Pubblicato il 30/09/2017, 14:01 | Scritto da La Redazione

Tv contro il governo, nuova protesta sulle quote di produzione

La nuova versione presentata la ministro e sottoposta all’esame preliminare nel corso della riunione preparatoria del prossimo Consiglio dei Ministri non ha raccolto le osservazioni formulate dai broadcaster che ora bollano la riforma come «addirittura peggiorativa»

 

 

Rassegna Stampa: Corriere della Sera, pagina 56, R. Fra.

 

 

Lettera al ministro Franceschini.

Tv contro il governo, nuova protesta sulle quote di produzione

 

Un’altra lettera di protesta dopo le aspre critiche di nove giorni fa: le emittenti televisive — Rai, Mediaset, La7, Sky, Discovery, Viacom, Fox — lanciano un nuovo grido di allarme sul testo di riforma degli obblighi di programmazione e di investimento in opere europee e italiane, scrivendo una nuova lettera al promotore della riforma, il ministro Franceschini. Nodo del contendere il provvedimento che «di fatto quasi raddoppia gli oneri delle emittenti in tema di programmazione e investimenti in opere europee e italiane, con un’insostenibile incidenza sui bilanci aziendali». La nuova versione presentata da Franceschini e sottoposta all’esame preliminare nel corso della riunione preparatoria del prossimo Consiglio dei Ministri non ha raccolto le osservazioni formulate dai broadcaster che ora bollano la riforma come «addirittura peggiorativa», in maniera quasi «punitiva» si lasciano sfuggire fonti informali che spiegano come «il drastico aumento delle quote sia insostenibile». La lettera firmata congiuntamente dai sette operatori televisivi spiega che «le disposizioni, assumendo una connotazione fortemente anacronistica e dirigistica, non solo si pongono in contrasto con i meccanismi incentivanti e premianti applicati con successo da altri Paesi europei, ma disattendono anche i principi stabiliti dallo stesso diritto europeo». «Il provvedimento — prosegue la lettera — determina una grave limitazione dell’autonomia editoriale e della libertà imprenditoriale delle aziende radiotelevisive; aumenta in maniera esponenziale le quote di investimento e di programmazione, anche con improponibili e ingestibili privilegi in favore di una categoria dei produttori indipendenti di cinema italiano rispetto ad altri; prevede una forte asimmetria a favore di operatori stranieri, come l’introduzione della nuova quota relativa al prime time (non applicabile a competitor quali Netflix)». Anche le sanzioni previste vengono giudicate «abnormi»: «Per le grandi aziende possono arrivare a 50/60 milioni per una violazione ad obblighi di programmazione di uno 0,3%».

 

(nella foto, un’immagine di archivio)