Pubblicato il 26/04/2018, 19:03 | Scritto da Gabriele Gambini
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Debora Villa: Il sesso fa ridere, ve lo racconto a Love Stories

Debora Villa: La grande tradizione dei monologhisti italiani non ha nulla da invidiare alla stand-up anglosassone

Una volta il sesso era una questione pubica. Oggi è pubblica. Specie nell’epoca social in cui il privato esiste nella maniera in cui può essere violato. Magari facendo intrattenimento divertente e laterale. Accade a Debora Villa col suo Love Stories, contenitore-esperimento di interviste pruriginose in onda ogni mercoledì su Zelig Tv: da Filippo Magnini a Sergio Muniz, da Alvin a Roy Paci, l’ospite di turno viene pungolato da domande a tema. Mentre la padrona di casa, affiancata dal finto “esperto” Rafael Didoni e dall’improvvisatore in rima Elianto, deve gestire anche le incursioni destabilizzanti di Giovanna Donini e Andrea Midena.

Come si mette a proprio agio un ospite facendolo parlare di sesso?

Facendogli capire che può fidarsi. Non facciamo terapia, ma intrattenimento, il gioco è divertente e io cerco di essere il più accogliente possibile. Porre le domande nel modo giusto, smorzando eventuali tensioni senza prevaricare, è la chiave per far emergere un vissuto autentico.

Chi l’ha divertita di più, tra gli ospiti?

Ciascuno porta in dote un’umanità specifica. Luca Lucini sulle prime è stato il più timido, ma ha raccontato un aneddoto molto personale e spassoso.

L’ospite che le piacerebbe avere?

Serena Dandini e Angela Finocchiaro, perché ci faremmo delle grosse risate. E poi perché sono paladine dei diritti delle donne, hanno lottato a lungo in passato per la libertà sessuale. Tra gli uomini dico Fiorello, Bisio e Magalli, sono sicura che Magalli avrebbe tanto da raccontare.

Le donne sono molto più pericolose degli uomini quando si riuniscono assieme e parlano di sesso. Conferma?

Verissimo. Siamo perfide e subdole. Sovrapponendo la sfera sessuale a quella emotiva, siamo in grado di fare una perfetta radiografia al partner già dal suo approccio.

E se Debora Villa anziché essere l’intervistatrice fosse l’intervistata?

Di cose particolarmente bizzarre da raccontare non ne ho, dovrei inventare. Però ricordo quando avevo 19 anni e mi appartai con il mio fidanzato dell’epoca in un sottotetto. Sul pavimento c’era della lana di vetro, le conseguenze furono dolorose (ride, nda).

C’è chi dice che in Italia un linguaggio particolarmente trasgressivo in bocca a una comica donna sia meno accettato rispetto a quello di un comico.

È vero, alcuni pregiudizi sono duri a morire. Riguarda il mestiere d’attore come qualsiasi altro mestiere.

C’è chi dice anche che la stand-up di matrice anglosassone fornisca un repertorio diverso e più contemporaneo rispetto alla comicità tradizionale.

Partiamo da un presupposto: ogni era è contraddistinta da evoluzioni e il dinamismo è sempre positivo. L’Italia è da decenni sotto l’influenza della cultura hollywoodiana, così come, soprattutto in passato, anche gli americani si sono ispirati a noi. Sky, Netflix, Youtube contribuiscono a indirizzare un certo gusto. Detto questo, la grande tradizione dei monologhisti italiani, da Dario Fo a Paolo Rossi e Claudio Bisio, non ha nulla da invidiare alla satira della stand-up. Giusto che le nuove leve guardino anche all’estero, ma non pensino di aver inventato cose che i maestri nostrani non abbiano già approfondito, pur in contesti diversi.

Il momento che le ha cambiato la carriera?

Inizio anni ’90. Il provino per Scatafascio. Mi esibii con un pezzo scritto il giorno prima davanti a Paolo Rossi, mio idolo di sempre, e Riccardo Piferi. Paolo Rossi scoppiò a ridere, mi disse che ero fortissima e che mi voleva a tutti i costi. Uscii di lì volando.

Il punto della sua situazione oggi?

Sto portando avanti un bel progetto teatrale. Lavoro con tante aziende. Farò un seminario a New York con John Strasberg. Sto imparando a diventare una buona manager di me stessa. Forse quello che mi manca è fare più cinema, magari senza essere incasellata in ruoli stereotipati. Ma non è facile. A volte l’Italia risente dei compartimenti stagni.

Zelig Tv è una piattaforma dedicata alla sperimentazione, soprattutto comica. Significa che sulla generalista c’è meno spazio per l’argomento rispetto al passato?

Zelig ha rappresentato un’era lunghissima e potente, una rivoluzione epocale. Giusto che stia per un po’ a decantare, poi chissà, in futuro potrebbero nascere novità con la stessa portata dirompente. Zelig Tv ha il pregio di garantire totale libertà di sperimentazione senza la liturgia burocratica delle approvazioni di rete. Un vantaggio non da poco.

Da dove attinge, per scrivere i suoi pezzi?

Da me stessa, in primis. Da quel che mi capita, dall’osservazione del quotidiano. Da alcune criticità della vita di oggi, come il mito delle supermilf che spopolano sulle app di incontri, per esempio.

E il mondo che irride, tutto sommato, le piace o lo guarda a distanza di sicurezza?

Il mondo e la vita mi piacciono da sempre. Per questo a volte mi incazzo, perché ci tengo. Amo la vita e se si coltivano progetti con amore, non si sbaglia.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Debora Villa con Marco Maccarini)