Pubblicato il 22/03/2018, 19:03 | Scritto da Gabriele Gambini

Andrea Scanzi: Mi piacerebbe confrontarmi con Roberto Benigni sul suo sostegno al PD di Renzi

Andrea Scanzi: Mi piacerebbe confrontarmi con Roberto Benigni sul suo sostegno al PD di Renzi
Venerdì 23 marzo alle 23.30 su Nove parte The Match: ibrido tra talk show e intervista-confessione, vede Andrea Scanzi fare da arbitro e moderatore in un confronto dialettico tra due ospiti su un tema divisivo. Nella prima puntata, Selvaggia Lucarelli contro Marco Baldini, poi Luxuria contro Gandolfini sul tema della famiglia, e Martani-Vissani sul duello tra vegani e carnivori.

Andrea Scanzi: “A The Match, su Nove, sarò arbitro di un confronto tra due ospiti su un tema divisivo, rievocando la grande esperienza di Arbasino nella Rai degli anni ’70: nella prima puntata, Selvaggia Lucarelli con Marco Baldini”

The Match: un titolo con reminiscenze calcistiche o pugilistiche per definire un duello di ingegni su un argomento divisivo tra due contendenti. Con Andrea Scanzi nella veste di arbitro. Rossonero doc, il giornalista e scrittore, spesso a suo agio nelle incursioni televisive come opinionista e conduttore, ritrova la metafora sportiva, facendo da moderatore in quella che lui stesso definisce una rielaborazione contemporanea dei confronti dialettici diretti da Alberto Arbasino nella Rai di fine anni ’70. Montanelli-Bocca, Monicelli-Moretti, tanto per citarne alcuni, all’epoca se le davano di santa ragione mentre il dandy Arbasino, spettatore sornione, interveniva quel tanto che bastava per pungolarne le rispettive posizioni.

«Arbasino è un gigante della cultura italiana, io sono solo Scanzi. Ma provare a riattualizzare quell’esperienza è una bellissima sfida», dice Scanzi, svelando l’intento progettuale dietro al programma prodotto da Loft Produzioni in onda da venerdì 23 marzo su Nove alle 23.30. Un ibrido tra talk show con tenzone e tensione annesse, e un’intervista confessione con spassosi inserti da eristica pop di razza. Può coinvolgere il pubblico in una fruizione attiva dell’infotainment. Svecchiandone le prerogative, restaurando un formato che ha il sapore del grande classico.

Scanzi, che fa? Dopo il suo accidentale match televisivo con Vittorio Sgarbi, preferisce smettere i panni del contendente e vestire quelli dell’arbitro?

Sulla vicenda Sgarbi penso di aver già scritto tutto e ho ben poco interesse a tornarci su. Per fortuna The Match non è legato a quell’episodio, ma è il tentativo, spero riuscito, di fare quello che fece Arbasino in Rai. Lui interveniva poco, nel confronto tra i due ospiti, ma quando lo faceva, era per inserirsi nelle vesti un po’ di arbitro, un po’ di moderatore-provocatore acuto.

Non è un talk classico, non è un’intervista alla Reputescion, ma fa da ponte tra le due tipologie.

In passato mi è capitato di fare l’ospite incazzato in alcune trasmissioni perché ero chiamato a intervenire su temi molto complessi con risposte incasellate in uno spazio di pochi secondi: un tempo troppo breve per affrontare il discorso con la giusta misura. Oggi posso permettermi di scegliere in quali contenitori andare e come farlo. The Match parte da questo presupposto: i due ospiti della puntata hanno il tempo necessario per confrontare i rispettivi punti di vista in modo circostanziato ma mai noioso, mentre io mi inserisco quel tanto che basta per stimolare la conversazione.

Nella prima puntata, Selvaggia Lucarelli si confronta con Marco Baldini sul tema della ludopatia. Osservandone qualche spezzone e adottando il raffronto calcistico, sembrerebbe di assistere a una partita che vede una Lucarelli schierare un offensivo 4-3-3, con un Baldini catenacciaro in difesa.

