Pubblicato il 04/04/2017, 18:04 | Scritto da Francesco Sarchi

Antonio Campo Dall’Orto a Variety: Voglio una Rai più internazionale

Antonio Campo Dall’Orto è in carica dall’agosto 2015

In questi giorni, dal 3 al 6 aprile, è in corso il MIPTV (Marché International des Programmes de Télévision) e tutti i più grandi broadcaster del mondo sono a Cannes. Fra di loro c’è anche Antonio Campo Dall’Orto, DG Rai, che è stato intervistato da Nick Vivarelli per Variety a proposito delle collaborazioni internazionali che la Tv pubblica sta intraprendendo con grandi player stranieri come Netflix, HBO e Wild Bunch Tv o della coproduzione, proprio con HBO, de L’amica geniale, la serie Tv tratta dai romanzi di Elena Ferrante:

Lei ha detto che gli investimenti Rai per L’Amica Geniale soddisfano molti degli obiettivi del servizio pubblico. Certamente è un cambio abbastanza drastico rispetto agli sceneggiati a cui avete abituato il vostro pubblico in tutti questi anni, quali sono questi obiettivi?

Questo è un progetto molto importante perché racchiude molte delle nostre ambizioni. Penso che uno degli elementi caratterizzanti di un broadcaster pubblico sia la produzione di fiction proprie. Quando ne produci tante quante ne produciamo noi diventi una vera e propria istituzione per la produzione di storie sempre nuove. Il primo accordo di questo tipo risale al settembre 2015 con Netflix per Suburra. La mia missione, come capo del servizio pubblico, è quella di soddisfare un gran numero di spettatori con caratteristiche diverse con serie Tv che usino linguaggi narrativi differenti su più canali. La Rai è la produttrice di più del 70% della fiction italiana, più di qualunque altro broadcaster a livello Europeo. Adesso abbiamo ambizioni internazionali che prima non c’erano e questo ci permette di scoprire anche nuovi talenti. Quello che gli Americani sono riusciti a fare è trovare un punto di pareggio fra Tv e Cinema, in modo da dare la propria dimensione alle serie Tv. Voglio esportare la Rai, cambiare la compagnia da un punto di vista culturale. Sinceramente non mi aspettavo di riuscire a muoverci così velocemente con le serie Tv.

Di quali produzioni originali è particolarmente orgoglioso?

Oltre a Suburra, di cui ho già parlato e che andrà in onda su Rai 2, sono molto orgoglioso di Non Uccidere, una serie innovativa con una punta noir, che sbarcherà a breve in Francia e Germania. I Medici è stato un grande successo e con Wild Bunch TV stiamo sviluppando anche una serie basata su Il Nome della Rosa di Umberto Eco. Rocco Schiavone ha fatto molto bene su Rai 2 e abbiamo in lavorazione una serie coprodotta con Beta chiamata Sirene, un racconto fantasy sulla presenza di sirene nella baia di Napoli. Stiamo discutendo anche con Amazon e sono fiducioso sul fatto che presto potremo annunciare un nuovo accordo internazionale. Non credo fosse così naturale cinque anni fa che compagnie come HBO, Netflix o Amazon stringessero accordi con la Rai. Oggi siamo un player di questo tipo ed è chiaro che se riusciremo a trovare i giusti prodotti potremmo iniziare un circolo virtuoso.

Tornando a L’Amica Geniale, verrà trasmessa sulla rete ammiraglia, Rai 1, ci si aspetta dunque un grande riscontro di pubblico, ma al tempo stesso è una sfida perché è affidata ad un regista innovativo come Saverio Costanzo. Come pensate di bilanciare il fattore culturale della serie con il bisogno di essere competitivi dal punto vista dell’audience?

Dunque, nei primi mesi del 2017 stiamo mantenendo una media del 40% di share nel prime time. Penso che se le innovazioni apportate siano ponderate, i risultati arrivino. Trasmetteremo L’Amica Geniale su Rai 1 perché uno dei miei obiettivi è sempre stato quello di innovare. Non sto dicendo che tutti i nostri show vadano alla grande in termini d’ascolti, ma fino ad oggi non mi posso lamentare per la maggior parte di essi.

Come descriverebbe le principali sfide affrontate da quando ha assunto il suo attuale ruolo, nell’agosto del 2015?

Mi sono prefissato di cambiare la Rai in termini manageriali e di contenuti, probabilmente più in quelli contenutistici, perché è quello che ci si aspetta dal servizio pubblico. Uno dei miei due principi guida è quello di rendere la Rai più “inclusiva” nel senso di capace di catturare le differenti sensibilità delle popolazioni della nazione. È stato molto importante fare Non Uccidere, in tanti mi hanno detto «Non sembra uno show Rai!» ed è questo che mi è piaciuto maggiormente. L’altro principio è quello di essere universale, che è molto difficile di questi tempi, perché c’è un segmento d’audience, quello dei post-adolescenti, molto difficile da colpire. In quel senso ci muoviamo con i drama e lo sport, senza dimenticare il digitale.

Già, il digitale rappresenta una grande fetta di ciò che lei ha fatto da quando è DG con il lancio di RaiPlay, l’app ufficiale Rai con cui guardare i canali live da diversi device.

Avevamo bisogno di uno strumento che permettesse agli utenti di vedere i nostri conenuti ovunque e quando lo volessero, che sembra una cosa ovvia al giorno d’oggi, ma non era così facile da realizzare, non pensavo la Rai fosse così “in dietro” su certe cose, ma a gennaio, sei mesi dopo il suo lancio, con mia somma gioia ho potuto verificare che RaiPlay è li sito web di una Tv che genera il maggior traffico in Italia.

Ha altre ambizioni per la Rai in ambito internazionale?

Per un broadcaster pubblico non ci sono molti modi per diventare internazionale. È tutta una questione di rendere i tuoi contenuti più esportabili possibile, ed è quello che stiamo facendo con le nostre fiction. Ci sarebbero anche i film, ma attualmente le fiction sono migliori in questo senso. Ho un mandato di tre anni e ci sono un paio di cose per cui vorrei fosse ricordata la mia leadership in Rai. Una è RaiPlay e l’altra è l’essere colui che ha scommesso sul fare diversi tipi di serie Tv e che li ha realizzati con partner internazionali.

 

(Nella foto Antonio Campo Dall’Orto)