Pubblicato il 20/07/2017, 16:30 | Scritto da Gabriele Gambini

Alberto Rossini, Yam112003: Diversamente amore prosegue il filone del racconto delle diversità

Alberto Rossini, Yam112003: Diversamente amore prosegue il filone del racconto delle diversità
Alberto Rossini, General Manager Production Company di Yam112003, spiega l'idea alla base di Diversamente amore, con Bebe Vio, stasera alle 21.15 su Rai2 e illustra alcuni progetti della casa di produzione nel solco di questo filone argomentativo.

Alberto Rossini: “Diversamente amore è nato dopo Di fatto, famiglie e prosegue il racconto della diversità attraverso il filtro normalizzatore dei sentimenti”

Cinque storie di coppie “miste”, la cui convivenza è influenzata dalla disabilità di uno dei due partner e si trasforma in un punto di vista differente nel vivere la relazione col quotidiano. Da Emiliano e Chiara, appassionati delle due ruote e con una brutta esperienza alle spalle, che ha portato a Emiliano alla mutilazione di una gamba, a Lorenza, mamma in carrozzina, ex modella: sua figlia, Chiara, è nata dal matrimonio con Marco ed è venuta al mondo 10 anni fa, quando lei era sulla sedia a rotelle già da 17 anni. Diversamente amore, con voce narrante di Bebe Vio (stasera alle 21.15 su Rai2), ha i meccanismi della docu-fiction e si inserisce nel solco del servizio pubblico trattando il tema della diversità col collante universale del sentimento.

Una modalità di racconto non nuova per Yam112003, casa di produzione che già in passato, con Di fatto, famiglie, su Real Time, aveva descritto la vita di famiglie omogenitoriali. Oltre ad aver organizzato le due edizioni dei Diversity Media Awards e prodotto MuriDiversi, progetto di arte pubblica disponibile su Dplay, in cui un collettivo di artisti ha trasformato 5 muri di Milano in opere che parlassero del tema in tre declinazioni: la diversità di genere, la diversità culturale e la diversità legata alla disabilità. «Focalizzarci sui multiformi temi della diversità ci ha permesso di esplorare argomenti di grande contingenza sociale, mostrandone aspetti poco noti al pubblico», dice Alberto Rossini, General Manager Production Company di YAM112003, «con un valore aggiunto: partendo dal particolare, si giunge all’universale, e si scopre come l’amore abbia un’effettiva forza normalizzatrice di situazioni all’apparenza poco amalgamabili».

Alberto Rossini, Diversamente amore si inserisce su un terreno di docu-reality molto battuto dalla tv anglosassone. Da lì è nata l’idea per il progetto?

Il filone parte da lontano ed è legato alla nostra intenzione di esplorare temi sociali attraverso la grammatica del docureality. L’idea, consentiteci un pizzico di autoreferenzialità, è nata con Di fatto, famiglie. Ci aveva permesso di raccontare, senza dare giudizi, la realtà delle famiglie omogenitoriali. Qui invece ci siamo focalizzati su un tema inedito. Lo spunto è nato da una conversazione con Silvia Bencivelli, ideatrice del progetto. Ci raccontava gli aspetti meno noti della convivenza tra una sua amica sordomuta e suo marito. Un vissuto ricco di particolarità sorprendenti, a tratti divertenti, impossibili da immaginare per chi non è mai entrato in contatto col tema.

Per esempio?

Un aspetto marginale solo all’apparenza: la ragazza sordomuta ama andare ai concerti perché riesce a percepirne le vibrazioni sonore, oppure, per la stessa ragione, è solita stare in piedi sulle casse dello stereo durante un film in tv. Aspetti determinanti che concorrono a sviluppare un rapporto ricco e proficuo per la coppia, con straordinaria normalità.

Quale domanda vi siete posti alla base per imbastire un racconto efficace?

La domanda è stata semplice: che cosa succede quando una persona normodotata si innamora di un disabile? La scrittura è iniziata da lì. Con una peculiarità: abbiamo selezionato storie in cui la disabilità fosse presente prima dell’inizio della relazione, senza essere capitata come evento successivo.

Resistenze o pudori particolari nel mostrarsi da parte dei protagonisti?

