Pubblicato il 08/02/2018, 12:03 | Scritto da Gabriele Gambini

Sanremo – Pagelle seconda serata: Baudo immutabile, Antonacci contro la tecnologia

Divertente il siparietto di Franca Leosini con Claudio Baglioni a Sanremo

Claudio Baglioni, voto 7: tutti a rompergli le scatole con raffronti fantasiosi per qualche ritocchino, in realtà più che con Ridge di Beautiful, ha qualche tratto somatico in comune con Tullio Solenghi, che potrebbe farne la parodia. Dirige il Festival col giusto equilibrio, dosa la portata dei monologhi e calibra l’ironia. Divertente il siparietto con Franca Leosini.

Michelle Hunziker, voto 7: fa quella di Striscia e quella di Zelig, ma è ciò che ti aspetti da lei, quindi se da un lato non sorprende, dall’altro non delude, se la cava bene, deve solo stare attenta alla tempestività con cui fornire assist ai co-conduttori.

Pierfrancesco Favino, voto 8: attore a suo agio con la conduzione e con l’inglese, nessun conduttore sarebbe altrettanto sciolto nella recitazione, segno che la recitazione è anche saper condurre, ma saper condurre non è necessariamente recitazione. Bravo quando riprende il pubblico e lo invita ad applaudire il nome di David Bowie: una platea che si spella le mani per Il Volo, avrebbe dovuto esser pronta anche sul Duca Bianco. O forse no.

Lorenzo Baglioni, voto 6: la sua è una canzone mid-tempo che punta tutto sulla rima baciatissima per spiegare le virtù del congiuntivo in un’era di pochezza linguistica. Per questo le radio non gliela perdoneranno.

Giulia Casieri, voto 6,5: tecnicamente brava, sembra la diva di un locale fumoso anni ’30 con potenza vocale inclusa.

Mirkoeilcane, voto 5: c’è chi si strappa i capelli perché la giuria demoscopica lo piazza in fondo, il suo è un pezzo con tanto piglio narrativo ma non coinvolge al primo ascolto, nel ritornello sembra essere posseduto da un demone con le sembianze dei Neri per Caso.

Alice Caioli, voto 7: si chiama Alice e canta Specchi Rotti, Lewis Carroll avrebbe approvato. Il ritornello ha un refrain molto pop che esalta l’atmosfera di drammaticità strozzata.

Le Vibrazioni, voto 5: un hasthag diffuso su Instagram è #goodvibes, in questo caso potrebbe essere #wrongvibes, se non altro perché la loro canzone si intitola Così Sbagliato. Il loro ritorno è un bene, c’è bisogno di rock in un Paese che col rock ha poco a che fare, ma Francesco Sarcina può e deve tornare a essere Francesco Sarcina, non il cantante di un’ipotetica sua cover-band ufficiale.

Nina Zilli, voto 5,5: giusto inno di genere contro la violenza, è un bene, tuttavia sembra che musicalmente faccia di tutto per scegliere pezzi incapaci di valorizzarla davvero.

Il Volo, voto 6: quando fanno i tre tenori, il raffronto con quei tre tenori là di una volta ne fa abbassare la massa ponderale, non solo fisica, eppure riescono nell’intento nazionalpopolare. Quando duettano con Baglioni sulle note di Sergio Endrigo e Roberto Carlos svelano un legame di Endrigo con la tradizione italiana non subito identificabile.

Diodato-Roy Paci, voto 8: trascinano in una bella esibizione pulita, incidono in profondità, sanno essere sorprendenti senza porsi il problema di come esserlo. Spontanei.

Pippo Baudo, voto 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10: non si dà il voto all’immanenza degli immutabili. Baudo a Sanremo è un immutabile. Ha il piglio del Dio da Vecchio Testamento, o credi in lui e lo consacri con atto di fede, o lo rinneghi e ti dichiari ateo, consacrandolo involontariamente con atto di fede al contrario. Quindi il succo è che se Baudo è stato, è, e non può non essere. Baudo l’ha inventato Baudo.

