Pubblicato il 23/11/2017, 13:31 | Scritto da La Redazione
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Serie Tv: quando la Tv diventa una biblioteca

Serie Tv: quando la Tv diventa una biblioteca
Da Amazon alle produzioni di casa nostra, così la televisione ritrova il suo ruolo didattico grazie alla narrativa. Così Adriana Marmiroli su "La Stampa".

La tv come una grande biblioteca: ecco quando le serie tv insegnano

Rassegna stampa: La Stampa, di Adriana Marmiroli.

A gennaio a Cinecittà iniziano le riprese de Il nome della rosa: la serie, però. Producono con ambizioni di distribuzione internazionale la Palomar di Montalbano e 11 marzo per Rai Fiction: il protagonista Guglielmo da Baskerville sarà John Turturro, Rupert Everett l’inquisitore Bernardo Gui, il giovane e ancora sconosciuto attore tedesco Damiel Hardung il monachello Adso, e Giacomo Battiato («Karol») il regista.

Anche Il trono di spade, massimo bestseller seriale, deriva da una saga letteraria di culto: in tv è letteralmente esplosa, come fama e come trama, con la serie che ha preso il sopravvento ed è andata oltre quanto raccontato nei libri da R.R. Martin.

HBO e Amazon, ma anche Hulu e Netflix. Che, solo per restare agli ultimi mesi, si sono divisi i libri di Margaret Atwood: Alias Grace è titolo Netflix e Handmaid’s Tale Hulu. In onda su Timvision in Italia, della serie che ha trionfato agli ultimi Emmy ad aprile vedremo la seconda stagione: in contemporanea Usa/Italia.

E a libri, è bene ricordarlo, sono ispirati anche i grandi affreschi del crimine di casa nostra: Romanzo criminale, Gomorra, Suburra. È attraverso loro che passa lo svecchiamento dell’idea di serialità made in Italy. E questo senza andare a toccare il grande, inesausto bacino di gialli e polizieschi. A LaF che, sempre per via delle sue origini (F come Feltrinelli), ha fatto delle serie da autori arcinoti un punto di forza del palinsesto, sostengono che a ogni serie tratta da un romanzo corrisponde un’impennata dei libri.

Insomma la tv come grande biblioteca popolare. Come era già stata nella seconda metà del secolo scorso. Poi però la tv dei broadcaster commerciali aveva affossato quel prodotto che sapeva di colto e stantio. Il cinema, un po’ più elitario, aveva continuato a farlo con risultati più che soddisfacenti. L’era delle pay e dello streaming ha creato fame di titoli di alto profilo e richiamo. E allora chi meglio di romanzi universalmente accreditati e dalle articolate trame? L’importante è non averne soverchio rispetto e adeguarli ai gusti del pubblico: cast fastosi, scenari imponenti, una spruzzata di sesso, lusso e violenza quanto basta.

Il paradosso semmai sta nel fatto che per vie tortuose e non volute, la tv – nel momento in cui rinnega più vistosamente ogni funzione didattico/educativa – stia ritornando ad averla. La narrativa, ma anche la Storia. Negli Usa, dove il passato è il grande buco nero del sistema scolastico, la tv indirettamente ne veicola sempre più i contenuti: piacciono le serie che viaggiano nel tempo e hanno solide basi storiche, in cui si stanno facendo largo da poco anche i canali factual come National Geographic, Discovery e History (con il sovrappiù, loro, di una irrinunciabile e dichiarata base di documentazione storica).

Qualche titolo recente o imminente? Aquarius sulla famiglia Manson con Duchovny, Tutankhamon sulla scoperta della tomba del faraone-bambino, i viaggi nel tempo di Timeless e 22.11.63, gli infiniti period drama Borgia, Tudor, Medici, The White Queen, Radici, i Templari di Knightfall e i selvaggi Vikings, Downton Abbey e The Crown, gli American Crime su O.j. Simpson e su Versace di Ryan Murphy, Einstein e Picasso by Ron Howard, la caccia a Unabomber e i soldatini a Baghdad 2004 di The Long Road to Home

È vero si tratta solo di frammenti, non c’è visione di insieme né profondità nei fatti, ma il seme è piantato. Potrebbe germogliare nelle teste dei telespettatori.

 

 

(Nella foto una scena di The Crown)