Pubblicato il 14/06/2017, 13:31 | Scritto da Francesco Sarchi

Aldo Grasso: La diretta del piccolo Alfredino fu una sconfitta nazionale

Alfredino e la diretta tv dei record: ecco perché la tragedia di Vermicino fu una grande sconfitta nazionale

Rassegna stampa: Corriere della Sera, di Aldo Grasso.

La tragedia di Vermicino non l’abbiamo ancora superata, è un incubo collettivo che ci trasciniamo dietro. Come se quel terribile shock visivo avesse infranto una barriera, ci avesse procurato una piaga che non vuole rimarginarsi, costringendoci, da allora, a convivere con una ferita sempre aperta.

La diretta di 18 ore: la più lunga della storia della tv italiana

La drammatica vicenda di Alfredino inizia a consumarsi in tv la sera dell’11 giugno 1981 (36 anni fa), quando il Tg3, durante le sue rubriche, apre una finestra sul caso per una durata di pochi minuti. Il giorno dopo la vicenda viene seguita in un’agghiacciante diretta di diciotto ore (interrotta solo dai tg) sul primo e sul secondo canale della Rai, a reti unificate. L’angoscioso racconto televisivo segue l’evolversi della tragedia, descrive l’intervento dei Vigili del fuoco, speleologi, volontari, mostra la disperazione della madre, raffigura l’arrivo delle autorità e del presidente della repubblica, Sandro Pertini (che rimarrà sul posto per 16 ore), fino a registrare il fallimento di ogni tentativo e lo spegnersi della voce e del respiro del bambino, dopo 60 ore di buio.

I tecnici scavano un pozzo parallelo, per poter strappare Alfredino dalla sua orribile prigione. Accorrono acrobati, nani, contorsionisti e provano a calarsi in quell’imbuto. Ma più le trivelle scendono da una parte, più il bimbo scivola dall’altra. La diretta paralizza l’Italia davanti al video: dalle 14.00 alle 20.00 del giorno 12 viene registrata una media di 12 milioni di telespettatori, con una punta, alle 19.45, di 21,7 milioni, mentre dalle 20.00 alle 24.00 si segnala un ascolto medio di 28 milioni di telespettatori, con una punta alle 20.45 di 28,6 milioni.

La macchina dei media sulla strada del non ritorno

Tutto era cominciato nella routine. Un pulmino si dirige sul posto per una diretta nei tg delle 13: il collegamento è previsto non in apertura ma nella cronaca. Poi una telefonata dei Vigili del fuoco avverte Ugo Zatterin (direttore Tg2) ed Emilio Fede (direttore Tg1) che il salvataggio è questione di minuti. Zatterin chiede di interrompere la programmazione di rete, anche il direttore generale Willy De Luca si dice d’accordo. I collegamenti si aprono con la notizia che è già stato allertato l’ospedale San Giovanni per l’arrivo di Alfredino. Poi s’intuisce che qualcosa non va, ma ormai la macchina dei media viaggia sulla strada del non ritorno. Intanto Vermicino si trasforma in una fiera paesana, in un monumento all’improvvisazione e alla disorganizzazione. Nella notte, a condurre il Tg1 c’è Massimo Valentini: deve persino rintuzzare più volte un giovane collega che continua a dire «speologi». Alle 7,20 del 13 giugno (come oggi), il conduttore, con la voce rotta dalla stanchezza e dallo sconforto, chiude la più lunga diretta della storia della tv italiana: «Avevamo cominciato con ben altra speranza e mai credevamo di dover concludere così». Fine. Amen. Riposi in pace.

Una grande sconfitta nazionale

Era giusto, non era giusto trasmettere quella terribile agonia dal pozzo della morte? Era giusto, non era giusto puntare la telecamera su un bambino che stava sprofondando in un buco nero dove, di lì a poco, sarebbero sprofondate, con la pietà e la vergogna per il ragazzino, tutte le nostre concezioni sulla tv, sul rapporto fra informazione e spettacolo, sui conflitti fra vita e morte? In questi anni è stato più volte ripetuto che per sentirsi vivi bisogna apparire in tv, frequentare le plaghe della visibilità. Eppure, tutti questi discorsi sono cominciati con una morte, una lunga, interminabile morte in diretta: la tv voleva rendere memorabile il suo agire, a qualunque prezzo.

Ormai il catalogo delle atrocità è così sterminato che le domande legittime rattrappiscono sul nascere. Eppure con Vermicino l’Italia ha conquistato il triste primato di essere stata la prima tv del mondo a non controllare più la messa in onda ma a farsi condizionare dall’evento. Se non partiamo dall’idea che Vermicino è stata una grande sconfitta nazionale, non riusciremo mai a capire la portata di quella tragedia. È stata una sconfitta del Servizio Pubblico, dell’Autorità (Sandro Pertini bivaccò per ore sull’orlo del pozzo, con codazzo al seguito), dei Soccorsi e della loro impreparazione (la Protezione civile inizierà a prendere corpo l’anno successivo) e, di riflesso, di noi Spettatori. Da allora le immagini non sono più un’illustrazione della realtà ma una parte di essa, quasi un capovolgimento della realtà stessa, per trasformare questa in ombra.

(Nella foto il piccolo Alfredo Rampi)