Pubblicato il 30/07/2017, 12:11 | Scritto da La Redazione

Antonino Cannavacciuolo: «Mo’ vi racconto segreti e passioni»

Antonino Cannavacciuolo: «Mo’ vi racconto segreti e passioni»
Un nuovo bistrot, tv, spot e un doc: ecco la ricetta del successo «A 23 anni ero già immerso nel lavoro». Così in un’intervista alla Gazzetta dello Sport.

«L’unico rimpianto? Non aver viaggiato»

 

 

 

Rassegna Stampa: La Gazzetta dello Sport, pagina 43, di Massimo Arcidiacono

 

INTERVISTA

LO CHEF CANNAVACCIUOLO

«Mo’ vi racconto segreti e passioni L’unico rimpianto? Non aver viaggiato»

Un nuovo bistrot, tv, spot e un doc: ecco la ricetta del successo «A 23 anni ero già immerso nel lavoro»

GRAZIE AGLI SFOTTO’ DEGLI JUVENTINI E DEI TORINISTI IN CUCINA SONO DIVENTATO UN ACCANITO TIFOSO DEL NAPOLI

 

«Mo’ stai a scrivere la Bibbia?». Alla ventesima domanda, Antonino Cannavacciuolo sfodera l’arma migliore, l’ironia. Ha anche le sue ragioni, ma è bello starlo a sentire… È il racconto di un successo faticato. Cannavacciuolo ha appena aperto il terzo locale, un bistrot nel centro di Torino e in sole ventiquattro ore ha fatto il pieno di tutto esaurito: da qui a settembre. Intanto, gira spot e si prepara ai suoi tre programmi televisivi più uno. Ma andiamo con ordine. «Ho scelto Torino perché è una città che ama mangiar bene. E un paesone e io mi sono innamorato subito del palazzo fino Ottocento che ospita il bistrot. Giovanile, fresco, abbiamo curato ogni dettaglio secondo i principi del feng shui. Soprattutto l’acustica, perché a tavola non bisogna sentire flussi negativi: “Mi rilasso, sto bene, mangio anche di più”. E poi, giù le pareti, la cucina è a vista: cuoco e cliente devono guardarsi». Che cosa si mangia a Torino? «II menù rispecchia il mio percorso. Tradizione e innovazione, Piemonte e Campania insieme, in sala e in cucina comandano due napoletani e si sente. Così ci sono gamberi e burrata, lo spaghetto di Gragnano ai sentori di mare, ma anche la carne cruda o il vitello tonnato». E’ vero che la nascita del ristorante diventerà anche un programma per Real Time? «Già per il locale di Novara avevamo fatto delle riprese, ma erano rimaste lì, solo per noi. Stavolta ci ho riprovato: la scelta del luogo, dello staff, le difficoltà incontrate, tutto filmato. Il risultato è un documentario di quaranta minuti che mi piacerebbe vedessero i giovani. Molti pensano che sia facile mettere su un ristorante e invece ci vogliono basi solide e preparazione». Tre consigli da dare a questi ragazzi, allora… «Gli stessi che darei a mio figlio. Studiare, perché ti dà una mente più aperta; fare esperienza, all’estero, in Italia, e poi quando l’hai fatta, provarci, non fermarsi al primo tentativo. Se sei in un posto dove non puoi crescere, vattene! Ma se hai buoni maestri, resisti, anche se arrivi a odiare tutti: più c’è da imparare e più è dura. Io ho un solo rimpianto, avrei dovuto girare di più, mettere roba nel mio bagaglio, invece a 23 anni ero già immerso nel lavoro». Cucine da incubo le ha dato la popolarità: come si sceglie un buon ristorante? «Le facce parlano. Il cameriere è felice in un bel posto, gratificato dai complimenti. Se in sala trovi facce brutte, spente: scappa. Gli odori, poi. O è odore o è puzza. Infine, il pane, per noi italiani è la prima cosa, più è buono, più il locale è affidabile». “MasterChef”, invece, l’ha consacrata. Cosa ci dice dell’ingresso di Antonia Klugmann tra i giudici? «Abbiamo già finito di girare, lei ha portato il tocco femminile che ci si attendeva. Carlo (Cracco, ndr) è un amico e ha deciso di andar via, ma Antonia saprà sostituirlo, ha tanta curiosità. [in bel personaggio, vi divertirete». Le rimane del tempo per le sue passioni? «Sì, sono la pesca e il calcio. La prima l’ho fatta diventare anche l’oggetto di un programma tv, ‘O mare mio, che rifaremo quest’anno perché mi rilassa, mi diverte e mi fa capire che l’Italia è tutta bella. La seconda fa rima con il Napoli. Da ragazzo giochicchiavo, poi il pallone l’ho mangiato e sono diventato un tifoso tiepido, fino a quando mi sono ritrovato in una brigata di cucina fatta tutta di juventini e torinisti. Il Napoli non era più quello di Diego Maradona, faticava e io per reazione agli sfottò, soro diventato un tifoso accanito e soddisfatto. Guardo al passato e, dopo tanti fallimenti, c’è una squadra competitiva. Gli acquisti migliori saranno gli uomini che l’anno scorso non hanno potuto esprimersi: Arkadiusz Milik, Marko Rog, Nikola Maksimovic. Tutti parlano del Milan, ha fatto acquisti pazzeschi, ma mettere assieme così tanti giocatori nuovi sarà dura. A me il Napoli di Maurizio Sarri piace tanto e poi il calcio è come la vita: Gonzalo Higuain va via, sei disperato, poi spunta Mertens e fa 34 gol».

 

(Nella foto, Antonino Cannavacciuolo)