Pubblicato il 04/04/2017, 19:33 | Scritto da Tiziana Leone
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Adriano Giannini: Faccio l’attore ma sognavo di diventare tennista

Adriano Giannini, protagonista del film-tv di Rai 1 Il coraggio di vincere, racconta il suo ruolo, ma anche i suoi sogni.

Un ex pugile deluso dalla vita e dallo sport. Un giovane immigrato in cerca di riscatto. Un vecchio allenatore, saggio e ironico. Tre vite, tre generazioni, tre uomini pronti a mostrare il lato umano della boxe, ma anche come gli strani casi della vita riescano a dare un senso a esistenze che sulla carta sono agli antipodi. Il coraggio di vincere il film-tv di Marco Pontecorvo in onda su Rai 1 venerdì in prima serata racconta il percorso umano e sportivo di Rocco, interpretato da Adriano Giannini, gestore di una vecchia palestra con il suo storico allenatore Marcello (Nino Frassica).

Adriano Giannini, chi è Rocco?

«Un ex pugile, un uomo che dopo tante delusioni affettive e sportive si è rinchiuso in una vita senza molte aspettative e porta avanti una palestra di pugilato senza grandi risultati».

Con lui c’è l’allenatore interpretato da Nino Frassica…

«Con lui condivide la sua solitudine. E’ una sorta di padre putativo. La svolta arriverà grazie a un ragazzo che incontra durante una rissa, in cui intravede delle potenzialità pugilistiche».

Il ragazzo è un immigrato clandestino.

«E’ un extracomunitario, Rocco lo accoglie in casa e con lui nasce una storia di amicizia. Gli insegna l’arte del pugilato e insieme riacquistano una gioia di fare e di vivere. E’ una storia di riscatto sociale per entrambi».

C’è il lieto fine?

«Rocco è un personaggio positivo, che si trova costretto a fare cose anche sbagliate, ma a fin di bene».

Le assomiglia?

«Non lo so, io cerco sempre di prendere le distanze dai personaggi che interpreto per guardarli come realmente sono».

Preferisce mantenere un certo distacco?

«Quando reciti i personaggi passano inevitabilmente attraverso di te, ci metti sempre del tuo».

Nel film c’è anche Patrizio Oliva, le ha dato dei consigli?

«Patrizio Oliva era uno dei miei miti da ragazzino. E’ stato bello e stimolante averlo vicino, è ancora in formissima».

Lei interpreta spesso personaggi ombrosi, le piacerebbe un ruolo in una commedia?

«Certo che mi piacerebbe. Qualcuna ne ho fatta, ma forse ho un volto più tragico».

Tragico… quando si parla di lei si vedono solo sguardi adoranti…

«Questo mi fa sempre piacere»

Quante volte le hanno fatto la domanda: “Come ci si sente a essere figlio di?»

«Credo 12.783, le conto»

Ma ha anche superato il “trauma”?

«Edipicamente credo di sì, avendo anche fatto il film con Madonna in cui interpreto mio padre».

Se non avesse lavorato nel mondo dello spettacolo cosa le sarebbe piaciuto fare?

«Il tennista. O comunque lo sportivo in generale, ma non sono tanto competitivo, quindi non credo che avrei avuto molto successo. Da ragazzino ero molto portato per gli sport, mi venivano bene quasi tutti. Roger Federer è il mio mito».

Se un domani faranno una fiction su di lui potrebbe sempre interpretarlo…

«Magari è più facile che interpreti l’allenatore. O direttamente il giudice di sedia».

Qual è la sua fiction preferita?

«Seguo molto quelle straniere. Non perché l’abbia doppiata, ma la migliore secondo me resta True Detective».

Ha partecipato alle prime due stagioni di In Treatment. Sta guardando l’ultima su Sky?

«Ho guardato gli episodi della prima settimana. Conosco tutte le dinamiche di quel lavoro, è molto complicato dal punto di vista attoriale e non mi manca: ho fatto due stagioni e sono abbastanza, l’impegno è davvero intenso».

Rischiava di andarci davvero dallo psicanalista…

«Sì, appunto»

Il ruolo che più ha amato interpretare?

«Era in un film sconosciuto, mai uscito in Italia, girato tanti anni fa con un regista ungherese in Transilvania, ma non aveva niente a che fare con i vampiri. Era tratto da un libro di un poeta transilvano, ho vissuto la magia del vecchio cinema italiano, quello che ho sentito dire e visto da piccolo, con la sua modalità fantasiosa. Quel film mi ha coinvolto ed entusiasmato, forse anche perché giravamo in Transilvania dove il set veniva continuamente attaccato dagli orsi».

Già il fatto che è sopravvissuto…

«Diciamo che era tutto parecchio avvincente».

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto Adriano Giannini)