Pubblicato il 11/05/2018, 12:00 | Scritto da Paolo Madeddu

Eurovision Song Contest: l’opposto di uno show Usa, ma anche di Sanremo

La finale Eurovision Song Contest è prevista per sabato 12 maggio su Rai 1

Metallo ungherese, cabaret moldavo, aerobica slovena, robot sanmarinesi, southern rock olandese (ma con black boys che ostentano mossette da breakdance anni ‘80 per simulare un coté cosmopolita). Non si sa mai cosa aspettarsi. Ed è questo che rende il tutto oltremodo spassoso.

Tutti sembrano dilettanti al saggio di fine anno, tutti hanno un’idea di musica inconciliabile con quella di qualsiasi produttore in voga, e non c’è critico musicale che si comprometterebbe segnalando una delle canzoni sentite nelle semifinali. Ed è questo che rende il tutto oltremodo prezioso.

Lo spettacolo è sinceramente e orgogliosamente kitsch, l’esatto opposto di una di quelle serate a orologeria di Grammys o Mtv basate su poche varianti degli stessi stilemi: la coolness, la provocazione ipersessuata, più l’artista che gioca a credersela tantissimo e irradia empowerment (personale o collettivo). L’Eurovision Song Contest è quanto di più lontano da uno show americano. Ed è questo che rende il tutto oltremodo sostanzioso.

L’approccio alla musica è all’insegna dell’immediatezza, non c’è il peso dei supponenti che vanno a Sanremo prendendosi terribilmente sul serio, e non ci sono i dibattiti ideologici cui ci ha abituato la nostra kermesse: l’Eurofestival è puro divertimento e canzoni a presa rapida, da giudizio istintivo, mi piace-non mi piace (che poi nell’iperbole di Twitter, dove ci si sganascia apertamente, diventa lo amo-lo aborro). Nessuno spettatore ha la minima idea di chi sia il matto o la sgallettata che gli compare davanti, non conosce il suo percorso, progetto, blah blah blah: noi siamo qui, intratteneteci. E ogni Paese, sorprendentemente, manda sconosciuti che lo sanno fare. Ed è questo che rende il tutto oltremodo contagioso.

Troppi complimenti, per questo Erasmus del pop, per questo villaggio vacanze continentale? No, chi scrive è sinceramente convinto dei benefici che possono derivare dal concedersi una volta l’anno questa immersione supercafona nel pop europeo. Quest’ultimo, peraltro, viene genericamente irriso per il suo sapore anni ‘80 ma nella sua grossolaneria diverte più di tre quarti della roba che sta nelle charts americane e britanniche oggi. Poi sia chiaro, gli aspetti un po’ deleteri dell’evento in corso a Lisbona sono più di uno: su tutti il fatto che troppi cantano in inglese, che gli scandinavi fanno biscotto come nel calcio, che San Marino andrebbe invasa una volta per tutte, e che – come i tweet mandati in diretta dalla Rai ricordano in continuazione – praticamente tutti ricordano qualcun altro: ecco il David Guetta polacco, Il Volo georgiani, l’Ed Sheeran tedesco, la Lana Del Rey lettone e il Justin Bieber svedese – però un momento: a loro volta, cos’hanno portato di così originale alla musica Lana Del Rey, Ed Sheeran e Justin Bieber, che al loro apparire erano subito parsi una copia di qualcos’altro?

Il nostro consiglio quindi è di guardare il pasticcissimo colorato che è l’Eurovision Song Contest come antidoto a una scena musicale che sta diventando tronfia e spocchiosa come se grondasse arte e significati – e onestamente, questa convinzione è piuttosto lontana dal vero. Certo, non è detto che questa edizione riesca a ripetere l’exploit di ascolti dell’anno scorso, quando la serata finale su Rai 1 mandò clamorosamente al tappeto la corazzata Amici.

Martedì sera la primissima semifinale su Rai 4 si è battuta contro il Grande Fratello, l’Aldo Moro di Rai 1 e mettiamoci pure Il Miracolo su Sky, ottenendo 404 mila spettatori e l’1,6% di share, mentre nel 2017 erano stati 514 mila, con uno share dell’1,98%. Ieri sera, invece, ha registrato l’1,7% di share media con 401 mila contatti. Sabato, l’avversaria principale durante la finale (sempre su Rai 1, per la conduzione di Serena Rossi e Federico Russo) sarà ancora Maria De Filippi.

Va tenuto conto che l’anno scorso c’era la curiosità (e un po’ di tifo, forse) per Gabbani, mentre le chance di traino nonché di vittoria di Non mi avete fatto niente di Meta&Moro (Fabrizio, non Aldo) sono un’incognita – anche se ieri sera, appena ne ha avuto la possibilità, a Moro è bastato un secondo per calarsi impeccabilmente nella parte del tamarro italiano amato in tutto il mondo, il tatuato in canotta che intona «Volareh!». Non saremmo sorpresi se questo bastasse a spostare gli equilibri tra i favoriti.

 

Paolo Madeddu

 

(Nella foto Ermal Meta e Fabrizio Moro all’Eurovision Song Contest)