Pubblicato il 15/10/2017, 12:01 | Scritto da La Redazione

Nicola Savino: Dal mondo dello spettacolo non ne esci vivo

Nicola Savino: “Lo spettacolo? È come la mafia”

Rassegna Stampa: Il Messaggero, pagina 21, di Andrea Scarpa.

Il conduttore milanese si confessa alla vigilia dei 50 anni: “Da bambino un’infermiera mi amputò un dito. A gennaio su Italia 1 farò uno show tutto mio. Il mio mondo ha regole spietate: non se ne esce mai da vivi”.

 

A trovarselo davanti all’improvviso – nel suo ufficio di Milano-viene subito in mente l’efficacia di quel soprannome guadagnato sul campo nel 1996, quando all’inizio della carriera era noto a tutti, a Radio Deejay, come l’Uomo della strada. Non troppo alto né bello, capelli sempre a posto, e postura da secchione, Nicola Savino sembra uno come tanti. Ma non lo è. Se non altro perché il 14 novembre compie 50 anni e la vita ha certamente imparato a conoscerla. Savino questa sera su Italia 1 sarà fra i protagonisti della quinta puntata delle Iene, il programma che in queste settimane ha segnato il suo ritorno a Mediaset dopo anni in Rai. Impegno che si aggiunge a quello che da vent’anni lo vede tutte le mattine, con Linus, davanti ai microfoni di Radio Deejay con Deejay chiama Italia.

Com’è andata veramente? Ha lasciato Quelli che il calcio solo per andare a condurre Le Iene con altri due colleghi, una puntata sì e una no?

«Avevo bisogno di stimoli nuovi, ero stufo di fare sempre le stesse cose. Vent’anni fa avevo lavorato per loro come autore e quando a maggio Piersilvio mi ha chiesto se fossi disponibile, ho detto subito sì. È stato gentile e coinvolgente. In Rai al massimo parli con un direttore di rete».

Quelli che il calcio versione Luca e Paolo più Mia Ceran le piace?

«Certo. È lo stesso show che facevo io. Ma con tre persone al posto di una».

È vero che a Mediaset guadagna come Donnarumma al Milan?

«Magari. Purtroppo è finita l’epoca d’oro di Berlusconi che cambia la vita degli artisti».

Una coscia di Donnarumma?

«Mezzo guanto».

Dopo Le Iene che farà?

«A gennaio, dopo le feste, farò 4 prime serate tutte mie su Italia 1. Si tratta di un esperimento, uno show di genere».

Che genere?

«Una celebrazione. Non mia, ovviamente. Se le dico altro, però, mi fanno fuori».

Se Mediaset – che negli ultimi anni è diventata una potenza radiofonica dopo aver comprato R101, Radio 105, Virgin Radio e Radio Subasio – le offrisse un ruolo manageriale alla Linus (direttore artistico di Radio Deejay), che cosa risponderebbe?

«Sono lì da quasi 30 anni, farei fatica ad andar via».

È stato mai sul punto di farlo?

«Negli ultimi 20 anni, tranne Rds, tutte le radio private nazionali mi hanno fatto offerte allettanti. Non le ho mai valutate e nemmeno sfruttate per avere più soldi. Volevano solo togliere una gamba al tavolo di Radio Deejay. Solo quando Linus smetterà di fare radio mi chiederà cosa fare».

Quando lo farà? Il 30 ottobre compie sessant’anni.

«Non lo so. Da almeno 5-6 anni andiamo in onda con la sensazione che possa essere l’ultimo giro».

Sentite che il gioco sta per finire?

«No. Però ne parliamo. Linus mi dice spesso che pensava di smettere a 40. E io fra un po’ ne ho: 50».

Come ci arriva?

«Benino. Corro, vado in bici, faccio pesi. Ho anche perso 9 kg. mi erano spuntate le tette».

Roba da crisi di mezza età.

«Un po’. Però adesso sono in forma e sto anche pensando di prendere una moto. La sogno da una vita, ma non ho mai trovato il coraggio di comprarla. Sono scooterista dentro».

Intanto ha smesso di tingersi i capelli.

«Sì. Da qualche anno. Invecchiando mi sento più sicuro e me ne frego. Per festeggiare affitterò un tram per andare in giro per Milano».

Il bello dei 50?

«La consapevolezza». Adesso che cosa deve dimostrare a sè stesso? «Di saper fare sempre meglio la Tv».

Da questo punto di vista è più orgoglioso di cosa?

