Pubblicato il 01/07/2017, 17:00 | Scritto da Gabriele Gambini

David Parenzo: Telese, Cruciani, LA7 e la tv estiva

David Parenzo: “La questione dei migranti condizionerà l’agenda politica estiva. Sul tema, per ora Macron ha fatto il nazionalista, non l’europeista. A In Onda, Telese e io gestiremo i nostri spazi con equilibrio”

«Cruciani e io? Come Sandra e Raimondo. Cruciani è Sandra», ridacchia David Parenzo. Si sono conosciuti a una cena anni fa, assieme a loro c’era Luca Telese, di cui Parenzo è stato inviato ai tempi di Tetris, su LA7, e con cui, da lunedì 3 luglio, proprio nell’access prime time della rete di Urbano Cairo, condurrà la nuova stagione di In Onda. Il cerchio si chiude perfettamente. L’estate televisiva del giornalista nato a Padova quarantun anni fa, del resto, è tradizionalmente ricca. Ad agosto tornerà al timone de L’Aria che tira, come ha già fatto nel mese di giugno, sostituendo la padrona di casa Myrta Merlino. Ma guai a chiamarlo lavoratore stagionale: «Non c’è nulla di male nell’essere un lavoratore stagionale, ma l’estate in tv non può essere considerata un mero periodo di supplenze. Al contrario. È un momento fecondo, un laboratorio di argomenti. Politica e cronaca non vanno mai in vacanza, soprattutto quest’anno, dove i temi all’ordine del giorno saranno tanti e delicati».

Ritorni alla conduzione di In Onda, stavolta al tuo fianco non ci sarà Tommaso Labate, ma Luca Telese, con cui hai cominciato l’esperienza su LA7. Come saranno gli equilibri tra voi?

Ci conosciamo molto bene, ho iniziato su LA7 facendo il suo inviato, abbiamo condiviso assieme tante scorribande. Sono abituato alle co-conduzioni, gestiremo i nostri spazi con equilibrio, cercando di approfondire i fatti del giorno mantenendo l’impronta d’istituzionalità tipica della fascia oraria. Significa ospiti, contributi di inviati, attualità politica, ma non solo quella.

D’estate il pubblico se ne va in vacanza.

Ma i problemi restano. E poi, io a questa cosa della gente che va in vacanza e guarda meno la tv credo relativamente. Da lavoratore abituato a confrontarmi con gli argomenti dell’estate, ti dico che è un periodo florido, un laboratorio di approfondimento su tante tematiche. L’anno scorso su LA7 anticipammo temi come quello delle riforme istituzionali. Raccontammo l’inizio della battaglia referendaria, la gente aveva voglia di discutere e di confrontarsi. Oppure penso agli argomenti di due anni fa, come quello sui Casamonica. Stessa cosa.

Però non ci saranno elezioni anticipate, questo vi toglie un po’ di carne dal fuoco.

Non si andrà a votare, dunque ci perderemo Di Maio, Berlusconi, Renzi o D’Alema mentre battono le spiagge alla ricerca di consensi. Ma tanti argomenti condizioneranno l’agenda politica autunnale: il tema dei migranti e dei rifugiati, fondamentale per il futuro dell’Europa tutta. Il racconto delle città. La politica non si spegne, siamo già in clima di pre-campagna elettorale.

A proposito di migranti. Macron, europeista come te, è stato eletto contrastando gli afflati sovranisti della Le Pen. Poi, però, quando di recente si è parlato di condivisione dell’ accoglienza, non si è espresso in modo tanto diverso da un nazionalista.

A parole tutti dicono delle cose, poi nei fatti capita che ne facciano altre. Per ora Macron ha fatto il francese, non l’europeo, è stato eletto su parole d’ordine nette e chiare, ma fino a ora ha assunto una posizione nazionalista. Però la gestione del problema migranti è un banco di prova fondamentale per l’Europa e io, da europeista convinto, arrivo a dire che bisognerebbe togliere dai dibattiti il termine “interesse nazionale”, sostituendolo con “interesse europeo”.

Se ti sentisse Salvini…

Conosco Matteo Salvini da vent’anni, quando era un giovanissimo consigliere comunale della Lega Nord a Milano. Lui fa molto bene il suo mestiere di sovranista, abbiamo punti di vista diametralmente opposti su moltissime questioni, ma ci rispettiamo a vicenda. Spero di averlo a In Onda come ospite per discuterne.

E Berlusconi? Il suo ritorno in campo monopolizzerà la scena politica estiva?

Ho intervistato settimana scorsa Berlusconi a L’aria che tira, l’ho trovato in forma. Mi piacerebbe averlo in studio, così come mi piacerebbe avere Renzi. Berlusconi non è mai scomparso dai radar, nonostante sia stato assorbito dalle vicende giudiziarie. Ha intenzione di ritornare come leader di una coalizione di centrodestra, sarà interessante vedere che cosa accadrà.

Possibili riferimenti alla stagione del 1994?

Prendo a prestito una metafora: se dopo anni torni assieme a una tua fidanzata storica, affinché le cose funzionino occorre che l’amore sia molto forte e che le condizioni lo rendano possibile. Gli attori in campo oggi sono altri rispetto al ’94, Salvini non è Bossi, la Meloni non è Fini, gli avversari sono differenti, lo scenario è diverso.

