Pubblicato il 07/02/2018, 17:32 | Scritto da La Redazione
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Sanremo – Gruppo d’ascolto under 25: i giovani tifano per Ron, Avitabile e Servillo

I ragazzi di Radioluiss danno i voti al Festival di Sanremo

È partita la 68esima edizione del Festival di Sanremo e l’ha fatto con il botto. 52% di ascolti che porta Claudio Baglioni a fare meglio di Carlo Conti già dalla prima sera. Fiorello apre con la sua ironia pungente e mai banale: one-man-show. Probabilmente Rosario ha accettato l’invito di Baglioni anche per acquisire sempre più confidenza con un palco che gli spetta di diritto. Insomma, prova generale per prendere in mani le redini del Festival nelle prossime edizioni.

Pierfrancesco Favino e Michelle Hunziker portano all’Ariston un connubio perfetto di ironia e eleganza. Ogni gaffe è riuscita in maniera perfetta e ha intrattenuto perfettamente. Tra gli ospiti Gianni Morandi e Tommaso Paradiso, che hanno cantato l’ultimo brano scritto dal cantautore romano per l’interprete bolognese. Da sottolineare l’entusiasmo per il duetto Fiorello-Baglioni sulle note di E Tu. Tanti ingredienti che sembrano essere riusciti a sfornare la ricetta perfetta. Ma passiamo ora ad analizzare i 20 brani dei big che abbiamo potuto ascoltare per la prima volta ieri sera.

Annalisa 7,5: la giovane cantautrice di Savona spacca veramente tanto. Nonostante sia la prima della serata riesce a rompere il ghiaccio in maniera perfetta. La timidezza non l’ha mai accompagnata neanche nelle scorse edizioni. Ma questa volta l’ex protagonista di Amici sembra dotata di una consapevolezza maggiore nei propri mezzi e questo potrebbe essere la vera marcia da sfruttare verso la finale. La voce incanta e il testo arriva lì dove deve. Consapevole

Ron 9: Lucio Dalla ci regala un’ultima magnifica perla. Un capolavoro che incanta e commuove già alla prima esecuzione. Ron non pecca in nulla, un interprete perfetto, che coglie ogni nota con la profondità che si deve a questa meravigliosa “poesia”. Non ce ne voglia Rosalino, ma rimane comunque il rammarico che a inciderla non sia stato Lucio. Lo si può dire già da ora, questa canzone merita assolutamente uno dei primi tre posti. È scesa una lacrima sugli occhi e nel cuore di chiunque abbia avuto la fortuna di coglierne ogni sfumatura. Dalla sicuramente avrà guidato da su per non lasciare nulla al caso, come del resto era abituato a fare tra di noi. Commovente

The Kolors 5,5: ci provano, ce la mettono tutta, ma il risultato non è quello sperato. I ragazzi nati tra le mura della scuola di Maria De Filippi non hanno compiuto il salto di qualità, per dimostrarsi credibili sul palco dell’Ariston. La voglia di fare non si discute, ma per lasciare il segno non basta prendere un proprio tormentone e tradurlo in una lingua che nella tua carriera hai usato meno del congiuntivo alle scuole elementari. Non è una piena insufficienza solo perché questo pezzo avrà un’alta rotazione radiofonica e perché in fondo l’impegno, anche se un minimo, va sempre premiato. Ci si prova

Max Gazzè 6,5: le prime indiscrezioni arrivate dalle prove del lunedì lasciavano trapelare non poco stupore. La voce di corridoio più assidua vedeva il buon Max quotato al ribasso. Complice un pezzo sbagliato, a detta di qualcuno. In realtà il brano non stona con il tema del Festival di quest’anno. Baglioni aveva detto di aver voluto una rassegna che mettesse al primo posto gli artisti e non il pubblico e così è stato. Gazzè racconta una storia incantevole e lo fa con una carica emotiva impressionante. «Io ti aspetterò» è comunque tra i ritornelli che più si ricordano al mattino quando ci si sveglia. Forse non riceverà la considerazione che merita, ma il brano sviscera l’amore come solo Gazzè sa fare. Riuscito

Ornella Vanoni con Bungaro e Pacifico 5,5: il ritorno di un’icona come Ornella Vanoni sul palco dell’Ariston deve essere celebrata con il dovuto rispetto. Se poi ad accompagnarla ci sono due musicisti assolutamente straordinari come Bungaro e Pacifico, non ci si può esimere dal porre attenzione in quello che si ascolta. Il brano non è affatto da disdegnare, ma come purtroppo era prevedibile, appare troppo fuori dal tempo. Non sappiamo fin dove si farà strada, ma ci restituisce un Sanremo che avevamo dimenticato e forse questo non è del tutto una fortuna. Vento passato.

