Pubblicato il 03/10/2017, 19:31 | Scritto da Tiziana Leone

Lydia Turchi: Mio fratello Enzo Paolo cominciò a danzare per noia

Lydia Turchi: Mio fratello Enzo Paolo cominciò a danzare per noia
Tra le protagoniste del programma Le ragazze del'68, al via domenica su Rai 3, Lydia Turchi, sorella di Enzo Paolo, racconta i suoi esordi e quelli del fratello.

Lydia Turchi è tra le protagoniste del programma Le ragazze del’68, al via domenica su Rai 3

In quest’intervista a TvZoom, Lydia Turchi ripercorre il suo ’68, dagli inizi come ballerina classica al boom della tv, dove entrò grazie a Gino Landi e di quella volta che per protesta si sdraiò nel mezzo di via Teulada.

Domenica alle 20.30 su Raitre prende il via Le ragazze del ’68, il programma prodotto da Pesci Combattenti, ideale seguito de Le ragazze del ’46. Il racconto si snoda attraverso la vita di dodici donne che nel ’68 avevano circa 20 anni e che hanno vissuto in prima persona il grande cambiamento del ruolo femminile nella società di allora. L’onda delle contestazioni degli Stati Uniti raggiunse l’Europa e l’Italia, dando il via a una vera e propria rivoluzione politica, ideologica e sociale che ha cambiato in profondità l’immagine della donna italiana: dalla moda, al lavoro, fino ai costumi sessuali. Tra le dodici signore pronte a raccontare il loro ’68 c’è anche Lydia Turchi, sorella di Enzo Paolo, signora elegante, famiglia perbene, in cui il lavoro in televisione era visto con una certa preoccupazione. Nata ballerina classica al San Carlo di Napoli, la signora Turchi ha vissuto il boom della tv di Studio Uno e quello del teatro al Sistina di Roma.

Lydia che famiglia era la vostra?

«Era composta da quattro figli, due genitori, mamma casalinga, papà aveva un negozio di radiotecnica, all’epoca cosa di grande prestigio, perché la gente usava farsi costruire la radio, con il mobile fatto appositamente. Vivevamo a Napoli e in famiglia tutti avevano amore per l’arte, fin dai nonni. Mio padre era guardia reale e suonava la tromba, i miei fratelli suonavano vari strumenti dalla fisarmonica alla batteria e la sera spesso ci si metteva a cantare tutti insieme».

Quando è cominciata la sua passione per la danza?

«All’età di nove anni: finalmente era rinata la scuola di danza del San Carlo, rimasta chiusa durante la guerra, avevo un fisico molto esile, feci il provino ed entrai».

La famiglia contestò il suo desiderio di fare carriera nel mondo della danza?

«Assolutamente no. Mio padre purtroppo non c’era più, l’unica contestazione da parte di mia madre fu quando Gino Landi mi suggerì di lasciare il San Carlo e di andare a Roma per fare i provini di danza moderna per entrare in tv. Mia madre soffrì tantissimo, non voleva che una danzatrice classica andasse a fare la rivista».

Così entrò a Studio Uno, pietra miliare della tv di allora…

«Il ricordo della tv di quegli anni è splendido».

Com’era la tv di quegli anni?

«Le trasmissioni venivano fatte con eleganza, ho lavorato molto con Antonello Falqui, si danzava in abito da sera, i ragazzi in smoking: ti sentivi importante, non solo per quello che facevi, ma perché ti sentivi parte di una nuova vita dell’arte».

Dopo la tv arrivò anche il teatro, il mitico Sistina…

«Sempre grazie a Gino Landi. Ricordo la nostra contestazione del ’68 per protestare contro l’arrivo delle Bluebell, non le volevamo perché ci toglievano il lavoro».

Come andò?

«Ci sdraiammo in mezzo a Via Teulada. E ottenemmo quel che volevamo».

Che ricordo ha della Roma del ’68?

«Non sono mai stata una gran viveur, ma non riesco ad avere brutti ricordi. Andavamo a Piazza di Spagna da Babingtons a prendere il tè, c’era tante bella gente, forse alle spalle di questo benessere cominciava la tragedia, eppure noi giovani non ce ne accorgevamo. Allora i ragazzi si interessavano meno alla politica, almeno gli artisti. Di certo non c’era ancora il consumismo che venne dopo, venivamo da un’educazione di base dove non si buttava il pane, si conservava e si riscaldava in forno il giorno dopo. Il benessere veniva assaporato».

Le sue amiche chi erano?

«Soprattutto le colleghe. Con il teatro si andava in tournee anche per un anno intero, vivevamo in simbiosi con la compagnia, passavamo insieme anche le feste di Natale».

E come ha vissuto il ’68?

«Ricordo queste donne che andavano per strada e urlavano “l’utero è mio e lo gestisco io”, cosa che trovavo anche di cattivo gusto. Però serviva per rompere certi schemi per poi ritrovare quel minimo di equilibrio necessario per andare avanti».

Le aspettative dell’epoca sono state ripagate?

«Solo parzialmente perché purtroppo ci sono state un sacco di altre variabili. C’è stata una caduta totale della politica, oggi i ragazzi non hanno più certi ideali: noi credevamo in Pannella, non so quanto fosse giusto però ci aiutava, volevamo cambiare il mondo».

Il ’68 non è stato solo politica, ma anche rivoluzione sessuale…

«Diciamo che c’è chi l’ha vissuta di più e chi meno. E’ servita per cambiare certi tabù. Ricordo che mia madre mi diceva sempre: “Comportati bene perché se commetti qualche errore metti la vergogna in faccia ai tuoi fratelli”. Bisognava trovare un equilibrio e non sempre lo si è trovato».

E suo fratello, Enzo Paolo, quando e come si è avvicinato alla danza?

«Andavo al San Carlo da qualche anno, mio fratello Enzo Paolo il pomeriggio si annoiava senza più sua sorella a casa con cui giocare, così disse che voleva fare il ballerino e mia madre lo accontentò. Oggi è un insegnante magnifico, abbiamo un rapporto stupendo».

Quando l’hanno chiamata per prendere parte a questo programma cosa ha pensato?

«Mi ha subito entusiasmato perché quegli anni per me sono un ricordo meraviglioso. Avrei dovuto portare diverse foto di famiglia, ma purtroppo mi hanno rubato la borsa proprio il giorno in cui le avevo con me. C’erano molte foto della nostra famiglia, di me bambina al San Carlo, di quando facevo i saggi negli anni ’50, quelle della mia carriera. Ma rivivere quelle emozioni è stato bellissimo, riassaporare quel periodo, stare davanti alla telecamera è stato un po’ come tornare a quei momenti bellissimi».

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto Lydia Turchi)