Pubblicato il 01/06/2017, 18:32 | Scritto da Gabriele Gambini

Massimo Callegari, Premium: Juventus hai tutto per vincere la Champions

Massimo Callegari, Premium: Juventus hai tutto per vincere la Champions
Massimo Callegari racconta a TvZoom le sue sensazioni in vista della finale di Champions League, che commenterà sabato 3 giugno in prime time su Premium Sport 4K. In più, ripercorre la sua carriera e fa pronostici per la nuova stagione.

Massimo Callegari: “Per la prossima stagione tenete d’occhio Schick: ha qualità, potenza e freddezza. Scommetto su di lui”

La vita è un bivio. Puoi scegliere se tifare Milan o Inter. Oppure Juventus o Real Madrid in una finale di Champions. Coppi o Bartali. Federer o Nadal. Beatles o Stones. Vodka o gin. Moana o Cicciolina. Quelle cose lì. Puoi avere un figlio maschio o una figlia femmina. Ma, in quest’ultimo caso, puoi essere genitore di entrambi. Come è capitato a Massimo Callegari, di Mediaset Premium, fresco di paternità per la seconda volta. «Dopo la femmina, è arrivato il maschietto, Nicolò. Ma non chiedetemi per quale squadra di calcio tiferà. Sarò un papà democratico. Deciderà lui».

Troppo comodo, direte voi. Ma Callegari sa quando è il momento di sbilanciarsi. Adesso è troppo felice per farlo nel privato. Lo fa nel pubblico. Parlando del suo mestiere di giornalista sportivo. Imparato dopo anni di militanza variopinta. Eurosport. L’epoca pionieristica di Telepiù. Sportitalia. Da diversi anni, Mediaset. Che, con la messa in onda della finale di Champions League sabato 3 giugno in prime time, segna un’epoca avanguardistica. Se non altro in termini tecnologici. A fianco della telecronaca su Canale 5 e su Premium Sports, col commento di Sandro Piccinini affiancato da Antonio Di Gennaro, gli abbonati Premium potranno godersi la partita senza costi aggiuntivi su Premium Sport 4k (canale 391 DTT). Con la definizione della tecnologia 4K Ultra HD e il commento di Callegari, affiancato da Aldo Serena.

Callegari, che cosa fa un telecronista prima di commentare un match così importante?

La pennica è sacra. Un riposino pomeridiano per arrivare fresco alla partita non me lo leva nessuno. Poi c’è l’alimentazione. Mangio leggero. È un retaggio di quando giocavo a calcio nella Spal. Mantengo le abitudini da agonista.

A proposito di abitudini da agonista. È vero che prima di fare il calciatore ha provato col rugby?

Verissimo. Poi in una mischia mi sono ritrovato sbalzato a due metri da terra. Ho capito che per me non era cosa.

Per la Juventus a Cardiff, invece, è cosa? Può vincere?

La Juve può farcela. Arriva nel momento migliore.

Vale a dire?

Allegri conosce le chiavi tattiche che possono aiutarlo a prevalere sulla forza strepitosa del Real Madrid. Sa benissimo che il pericolo maggiore si chiama Cristiano Ronaldo. Bloccare lui, significa disinnescare buona parte del potenziale dei blancos. Sa anche che i centrocampisti del Real, Casemiro a parte, lasciano spazi. E poi, Higuain ha imparato a gestire ogni tipo di pressione. Dybala ha una dimensione internazionale. Alla Juve non manca nulla.

Allegri fa la differenza?

Sa gestire il gruppo con il giusto mix di leggerezza e rigore. Non era scontato, al suo arrivo a Torino. E ha evitato il pericolo maggiore.

Qual era il pericolo maggiore?

Il Bayern Monaco. Era la squadra più pericolosa, ma non è arrivata al top ed è uscita. Detto questo, sarà una grande finale. Il Real ha una fiducia nelle proprie possibilità che non sfocia mai in presunzione. Fa paura. Quando vedi i suoi giocatori in campo così sereni, sai che non puoi permetterti di sbagliare niente.

Il Barca di Cruijff, nel 1994, era sereno ai limiti della presunzione. Poi il Milan di Capello gli rifilò “4 pappine, sia gentile” (cit.).

Zidane è molto più equilibrato del Cruijff di quei tempi. Ha plasmato il Real a sua immagine. Lui fa l’allenatore così come faceva il giocatore: con qualità, generosità, disponibilità al sacrificio. Vede il gioco, lo interpreta. Da calciatore ogni tanto soffriva di qualche blackout mentale, ma oggi non è più così. Ci sarà da divertirsi.

Dopo la Champions ci si ritufferà nel campionato. Un nome su cui scommetterebbe.