Ermal Meta e Fabrizio Moro 7: Moro e Meta erano sicuramente i più attesi sul palco dell’Ariston. I bookmakers gli hanno riservato le quote più basse, proprio perché il loro cammino sarebbe dovuto essere a senso unico verso la vittoria. Forse però il tutto non sarà così scontato. Il testo apre il cuore al non avere paura della paura stessa. C’è tanto di loro in ogni nota, parola e gesto. Basterà? La risposta si farà attendere almeno fino a un secondo ascolto. Le due voci sembrano non trovare alchimia e se si sceglie di fare un duetto questo potrebbe essere un vero problema. Nonostante tutto, però, il brano è troppo intenso e carico per non fare breccia nell’anima di chi ascolta. Promossi a metà

Mario Biondi 6,5: dopo tanto girovagare per il mondo, lo stampo Jazz e la calda voce soul di Mario Biondi arrivano anche sul palco più atteso e spaventoso della nostra penisola. Il timbro internazionale del fenomeno siciliano cerca di scaldare l’Ariston e ci riesce solo in parte. Sentirlo cantare in italiano è un sogno che si avvera per molti, ma forse il risultato atteso non è stato lo stesso di quello ottenuto. Il suo genere purtroppo fatica ancora a trovare una dimensione autonoma nel rapporto con la lingua italiana. Rimane solo una domanda: possiamo ascoltare il brano in inglese? Dubbio amletico

Roby Facchinetti e Riccardo Fogli 3,5: uscire dalle scene a volte è difficile, ma dovrebbe essere la scelta più logica per non rovinare quanto di buono creato in oltre 50 anni di carriera. Facchinetti e Fogli questo non sono riusciti a comprenderlo e dispiace per loro. La canzone è inascoltabile. Un pianto greco lungo quattro minuti, che ha riacceso in molti la voglia di tornare ad avere le eliminazioni già dalla prima serata. Il testo parla di un’amicizia ritrovata, ma lo fa in una maniera già ascoltata 35 anni fa. Facchinetti addirittura stecca e Fogli non sa dove mettere una pezza. Insomma, un vero pasticcio. Una buona intuizione però si percepisce con l’inziale riff di pianoforte: non puoi essere accusato di plagio se copi te stesso. Autolesionisti

Lo Stato Sociale 7,5: siamo a febbraio, ma è già arrivata l’estate. Lo Stato Sociale ci regala una canzone che diventerà tormentone primaverile e che risuonerà nelle nostre autoradio sino all’inizio dell’estate. Una vita in vacanza è l’unica vera hit di questo Festival, l’unica in grado di farsi spazio nelle classifiche già da oggi. La canteremo a squarciagola come se non ci fosse un domani. Poi l’omaggio a chi il Festival l’ha vinto lo scorso anno. Gabbani aveva la scimmia, loro una vecchietta più snodabile di Mr. Fantastic. Attenzione, perché potrebbero essere tra gli ultimi a esibirsi sabato sera. Favoriti

Noemi 6: Arriva veramente in alto nella classifica della giuria demoscopica, forse anche troppo. La sua bravura non è mai stata in discussione. Il suo timbro ha sfumature uniche nel panorama italiano e la facilità con cui arriva al cuore è qualcosa di cui tutti eravamo a conoscenza. Ma come già accaduto nelle sue ultime apparizioni all’Ariston, il brano che ha realizzato non convince. Le parole non lasciano il segno, nonostante ce la mettano tutta per farlo. Insomma, sarebbe bello se il prossimo anno si affidasse di nuovo a qualcuno come Moro. Vogliamo tornare ai tempi di Sono solo parole. Torniamo indietro?

Decibel 5: sanno ancora il fatto loro, scrivono una lettera di cuore a David Bowie, ma il loro essere troppo di nicchia sarà probabilmente un’arma a doppio taglio. Enrico Ruggeri aveva sempre fatto una buona figura sul palco del Festival e anche quest’anno non si smentisce. Il testo merita di essere apprezzato, così come le sonorità che ci riportano a una dimensione conosciuta in passato, ma persa negli ultimi anni. C’è qualcosa nascosto dietro il virtuosismo, ma forse troppo poco. Anacronistici

Elio e le storie Tese 4: speriamo che Arrivedorci sia veramente l’ultimo capitolo di questa straordinaria carriera. L’ultimo grande momento di una delle band che ha cambiato la storia della musica italiana diventa un’agonia straziante. La speranza era che questo addio fosse meno traumatico, ma purtroppo non è stato così. Elio ha provato a chiedere aiuto anche al genio della lampada, che però più che vestirlo da Divino Otelma non ha potuto fare. Imbarazzanti

Giovanni Caccamo 8: tipico stile sanremese per una canzone che si lascia apprezzare facilmente. La delicatezza della voce di Caccamo riesce a coinvolgere e a rapire per alcuni minuti. Il giovane ragazzo siciliano, conosciuto negli anni passati, ha cominciato a lasciare spazio a un uomo più maturo, che sa come comunicare emozioni a chi si trova difronte. Lascia tanta emozione e riscopre una dimensione che a Sanremo è sempre esistita, ma forse in alcuni casi è stata nascosta dalle vicissitudini degli anni. Meritava forse un altro colore per la classifica, ma c’è ancora modo e tempo per scalare posizioni. Outsider