«L’isola dei famosi: facevo il 17 per cento su Raidue. E poi il Dopofestival».

Meno orgoglioso? «

«Il game show Un minuto per vincere del 2013, sempre su Raidue. Ero finto e trattenuto. Ha ragione Fiorello quando dice che in Tv le cose bisogna farle “a minchia di fuori”».

Fa di tutto, ma è veramente bravo a fare che cosa?

«A lavorare sulla leggerezza. A difendere l’allegria».

La sua arma in più qual è?

«Le imitazioni. E la velocità. Per questo, pur soffrendo di insonnia, non prendo sonniferi. La mattina dopo perdo un decimo di secondo nella capacità di reazione, che in onda mi fotte. Sembro uno zombie».

Di lei si dice ancora che è un raccomandato?

«Meno di una volta. Da chi poi?».

Da chi?

«E dai…».

C’è qualcosa di lei che il pubblico ancora non ha visto?

«La sensibilità. Sono uno che piange spesso».

L’ultima volta?

«Poco fa, quando ho rivisto Mia madre di Nanni Moretti. Anche la mia è stata a lungo a letto».

È vero che dopo la morte dei suoi genitori è andato dall’analista?

«Sì. È stata durissima. Ho anche ripreso a pregare. Non come Paolo Brosio, però. Comunque con l’analisi sono un habituèe: a fasi alterne vado in terapia dal 1999. La prima volta è durata tre anni, poi è morto il medico – come nel film di Verdone (Ma che colpa abbiamo noi, ndr) – e ho smesso. Ho ripreso dal 2009 fino a poco fa».

Per quale motivo iniziò?

«La separazione dalla mia prima moglie. E poi per conoscermi meglio e non impazzire, visto che con questo lavoro si va facilmente fuori strada».

Nel 1999 provò il Viagra con risultati entusiasmanti: a 50 anni gira con la scorta?

«Non ancora. Però mi dicono che adesso c’è un gel miracoloso: Kamagra. Quando sarà…».

La lezione più importante dell’ultimo anno?

«Lasciare un po’ più di libertà a mia figlia. Impresa difficilissima».

Se un giorno lei dovesse scegliere di fare il suo stesso percorso?

«Oddio. Vedremo. Di sicuro non la spingo».

Lei da ragazzo com’era: tranquillo o agitato?

«Mi sono sposato troppo presto, a 24 anni. Quando è finito il matrimonio, a 31 anni, un po’ di vita “donne, alcol e rock and roll” l’ho fatta anch’io».

La cosa più illegale che ha fatto?

«A 12 anni ho rubato ottomila lire in monete dalla cassa di una sala giochi. Volevo continuare a giocare, ma ho vissuto nel terrore per mesi».

Il primo grazie a chi lo deve?

«Danny Stucchi, la persona che mi assunse come tecnico a Radio Deejay. Avevo 22 anni. Senza di lui sarebbe stato tutto diverso».

Che cos’ha fatto al mignolo destro?

«Un’infermiera, in una clinica di Milano, me l’ha amputato. Avevo sette mesi».

Cosa?

«Non crescevo e perdevo peso, così mia madre, farmacista molto ansiosa, mi fece ricoverare. Era tutto a posto e quando il medico disse all’infermiera di togliere la flebo che mi avevano messo sulla manina, avvolta da una benda per tenere l’ago, l’infermiera con le forbici tagliò tutto, anche il mio dito. Provarono a riattaccarmelo, ma andò in cancrena e dovettero amputare. Con i soldi del risarcimento i miei mi comprarono una casetta».

È mai stato un problema?

«Certo. Enorme. Ho sempre cercato di nasconderlo. Pensi che quando nel 2010 iniziai a fare Tv mi feci fare un dito finto. Adesso, il solo pensiero di quel coso di plastica, mi fa sentire ridicolo. Lo buttai dopo qualche mese».

La paura più grande?

«Ammalarsi. E poi far deragliare la mia famiglia. Tutto può succedere in una coppia. Io e mia moglie ce lo ripetiamo sempre: finché dura».

E se invece non dovesse durare il successo?

«Il mondo dello spettacolo è come la mafia, non se ne esce mai da vivi. Ci illudiamo che non sia così, ma prima o poi succede. Oggi ci sei, domani non ci sei più».

Lei c’è sempre.

«In punta di piedi, con i polpacci che mi fanno male. Prima o poi mi verrà uno strappo muscolare».

 

(Nella foto Nicola Savino)