Tenete d’occhio Schick. Ha qualità e fisicità. Unite a una grande freddezza. Scommetto su di lui.

E le milanesi dall’occhio a mandorla?

Dipende da quali obiettivi si porranno. Lo scudetto è difficile, perché la Juve ha una forza societaria spaventosa, batterla sarà dura. L’Inter però ha ingaggiato il miglior allenatore possibile in questo momento. Il Milan sta allestendo la squadra con intelligenza. Le proprietà estere possono costituire un gap per mancanza di una presenza operativa nell’immediato, ma hanno delegato i progetti a persone competenti.

Intanto però c’è ancora Cardiff. Ci dia un motivo per assistere alla finale nella modalità di visione in 4K.

La definizione dell’immagine è al massimo, il suono è iperrealistico. In tanti hanno cercato il biglietto per Cardiff senza trovarlo, con questa tecnologia sarà un po’ come entrare allo stadio.

Una tecnologia sempre più sofisticata presto renderà inutile andare allo stadio?

No, quello mai. Sono due piani diversi e complementari. Rispetto al prodotto televisivo di una volta, oggi siamo in grado di offrire un livello di visione inarrivabile per inquadrature, suoni, possibilità di focalizzarsi sui dettagli. Ma chiunque abbia assistito a una partita allo stadio, sa che non è la stessa cosa. La tecnologia serve a migliorare le nostre possibilità quotidiane, però è un mezzo, non un fine. Mi spiego: oggi è molto comodo chiacchierare con FaceTime. Ma FaceTime non sostituisce una conversazione faccia a faccia. Sono binari paralleli.

Che cosa le piace, di una partita vissuta sullo schermo?

Non amo i registi che eccedono in primi piani e stacchi. Il dettaglio è utile ma senza esagerare. L’equilibrio rimane la forma di coinvolgimento più accattivante.

Vale anche per un cronista?

Faccio mie due citazioni. La prima è di Guido Meda quando commentava per Mediaset la MotoGp: “Bisogna farsi coinvolgere per coinvolgere”. La seconda è di Sandro Piccinini: “Non bisogna mai perdere il controllo sulla partita”. Lì c’è la sintesi del mestiere. Il concetto di equilibrio che provo anch’io a dare. Rispettando suoni, immagini, raccontando le emozioni senza far perdere a chi ci guarda la loro soggettività interpretativa.

A proposito di grandi del mestiere. I suoi riferimenti?

Ho quarant’anni. Significa che ero troppo giovane quando imperversava il grande Nando Martellini. Ma sono cresciuto ascoltando Bruno Pizzul. Personalmente, il salto di qualità l’ho fatto alla scuola di Telepiù e lavorando con un mostro sacro come Sandro Piccinini, la cui carriera è irripetibile. Ricordo con piacere anche le cronache di Telemontecarlo, con Massimo Caputi e Bruno Longhi.

Ogni voce è associata a un’emozione vissuta. Lei, personalmente, ne ha qualcuna da raccontare in prima persona, attingendo dalla sua carriera di giornalista?

Ho commentato due partite in carriera che mi sono rimaste dentro. Una è la semifinale di Champions di due anni fa, Juventus-Real, su Canale 5. Fu un evento pazzesco. Poi, quest’anno, Manchester City-Monaco. Una partita rocambolesca, un sacco di persone che non sentivo da tempo mi hanno scritto per dirmi quanto sia stata memorabile. Ho mantenuto il controllo sulla telecronaca, ma nel contempo me la sono proprio goduta.

Sa che raccontare in questi termini il suo lavoro potrebbe ingolosire i giovani e innescare in loro lo spirito di emulazione?

Ben venga. A loro potrei dare qualche dritta. Imparare le lingue, su tutte l’inglese e lo spagnolo. Conseguire un titolo di studio che garantisca buone basi nel settore della comunicazione. E poi, insistere, insistere, insistere. Fare gavetta, non abbattersi se si riceve qualche “no”.

Lei ha ricevuto dei “no”?

Nel 2001 avevo chiuso un accordo per arrivare a Milano, dalla natìa Ferrara, nella redazione di Eurosport. Era tutto fatto. Mancava la firma del contratto. Poi ci fu l’11 settembre, con le sue conseguenze in termini di crolli di Borsa e crisi aziendali. Mi dissero che non se ne faceva più nulla.

Ci rimase male?

Lo presi come un segno del destino. Finii di studiare Lettere all’Università – se fossi approdato subito a Milano, non avrei mai completato – e iniziai alcune collaborazioni. A posteriori, si è rivelata la strada giusta.

La vita è un bivio, si diceva prima.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Massimo Callegari)