Red Canzian 5,5: il migliore tra le vecchie glorie dei Pooh che Baglioni ci ha fatto ritrovare in concorso. Red scrive una canzone che non si prende troppo sul serio e forse questo è quello che la rende accettabile. Rivelazione per molti, non raggiunge la sufficienza solo perché a una certa età sarebbe bene comprendere che non serve più tingersi per forza i capelli. Imparare ad amarsi non stona sul palco così tanto come molti si aspettavano, anzi, in Sala stampa Lucio Dalla c’era addirittura qualche cuore che si è scaldato durante l’esecuzione. Tinto ma non troppo

Luca Barbarossa 6,5: forse un po’ troppo triste, ma non c’è scritto da nessuna parte che la musica debba essere sempre sinonimo di gioia. Barbarossa porta sul palco dell’Ariston la tradizione del cantautorato romano in tutte le sue sfaccettature. Il dialetto goliardico e l’impegno del raccontare si fondono insieme in Passame er sale. Un binomio apparentemente inconciliabile, che invece riesce a farsi spazio nelle orecchie di chi sa apprezzare impegno e qualità musicale. Una storia che non lascia il sorriso, ma che sicuramente vale la pena lasciarsi raccontare. Delicatezza perturbante

Diodato e Roy Paci 7,5: i più bravi sono loro. Ma aleggia la paura che anche quest’anno Sanremo, come successo con altri in passato, non lo capisca. Diodato e Roy Paci meritano il rispetto del pubblico. Gli addetti ai lavori e la sala stampa sapranno sicuramente rimediare alla sciagura di vederli sul fondo della classifica dopo la conclusione della seconda serata. Una carica alternativa quella che i due portano davanti al pubblico in eurovisione. Un brano che si lascia ascoltare con piacere e senza fatica rimane nella mente di chi ascolta. Promossi a pieni voti

Nina Zilli 5,5: qui a quanto pare saremo impopolari. Nina Zilli è brava per carità, ma vederla vestita di blu dalla classifica è un pugno negli occhi di chi si ritrova in basso senza meritarlo. Come sempre la voce riesce a dire la sua, ma non raggiunge né colpisce mai il cuore. La sostanza nel testo, seppur ormai riproposta mille volte negli anni, c’è, ma non arriva dove dovrebbe. Se una che non si è mai presa sul serio decide di impegnarsi dopo i trent’anni, significa che qualcosa finora non ha funzionato. Fiore mai sbocciato

Renzo Rubino 6: porta in gara un brano che è il prodotto della sua indole pacata e violenta allo stesso tempo. Amami uomo aveva sorpreso al primo ascolta qualche anno fa, Custodire invece dovrà fare più strada per essere apprezzata fino in fondo. Lui è bravo e il suo modo di scrivere e intrepretare è unico nel suo genere. È difficile immaginarlo arrivare fino in fondo, ma tentare non nuoce mai e per dare la svolta alla sua carriera questo Festival potrebbe essere l’opportunità giusta. Impegnato

Enzo Avitabile con Peppe Servillo 8: ma che roba pazzesca è il loro brano? Avitabile e Servillo raccontano una storia del Sud magistralmente. Una canzone su ombre e luci di questo Paese, bello e dannato allo stesso tempo. Due voci che si amalgamo benissimo e che fanno battere forte il cuore. Non rimane possibile comprendere come si riesca a giudicarli così male. Non ci sono pezzi che valgano più di questo a Sanremo 2018. Se alla fine non ci dovesse essere un premio per loro dovrebbero inventarlo. Veri

Le Vibrazioni 5,5: tornano insieme dopo diversi anni. Francesco Sarcina era riuscito a farsi apprezzare tanto anche da solista, con più di qualche brano ben riuscito. Una canzone che entrerà di diritto nelle rotazioni radiofoniche, ma perché “deve”, non per altro. Il Festival è un’altra cosa, ma a volte serve anche per la promozione di progetti vecchi e nuovi. Il brano funziona solo a metà, c’è una volontà di mettere in scena qualcosa di nuovo e si sente, ma viene fermata dall’impossibilità di trovare realmente come fare per riuscirci. Duri a morire

 

A cura di www.radioluiss.it Marco Martino, 20 anni, studente di Scienze Politiche; Matteo Ferraioli, 21 anni, studente di Economia e Management; Alessandra Carraro, 20 anni, studentessa di Politics, Philosophy and Economics; Lodovica Morettino, 20 anni, studentessa di Economia e Management. Direttore responsabile di Radioluiss: Lorenzo Tawakol, 21 anni, studente di Economia e Management.