cantata a Napoli nella serata Pino è non fosse all’altezza, ma perché la realtà dello Stadio San Paolo è stata altra cosa rispetto a quella catodica di Raiuno. Uno scollamento emblematico,  segno evidente di quanto il piccolo schermo sia capace di offrire reality, ma non la realtà, costruire talent, ma non santificare i suoi veri talenti.

Tra schermo e realtà ieri sera c’era Pino, il re agli occhi di chi era lì, tra i 45 mila che cantavano e ballavano a squarciagola, ragazzi, bambini, signore con i mariti seduti accanto, De Laurentiis, Montezemolo e Malagò, gli amici di De Laurentiis, Montezemolo e Malagò. Tra quei 45 mila l’emozione era tangibile, i cori, le ole, gli applausi regalati a chiunque, al di là delle note stonate, la riconoscenza dei napoletani  superiore alla supponenza per il tributo al loro re e alla loro città.

Se i napoletani perdonano le star che sul palco sporcano la voce di Pino, che diritto ha il resto d’Italia di chiedere la pronuncia perfetta dello scarrafone? Il diritto acquisito da social, quello sancito e regolato dal codice del web, che lascia a chiunque libertà costituzionale di parola.  Mentre a Napoli si balla, sui social si insulta. Che la tv abbia le sue pecche è innegabile, un concerto troppo lungo, una scaletta poco bilanciata, errori di regia, inutili presenze di attori, come se il pubblico non fosse abbastanza sgamato da capire all’istante.

Lo dimostrano i fischi che si è preso Enrico Brignano, troppo romano per fare il napoletano nel tempio sacro della napoletanità, che perdona a Eros di non saper cantare ‘O Scarrafone, ma non al comico di ostinarsi a voler parlare della caput mundi che per chiunque in quello stadio semplicemente è 200 km più in giù. E mentre in tv a tarda notte in molti avevano già spento da un po’ stanchi, sfiaccati, sfiniti da un eccessivo numero di cantanti, al San Paolo la gente restava sulle tribune a ballare, cercare l’acqua nei bagni, perché le bottiglie erano tutte esaurite, fare selfie e postare video, riversarsi sul prato per vedere ancora più da vicino Pino.

Come se Pino fosse lì a cantare. E non fosse l’ologramma con cui tutti duettavano, cui tutti dedicavano ricordi, frasi di circostanza, inutili monologhi. Per chi era al San Paolo, Pino era lì.  Per chi era davanti alla tv, Pino non c’era.

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto Pino Daniele)