Elio e Le Storie Tese, voto 6,5: vestiti da Gran Visir della perculata, cantano Arrivedorci, pezzo anti-retorico come è nel loro stile, debole rispetto agli standard, quindi retorico se eseguito da loro. Però la retorica anti-retorica degli Elii ci mancherà assai.

Biagio Antonacci, voto 6,5: fa quel che deve. L’ospite con carriera leggendaria alle spalle che sa provocare sdilinquimento nel pubblico a cui tocca le corde emotive. Poi però si lancia nella predica pro amore tangibile e non virtuale, invitando a suonare il citofono delle persone amate ed è subito venditore di Folletto a domicilio.

Vanoni, Bungaro e Pacifico, voto 8: tridente ben assortito, meglio di quello del Milan. Ma cambiando un accento, Milan diventa Milàn, ed è sempre un gran Milàn, quando canta l’Ornella, ponte sofisticato e alto tra un passato bellissimo e un presente solido. Il futuro? Ha tremendamente bisogno di donne come lei.

Red Canzian, voto 6,5: se Baudo è un immutabile, lui rappresenta l’Eterno Ritorno del divenire, nel caso specifico della sua canzone, l’ Eterno Ritorno degli anni ’80: non stona, dà un tocco vintage e quasi mette voglia di pogare.

Sting e Shaggy, voto 5 a Sting e 8 a Shaggy: ragazzini vintage impertinenti, uno è il fratellino maggiore perbene che soffre perché costretto a cantare in italiano, l’altro è il cazzaro che tutti vorremmo avere quando la festa non decolla, boombastico testimone di un’era non più boombastica, ma neo-puritana e bacchettona.

Franca Leosini, voto 8: imita se stessa e ci riesce alla grande, ovunque vada piace per statuto introiettato, il suo uso della lingua italiana fa apprezzare i congiuntivi più della canzone di Lorenzo Baglioni. Il siparietto con Baglioni (Claudio) è divertente.

Ron, voto 7,5: avvolgente, vigila con attenzioni contro ogni stonatura, il suo è un delicato omaggio a Lucio Dalla. Quasi perfetto. “Quasi” perché Ron è molto serioso, Dalla avrebbe invece fatto saltar fuori un lato più incline al paradosso.

Renzo Rubino, voto 5,5: accattivante negli intenti, resta a metà strada perché non porta novità rispetto al suo passato.

Annalisa, voto 7,5: brava. Impianto melodico convincente, il titolo della canzone è Il Mondo prima di te e interpretandolo in chiave evoluzionista fa subito Tutta colpa di Darwin, programma che ha saputo condurre bene su Italia 1, da laureata in Fisica qual è.

Decibel, voto 8: un po’ di stanchezza anagrafica qua e là si vede, ma la loro new wave al sapor vintage è un tocco che impreziosisce il Festival per qualità.

Roberto Vecchioni, voto 7: dopo aver cantato Samarcanda, dice che le canzoni hanno il dono di far risaltare “Il piccolo”, perché i veri capolavori sono altri, sono Leopardi e sono Macbeth. In pratica, è come se avesse bacchettato gli svedesi per aver conferito il Nobel per la letteratura a Bob Dylan. O no?

Mago Forest, voto 7: farlo esibire quasi all’una di notte rischia l’effetto Corazzata Potemkin su imposizione del professor Guidobaldo Maria Riccardelli. Forest però sa essere Forest sempre e comunque, un adorabile cialtrone, fa piacere vederlo, e l’attesa del piacere, anche se tendente a infinito, è essa stessa il piacere, anche se tendente all’infinitesimo per sonno sopraggiunto.

DopoFestival, voto 6,5: ben condotto e ben pensato. L’unico inconveniente, l’orario.

Titoli delle canzoni, voto 8: Si potrebbe pensare a un dialogo da commedia dell’arte usando alcuni titoli. Come stai? Stiamo tutti bene. Mi si sono rotti gli specchi. Forse perché mi sento Così Sbagliato. Nessun Dorma! Fortuna che ci sei. Ci sono, sono qui Adesso. Almeno Pensami! Non ti penso, penso al Mondo prima di te.  Nel frattempo scriverò una Lettera al Duca, dicendogli Arrivedorci.

Leggi le pagelle della prima serata del Festival di Sanremo 2018.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Pippo Baudo)