Con Urbano Cairo avete parlato di prospettive di share per In Onda?

Cairo è un imprenditore, un editore puro. Gli interessano i risultati. Da noi si aspetta un buon lavoro e noi non ci tiriamo indietro, forti dell’eccellente potenziale di approfondimento giornalistico che la rete ha sempre garantito.

Il tuo collega Gianluigi Paragone lamenta la chiusura de La Gabbia.

Ho appreso quanto accaduto leggendo ciò che è stato scritto. Non ho elementi per commentare a fondo la vicenda. Però ricordo di essere stato spesso ospite de La Gabbia, divertendomi per il suo spirito corsaro, pur distante dal mio. Ci andavo per litigare di gusto con i sovranisti. Mi auguro che tutta la redazione sia salvaguardata, non è detto che una scelta di rete corrisponda a una chiusura senza ricollocazione.

Ti sei mai sentito censurato o messo da parte nella tua carriera? 

Per mia esperienza personale, mai. Ricordo quando ho condotto Fuori Onda alla domenica, poi in quella fascia oraria è arrivato il programma di Minoli. L’ho seguito con interesse, non mi sono sentito messo da parte.

Il Parenzo di LA7 è molto diverso da quello de La Zanzara.

Hai presente il libro Esercizi di Stile, di Raymond Queneau? Mostrava come si potesse raccontare lo stesso argomento in cento modi diversi. Il bello del mio mestiere sta nel poter utilizzare registri opposti a seconda del contesto. LA7 e Radio24 sono molto autorevoli, mi consentono di essere istituzionale o di mostrare senso dell’umorismo e autoironia, doti indispensabili quando ti confronti con alcuni spettatori de La Zanzara (ride, ndr).

Quindi l’abito fa il monaco e il contesto fa il Parenzo?

Amico mio, se sei invitato a una cena a Buckingham Palace è obbligatorio che tu sappia usare correttamente le posate e osservare l’etichetta. Ma se vai all’osteria Il Mortaccione vestito da fighetto, c’è il rischio che ti spernacchino. Giocare con lo scenario circostante è determinante per gestire la tua comunicazione.

A proposito de La Zanzara: ogni anno siete corteggiati da moltissimi editori.

Cruciani. Cruciani è corteggiatissimo da moltissime donne. Per il resto, dopo luglio, ci rivedremo a settembre su Radio 24.

Accantonata l’ipotesi di un vostro ritorno televisivo come ai tempi di Radio Belva?

Radio Belva è come un fiume carsico. Potrebbe eruttare da un momento all’altro. State attenti (ride, ndr).

Tu e Cruciani siete assieme da sette anni.

Ti riferisci alla potenziale crisi del settimo anno? Non c’è, i nostri anni sono da conteggiare come accade per i cani. Un anno ne vale sette. Dunque è come se fossimo assieme da quarantanove anni. Siamo Sandra e Raimondo. Cruciani è Sandra.

Che cosa hai imparato, in questi anni de La Zanzara?

Cruciani è meticoloso come pochi. Da lui ho imparato a fare interviste laterali, non liturgiche, e a contaminare i generi.

Vi siete conosciuti grazie al tuo amico Telese.

Io conducevo la trasmissione Iceberg, su Telelombardia. Una delle mie frasi di rito, quando un ospite in studio si esprimeva con toni estremi, era di ricordare a tutti che avevo un mutuo sulla casa e non mi sarei potuto permettere di sostenere querele milionarie. Cruciani mi prendeva in giro a La Zanzara dicendo: “Ecco la solita stronzata del mutuo di Parenzo…”. Un giorno, Luca Telese ci invitò entrambi in una sua trasmissione. Poi andammo a cena in pizzeria e ci divertimmo come pazzi. Il giorno dopo Cruciani mi chiamò per farmi intervenire in radio. Poi il giorno dopo ancora, e ancora. Dopo qualche mese gli dissi: “Guarda che non esistono pasti gratis, se dobbiamo collaborare, vorrei essere pagato”.

In una precedente intervista mi hai confidato di voler condurre una trasmissione assieme allo scrittore Antonio Pennacchi.

L’idea resta. Un docu-film, a metà tra l’inchiesta e il racconto di viaggio. Mi immagino lui, scrittore fasciocomunista ed io, ebreo e italiano, alla guida di una Balilla, che, attingendo dal suo libro Fascio e Martello – Viaggio per le città del Duce (Laterza) ripercorriamo l’Italia del fascismo partendo dall’osservazione dei suoi monumenti, utilizzandola come leva per raccontare l’attualità e capire come siamo arrivati fino a oggi.

Magari da inserire in un periodo dell’anno diverso da quello estivo?

Guarda che sono televisivamente esposto d’estate, ma lavoro anche tutto il resto dell’anno. Sto scrivendo un altro libro, coordino assieme a Treccani un think tank sull’immigrazione, un progetto articolato che studi i fenomeni migratori dei prossimi vent’anni.

Insomma, non sei un lavoratore stagionale.

Lavoratore stagionale non è una qualifica con valore dispregiativo, se non ci fossero i lavoratori stagionali nessuno di noi mangerebbe. Ma sai bene che la tv è un flusso non incastonabile in una sola stagione dell’anno.

Gabriele Gambini
(nella foto, David Parenzo)