Pubblicato il 14/11/2017, 15:32 | Scritto da Gabriele Gambini

Pechino Express e la sindrome di Ema Stokholma

Ema Stokholma: “La colonna sonora ideale di Pechino Express è With or without you degli U2″

Si chiama Morwenn Moguerou, è francese, un nome e un cognome che a pronunciarli ti arrotano il respiro ridisegnandolo a forma di punto interrogativo. Ma i fan la conoscono come Ema Stokholma. O come la #clubber, rievocando l’esperienza di Pechino Express, su Rai2, a fianco di Valentina Pegorer, dove ha conquistato sul campo la vittoria e, d’ufficio, una parentela con J-Ax, a furia di apostrofare le persone col fatidico «Bella, zio!». O come la voce radiofonica di Radio 2 a Back2Back, dal lunedì al venerdì, dalle 21 alle 22.30, a fianco di Gino Gastaldo. Ma anche come la dj, ex modella, sodale di Andrea Delogu in tante scorribande musicali. E se la Sindrome di Stoccolma è quel tarlo che in psicologia descrive la strana alleanza tra una vittima e il suo carnefice, lei, la sua sindrome, la proietta nei confronti dei media, non nel ruolo di vittima o carnefice, ma di donna appagata: «La consolle nei club, la radio, la tv: comunicare è bellissimo. In passato ho vissuto momenti di infelicità, di solitudine. Oggi invece sono felice».

Ema Stokholma è un nome scelto pensando a quella cosa lì, la Sindrome di Stoccolma?

Avevo bisogno di un nome di battaglia che suonasse musicale e meno ostico del mio nome di Battesimo. Stockholma, come la sindrome. Ma anche come la canzone di Rino Gaetano.

La sindrome: significa che voi ragazze siete a volte attratte dal lato oscuro delle personalità?

In senso lato, sia chiaro, il bad boy esercita sempre un certo fascino. Ma parlo per me, non me la sento di parlare a nome di tutte le donne.

Qualche tempo fa avevo intervistato la sua amica Andrea Delogu: aveva scommesso su #leclubber per la vittoria di Pechino Express.

Andrea è un’amica, crede in me più di quanto riesca a fare io. Fino a tre anni fa, facevamo tante serate assieme nei club e nelle discoteche, poi i suoi impegni l’hanno costretta ad abbandonarmi. Anche perché io sono molto più clubber di lei nell’animo (ride, ndr).

Con Valentina Pegorer, invece, vi siete conosciute poco prima di iniziare il viaggio.

L’avevo conosciuta durante un paio di festival. Condividevamo la passione per la musica. Durante Pechino Express, ho scoperto in lei una persona fortemente empatica: sempre positiva, non l’ho vista triste nemmeno per un istante. Le piace comunicare e non smette mai di farlo: in qualche momento, parlava addirittura da sola.

Pensavate davvero di arrivare in fondo?

Certo che no. Per me i favoriti erano #gliamici, #imodaioli e, naturalmente, #lecaporali. Io per natura non sono competitiva, sono partita con l’idea di godermi l’esperienza, senza troppe ambizioni. Poi, una volta arrivate in Giappone, abbiamo capito che le cose stavano andando oltre le aspettative più rosee.

Con #lecaporali però c’è stato qualche screzio.

Ma no. Le scaramucce fanno parte del gioco. Antonella Elia è una persona incredibile, carismatica e forte. Anche Jill è fantastica. Mi ha colpito la loro capacità di raccontarsi e di raccontare.

Visto che lei è dj: se Pechino Express fosse una canzone?

La colonna sonora ideale del viaggio è With or without you degli U2. Per identificare il programma in sé, invece, scelgo Barbra Streisand dei Duck Sauce.

Il momento più intenso del viaggio?

Ho in mente una scena: quando tenevamo in braccio una capretta con tutt’intorno la temperatura di 40 gradi. Poi, tutto il percorso nelle Filippine, soprattutto il momento in cui abbiamo cantato al karaoke e la gente ci supportava nonostante fossimo stonate. E il passaggio diretto verso Taiwan.

Viceversa, i momenti peggiori?

L’uscita de #imodaioli è stato un momento triste a causa dell’infortunio di Marcelo Burlon. Eravamo affezionate a loro. Taiwan e Giappone hanno riservato sorprese bellissime, ma farsi capire dalla popolazione era impresa quasi impossibile. L’unico modo era giocare sugli stereotipi dell’italianità: pasta, pizza, Valentino Rossi.

Pechino Express cambia davvero la vita?

Tutti i viaggi lo fanno, ma Pechino di più. Ti rimane dentro e non lo dimentichi, nonostante il ritorno alla routine. Da quando sono tornata, mi sono riscoperta più paziente, più leggera, altruista, meno livorosa verso le piccole difficoltà del quotidiano. Pechino lo rifarei daccapo, senza cambiare una virgola. Anche nei momenti in cui noi #clubber abbiamo barato un pochino. Ma lo abbiamo ammesso, pervase dai sensi di colpa (ride, ndr).

Ora per lei che cosa inizia?

Ciò che faccio, la dj, il programma Back2back su Radio 2, corrisponde a ciò che sognavo di fare fin da ragazzina. Spero di continuare.

La radio è uno dei pochi strumenti a rimanere uguale a sé stesso nonostante le evoluzioni tecnologiche.

In radio puoi essere te stesso in tutto e per tutto. Back2back è una palestra formativa, devo molto a Gino Gastaldo, mi sta insegnando a guardare la musica da punti di vista inediti e laterali. Scopro cose nuove e affino il mio gusto.

Lei è francese di origine, ma quasi italiana d’adozione.

Sono arrivata in Italia nel 2000. Ho preso la valigia dalla Francia e sono partita. Quando sono arrivata a Roma, ho visto che c’era il sole e ho deciso di rimanere.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Ema Stokholma)