Pubblicato il 27/03/2018, 18:03 | Scritto da Tiziana Leone

Il popolo di Fabrizio Frizzi in fila: anziani, neonati, politici e Vip per l’addio al conduttore

Il popolo di Fabrizio Frizzi in fila: anziani, neonati, politici e Vip  per l’addio al conduttore
La disperazione di Max Giusti, il saluto composto di Paolo Gentiloni, la fila fatta da Virginia Raggi, l'addio di Fiorello. Frizzi ha unito l'Italia che gli ha dato l'ultimo saluto.

Dalle otto di questa mattina c’era già chi stava in fila in Viale Mazzini. Tanta gente comune, tra i tantissimi Vip, accorsa per dare l’addio a Fabrizio Frizzi, morto ieri

La bara, le calle bianche, le sue foto, un immenso «grazie Fabrizio» e il suo pubblico. Gli amici. I parenti. I colleghi. I personaggi famosi. Ma soprattutto il suo pubblico. Una fila immensa, lunghissima, impassibile, diligente. Una fila silenziosa, con lo sguardo attonito, incredula, perché lì dentro quella cassa non può esserci Fabrizio Frizzi. Lui è ancora all‘Eredità. Non ci si dà pace in questa sala degli Arazzi dove solitamente si tengono le conferenze stampa e i sorrisi stampati sulle foto di rito nascondono gli arazzi che nessuno nota mai. La moglie Carlotta, una roccia nel suo essere esile, suo cugino Claudio Fasulo, il fratello Fabio, l’esempio di quel che vuol dire la dignità nella morte, quella dignità che non ha paura di piangere quando qualcuno arriva con un abbraccio più forte.

Il pianto disperato di Max Giusti, la presenza costante, ineluttabile, di Flavio Insinna, il saluto circostanziato di Paolo Gentiloni e Gianni Letta, la preghiera di Amadeus, la presenza mattutina di Fiorello, e poi ancora Bruno Vespa, Michele Guardì, Luca Zingaretti, Paola Perego, Marco Liorni. Inutile fare l’elenco di chi c’era. Si farebbe prima a cercare chi non è venuto. In fila, con la gente comune, c’è anche Virginia Raggi. Sta in coda e nessuno dei tanti romani perennemente incazzati le fa una sola domanda. Una rimostranza. Una sottolineatura. Una richiesta. Una battuta. Zitti. Tutti zitti. Virginia sta lì come tutti gli altri, arrivati fin dalle otto di mattina per vedere la bara di Fabrizio e piangere. Perché qui piangono tutti.

Piange la signora anziana che sta mezz’ora in ginocchio a pregare con il santino in mano, piange la mamma che spinge il passeggino con il neonato che invece non piange, piangono anche quelli delle pompe funebri, che pure ne hanno viste, c’è chi porta sciarpe, chi mazzi di fiori, chi arriva con il gonfalone della scuola che Frizzi ha frequentato. I mazzi si ammucchiano sotto il cavallo, si fa la fila anche per lasciare sul libro un ricordo, una firma, una parola. Mai nella sua storia Viale Mazzini era diventata un mausoleo, a nessuno è stato mai riservato quel palazzo così tanto amato, detestato, spiato e conosciuto.

Il direttore generale Mario Orfeo non lascia mai la sala, passano gli ex Presidenti come Roberto Zaccaria, gli ex direttori come Giancarlo Leone, gli autori, le costumiste, le parrucchiere, le sarte, quel mondo di gente comune che per Fabrizio era la sua gente. Quel mondo che sta in fila, mentre le macchine passano in una Viale Mazzini transennata, presidiata dalla polizia e bloccata da giornalisti, fotografi, operatori. E nessuno che osi suonare il clacson.

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto Fabrizio Frizzi)