Pubblicato il 17/12/2017, 12:03 | Scritto da La Redazione

Festival 2018: Baglioni, sarò il sacrestano di Sanremo

Da 15 anni ho lo stesso numero di telefono. Mi aspetto qualche insolenza via messaggio, ma ne ho mandati tanti io un po’ paraculi per prevenire

 

 

Rassegna Stampa: Corriere della Sera, pagina 45, di Andrea Laffranchi

 

 

Baglioni: sarò il sacrestano di Sanremo

 

Andrò poco sul palco. Alla Rai ho detto tre volte no per paura di non essere all’altezza

II direttore artistico

 

Da venerdì notte Claudio Baglioni ha 120 nuovi nemici. Sono i cantanti che sono rimasti fuori dal cast del Festival di Sanremo di cui è direttore artistico. «Da 15 anni ho lo stesso numero di telefono. Mi aspetto qualche insolenza via messaggio, ma ne ho mandati tanti io un po’ paraculi per prevenire». Quello numero 68 («Mi piace il riferimento all’ultimo anno in cui il mondo fece il sogno di un futuro più bello») sarà un Sanremo che si guarda allo specchio. Baglioni ha sfogliato l’Albo d’oro: 5 ex vincitori (Facchinetti e Fogli e Canzian in quota Pooh, Barbarossa, Ron e Ruggeri coi Decibel); Moro e Caccamo che si affermarono fra i Giovani; tanti abbonati come Gazzè, Noemi, Annalisa e Nina Zilli. Dopo le macedonie e i minestroni insapori di Conti c’è una linea. Magari un po’ polverosa. Nostalgia consapevole. «Con me la Rai ha voluto dare un segno di discontinuità. Sarà un Festival 0.0: né tradizione ma nemmeno chissà quale evoluzione. Ho scelto i Campioni in base alla riconoscibilità delle loro carriere. La musica di oggi e domani è rappresentata dalla categoria Giovani». Quindi niente invasione degli zombie da talent in cerca di rilancio. «Ho messo un muro iniziale. La tv ha allevato una serie di interpreti omologati. Viviamo un autunno delle arti popolari, io stesso fatico a scrivere cose buone, così ho preferito aiutare gli autori che porto anche sul palco, come Bungaro e Pacifico con Vanoni o Rubino e altri) . Dopo aver detto alla Rai «tre volte no per paura di non essere all’altezza» Baglioni ha usato i muscoli. «Non sono stato un eunuco». Ha messo mano ai brani, ha suggerito modifiche. Rivendica con orgoglio la scelta di Ron per affidargli un inedito di Lucio Dalla. Ha cambiato il regolamento allungando la durata delle canzoni («Non decidono le radio») e niente eliminazioni: «Ho immaginato l’umiliazione del sentirsi dire “val in albergo e fai le valigie”. Asfaltato, rottamazione… Viviamo in un’epoca in cui si usano parole troppo violente». Forte dietro le Mi piace guidare l’ edizione numero 68: il riferimento all’ultimo anno in cui il mondo fece il sogno di un futuro più bello quinte, ma vedremo poco la sua faccia in tv. «Andrò poco sul palco. Ho chiesto di fare il sacrestano, quello che accende le candele all’inizio e chiude la chiesa quando sono andati via tutti». Troppo presto per svelarne i dettagli, ma lo show ha già una sua anima. «Musica e parole sono le stelle polari. Non sarà un contenitore in cui si mette di tutto. Non voglio una cosa provinciale con i divi hollywoodiani che offrono performance non all’altezza». L’impegno e le storie con morale alla Fazio-Bonolis? «Ci sono nei testi dei brani ma niente pistolotti». La maggioranza degli artisti fa capo alla Sony, la sua casa discografica, o alla scuderia live di Ferdinando Salzano, il suo manager. Sono player importanti nel panorama musicale, sarebbe stato da pazzi farsi sfuggire l’addio degli Elii o la sfida fratricida fra gli ex Pooh, ma non si è sentito in conflitto di interessi? «Ho chiesto libertà di azione perché non volevo essere un nome sotto cui si muovevano altre logiche. Ho ricevuto sollecitazioni, messaggi da un ex ministro e da un cardinale, ma mai pressioni».

 

(Nella foto, Claudio Baglioni)