Considerato il rapporto di lunga data con Selvaggia, sulle prime ho empatizzato maggiormente con la sua posizione. Il tema è la ludopatia e la credibilità effettiva di Baldini nel dichiararsi ristabilito dal vizio del gioco che lo ha attanagliato per molti anni. Ho condiviso le critiche di Selvaggia, ma era naturale aspettarsi un Marco Baldini sulla difensiva. Mi è parso di trovarlo effettivamente redento rispetto al passato, spero che la sua non sia solo credibilità di facciata.

Inevitabile quindi per lei essere un arbitro non del tutto super partes, incline a solidarizzare con questo o con quell’ospite a seconda del tema trattato.

Gli argomenti trattati sono tutti nettamente divisivi, su essi ho anch’io un punto di vista preciso: per esempio, nella puntata dedicata all’idea di famiglia, si sono confrontati Luxuria e Massimo Gandolfini. Gandolfini ha una cultura notevole e una capacità efficace di argomentare le sue tesi sulla cosiddetta famiglia tradizionale, tuttavia il suo è un impianto troppo tradizionalista e conservatore. Mi sono trovato più a mio agio sulle posizioni di Luxuria. Stessa cosa è avvenuta nel confronto tra vegani e carnivori: ho empatizzato più con Daniela Martani che con Gianfranco Vissani.

A The Match è previsto il Var?

Non c’è il Var ma c’è il giudizio del pubblico, che stabilisce chi ha vinto la disputa. Quasi meglio meglio del Var, di questi tempi.

Ci consenta di sbizzarrirci un po’. Che cosa accadrebbe se facesse da arbitro in una contesa Di Maio – Salvini?

Premessa: secondo me The Match risulta più divertente se la politica ne resta fuori, almeno in maniera diretta. Però mi divertirebbe molto, sarei sufficientemente arbitro anche se, messo alle strette, parteggerei inevitabilmente per Di Maio. Ma cercherei di mettere in luce le criticità attuali sia del Movimento Cinque Stelle, sia della Lega.

Un altro confronto politico interessante?

Prima del voto, avrei detto Renzi-Di Battista, ma sarebbe stato impossibile perché Matteo Renzi mi detesta, ricambiato, e Di Battista è un amico.

A proposito delle criticità di Cinque Stelle, quali metterebbe in luce?

Devono farci capire da che parte stanno. È ovvio che siano post-ideologici, ma c’è da comprendere ancora con chi intendano fare accordi per la legislatura. Con Berlusconi non li farebbero mai, non ci crederei nemmeno se lo vedessi, con la Lega potrebbero farli per un’intesa di scopo, modificando la legge elettorale per poi tornare al voto. Col PD, dipende: se si trattasse di un PD de-renzizzato, avrebbe senso, altrimenti no.

E le criticità della Lega?

Partiamo da un presupposto: non è vero che se governasse la Lega, assisteremmo a un ritorno di Hitler. La Lega amministra Lombardia e Veneto e molti comuni, a volte lo fa bene, a volte lo fa male, ma non c’è un pericolo di ritorno a dittature o simili. Però quando sento sparate demagogiche sull’immigrazione o sulla flat tax, non riesco proprio a trovarmi d’accordo con Salvini, sono idee del tutto distanti da me.

La flat tax è un argomento delicato: da un lato presuppone una politica liberista, ma la Lega la abbinerebbe a istanze protezioniste.

Una delle loro contraddizioni è aver raccolto consensi su tematiche distinte e di facile presa su un elettorato composito, senza farci capire davvero dove vogliano andare. Hanno arruolato il professor Bagnai, che in una certa fase politica sembrava più vicino ai Cinque Stelle. Anche lì, la criticità maggiore è capire davvero che politica intendano attuare.

Caldeggia una soluzione Cinque Stelle – PD?

Non sono affetto dalla sindrome dell’appello, come alcuni miei colleghi. Ribadisco, dipende dal tipo di PD che ci si trova di fronte: se è quello dei Renzi, la tematica non mi appassiona per niente, se fanno cose assieme a Cuperlo o a Orlando, allora avrebbe senso. Padellaro confida in Mattarella, invidio il suo ottimismo.