Chi ha deciso di raccontarsi, lo ha fatto senza nascondersi. Abbiamo selezionato storie rappresentative, suddivise per tipologie. Ci interessava confezionare un prodotto lontano dai pietismi, lo scopo non era suscitare compassione. Al contrario: l’amore raccontato nel programma non è differente da quello di coppie normodotate.

Una situazione di disabilità però non è rose e fiori. Ci sono difficoltà non di poco conto da gestire, affinché la coppia possa funzionare.

Alcune situazioni sono più risolte di altre. Tra le cinque coppie presenti, ci sono anche quelle “in progress”, in cui la fase di adattamento reciproco non è ancora terminata; o quelle di “absolutebeginners”, dove entrambi i partner, o comunque uno dei due, sono alle prese con un’esperienza del tutto nuova, con aspetti psicologici da puntellare.

Qual è il segreto per evitare il sensazionalismo e non scadere nel cliché?

Non avere un copione prestabilito. Filmare solo ciò che accade, con massima aderenza all’autenticità. Non abbiamo insistito su tasti particolari. Tanto meno abbiamo forzato i comportamenti. La presenza delle telecamera era leggera, ciascuna coppia è stata seguita per 4 giorni, tenendo conto della fatica fisica a cui è sottoposto un disabile. In più, l’eventuale lato edonistico dei protagonisti era assente, perché non è stato il desiderio di visibilità a far decidere loro di mettersi in gioco.

Qualche esempio emblematico?

Emiliano, motociclista agonista che ha perso una gamba non su pista, ma durante un tragitto banale per andare al lavoro. Il suo desiderio più forte era quello di tornare in moto il più velocemente possibile. Racconta la sua vicenda a fianco di Chiara con una positività incredibile. Oggi ha fondato un’associazione che aiuta altri disabili, e in moto c’è tornato davvero: quando corre, monta al contrario la sua protesi artificiale per cambiare meglio le marce. Oppure la storia di Caterina, con tre malattie rare e un tumore benigno. Ha conosciuto Domenico quando le avevano dato un anno e mezzo di vita. Lui si è trasferito da Torino a Padova per stare con lei e ora sono una coppia affiatata sotto tutti gli aspetti.

Questo è servizio pubblico?

Lo è, decisamente. Con un valore quasi filosofico: quando ci si imbatte in racconti come questi, vissuti con serenità nonostante tutto, ci si pongono domande sulla propria vita. E ci si sente davvero stupidi a lamentarsi per le piccole traversie del quotidiano.

Ci sono aspetti che per vostra scelta avete deciso di omettere?

Nessuno. La verità è totale. Altrimenti non avrebbe avuto senso il progetto.

Il filone del docu-reality consente di applicare lo stesso meccanismo narrativo a molti campi. State già pensando a progetti successivi?

Ci piacerebbe raccontare l’attualità del mondo del lavoro. Oppure alcune tematiche poco note sull’immigrazione. Temi già molto esplorati, quasi sempre con connotazioni politiche. A noi interessa approfondire il discorso senza fornire giudizi qualitativi. Come con Di fatto, famiglie, che, non a caso, aveva suscitato un dibattito divisivo in rete, consentendo di portare l’argomento al centro dell’attenzione senza petizioni di principio.

A proposito di rete. Un argomento divisivo sul web riguarda l’estetica degli individui. La convivenza col proprio corpo e l’immagine che si dà di sé al mondo esterno. In altri Paesi il dibattito è acceso, anche grazie alla tv.

Ci stiamo pensando. La realtà, ora come ora, sta già superando il pregiudizio, per esempio sono già diffuse molte pubblicità che esaltano le forme curvy nella moda. Ma il dibattito sull’estetica del corpo umano nella società di oggi è vivo, è un fenomeno che tiene il polso sul mondo che cambia e intendiamo approfondirlo.

Il docureality, assieme al branded content, è alla base delle vostre produzioni. Continuando questo filone, intendete imbastire anche dei format veri e propri?

Stiamo pensando anche a formati articolati, tenendo presente una distinzione: il format, in quanto format, ha il filtro della sua strutturazione e non gode della trasparenza diretta di una docu, che diventa il veicolo privilegiato quando ci si mette completamente al servizio di una storia.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Alberto Rossini)