Tornando a The Match: gli ospiti che le piacerebbe avere? Oppure, il match che le piacerebbe sostenere non da arbitro ma da contendente?

Se fossi uno dei due contendenti, mi piacerebbe confrontarmi con alcuni intellettuali di sinistra che hanno sostenuto a spada tratta Matteo Renzi. Penso a Roberto Benigni, mi è dispiaciuto vederlo diventare il suo portabandiera. Da conduttore, mi piacerebbe invece assistere a un match tra Travaglio e Feltri, due montanelliani che hanno imboccato direzioni del tutto diverse tra loro. Nella musica, per esempio, un cantautore di vecchia scuola come Ivano Fossati con Jovanotti, oppure nel cinema Sorrentino con qualche suo detrattore, alla maniera del match arbitrato da Arbasino tra Mario Monicelli e un giovanissimo Nanni Moretti. Nello sport, perché non un Rivera-Mazzola?

A proposito di sport. La sua ultima creatura come conduttore sul tema fu l’esperimento estivo di Futbol, su LA7.

Futbol è stata un’esperienza con più pregi che difetti. Le do un dignitoso 6+. Però, vedendo il successo clamoroso che ho ottenuto con Renzusconi, sia come libro, sia come spettacolo teatrale – un’esperienza che mi ha cambiato la vita – mi rendo conto di riuscire a mobilitare le masse più quando parlo di politica rispetto a quando parlo di sport o di musica. È un dato di fatto e lo accetto.

Accade anche quando scrive saggi piuttosto che romanzi?

I romanzi mi danno soddisfazione e hanno un ottimo riscontro di vendite, presto ne pubblicherò altri. Però è vero, anche in quel caso, durante le presentazioni, il pubblico mi chiede almeno una stoccata sulla situazione politica.

Come trova il tempo di conciliare gli impegni su tutti i fronti?

Dormendo molto, rinunciando a buona parte della vita privata: le mie relazioni sentimentali attualmente durano poco, un po’ perché non è facile stare con me, un po’ perché ho un’indole godereccia e non ne faccio mistero. Ho messo il lavoro al primo posto, per ora la vita pubblica occupa l’80% di ciò che faccio.

Sarà così per sempre?

Forse a cinquant’anni ragionerò diversamente, ma oggi non mancano le soddisfazioni.

Quindi ha ragione chi la critica dandole del narciso.

Essere considerati narcisi non è una critica, via. Una critica è dire che Il Fatto Quotidiano è l’house organ del Movimento Cinque Stelle, quello sì. Per quanto riguarda me, lo ammetto: sto attendo alla linea, faccio sport, ho donne che mi danno conferma di avere qualche carta estetica da giocare. Diciamolo, tra me e Orfini c’è una bella differenza. Io però ammetto questo mio vezzo tutto sommato innocuo, altri giornalisti sono molto più narcisi di me ma non lo ammetteranno mai.

Nell’ultima intervista a TvZoom aveva confidato il suo sogno irrealizzabile anche per ragioni anagrafiche: diventare un bassista di una rockband anni ’70. Dunque lo Scanzi di oggi è un ripiego rispetto allo Scanzi che non è potuto essere?

In quell’intervista dichiarai anche che il mio sogno era intervistare Roger Waters e poi ci riuscii, dunque fu di buon auspicio. Sul resto, mi ha sempre affascinato il ruolo di George Harrison dei Beatles. Mi sono pure comprato la chitarra di Steve Ray Vaugham per festeggiare il mio primo romanzo. Ma non ho la costanza per suonarla, dunque rispondo di no. Il musicista di casa è mio padre. Io mi limito a pormi nuove sfide personali di anno in anno.

L’ultima in ordine di tempo?

La patente per la moto. Ho trascorso Capodanno con una ragazza meravigliosa che, di punto in bianco, mi ha detto: “Tu sei un tipo da Harley”. Da lì si è accesa la scintilla.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Andrea Scanzi nello studio di The Match)