Pubblicato il 30/03/2017, 15:00 | Scritto da La Redazione
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Rai: gli stipendi delle star sono salvi, no al tetto dei 240mila euro

Rai: gli stipendi delle star sono salvi, no al tetto dei 240mila euro
L'Avvocatura dello Stato si è espressa contro al legge sull'editoria che fissava i compensi per dirigenti e artisti della televisione pubblica a 240mila euro. Una scappatoia per Viale Mazzini per tenersi stretti i big, molti dei quali già con le valigie in mano. Così Enrico Paoli su "Libero".

Alle star Rai il super stipendio è concesso

Rassegna stampa: Libero, di Enrico Paoli.

Alla fine il parere dell’Avvocatura dello Stato sui compensi delle star della Rai, come ampiamente previsto, è arrivato. Che non sarà certo risolutivo, però aiuta eccome. Soprattutto renderà un po’ più facile la vita al vertice aziendale (soddisfatto del segnale), schiacciato fra l’ obbligo di dover tagliare i compensi dei teledivi, come prevede la legge, e l’esigenza di voler restare sul mercato, senza dover inseguire chi vorrebbe andarsene. E semplificherà la vita al governo, pressato da star e conduttori affinché modifichi la norma.

Con il parere dell’Avvocatura, richiesto dall’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni per uscire dal vicolo cieco in cui sono finiti tutti, la strada per mantenere lo status quo inizia a farsi più vicina. «Le prestazioni artistiche vanno considerate in maniera distinta», sostiene nel parere inviato a Palazzo Chigi l’organo tecnico dello Stato, «non gravano sul canone e i compensi vanno valutati considerando la necessità di garantire alla Rai di operare in regime di parità concorrenziale». Insomma, sulla legge che impone di applicare il tetto di 240mila euro ai compensi degli artisti le toghe hanno forti perplessità. Le stesse, anche se in forma diversa, espresse dalla politica. Solo che maggioranza e governo, non volendo perdere la faccia con gli italiani alle prese con nuove tasse e sacrifici, non hanno avuto la forza e il coraggio di correggere subito quella norma con un decreto ad hoc.

Il parere dell’Avvocatura dello Stato, di fatto, rappresenta il Cavallo di Troia per scardinare il tetto ai compensi delle star, fissato dalla legge sull’editoria e reso operativo da una delibera del Cda della Rai, che entrerà in vigore il 30 aprile, che estende agli artisti reclutati esternamente i limiti fissati al trattamento economico di amministratori, personale dipendente, collaboratori e consulenti la cui prestazione professionale non sia stabilita da tariffe regolamentate.

Della lista delle star alle quali, salvo altre sorprese, verrà applicato il tetto fanno parte, fra gli altri, Carlo Conti, Antonella Clerici, Massimo Giletti, Fazio Fabio, Bruno Vespa, Flavio Insinna, Salvo Sottile, Amadeus, Milly Carlucci, Alberto Angela, Michele Guardì e Giancarlo Magalli. I compensi dei teledivi vanno dai 2 milioni (Sanremo incluso) di Conti ai 400 mila di Angela, passando per il milione e mezzo della Clerici e di Insinna. E proprio perché la distanza fra quanto percepito sino ad oggi e ciò che prevede la legge è abissale, presentatori e conduttori hanno richiesto una consulenza legale. «La norma che fissa il tetto massimo ai compensi viola la Costituzione», sostiene l’ avvocato Giorgio Assumma, presidente dell’Istituto giuridico dello Spettacolo e dell’Informazione, «compito di chi interpreta una legge espressa in modo dubbio», sostiene il legale, «è di applicare la cosiddetta interpretazione adeguativa che consiste nell’ adeguare la legge stessa ai principi costituzionali, così da eliminare ogni contrasto con le norme della Costituzione». Non solo, la Rai deve poter stare sul mercato e il tetto ai compensi la pone «in una disarmante posizione di soccombenza».

Un punto, però, resta sospeso. «Andrebbe fatta la separazione tra artisti e giornalisti», spiega il deputato del Pd, Michele Anzaldi, perché non puoi essere tutto il giorno giornalista e solo a fine mese artista. Il direttore del Tg1 dirige 12 edizioni e gestisce oltre 160 giornalisti, ma guadagna 240mila euro. Altre trasmissioni, con piccoli ascolti, vengono considerate artistiche, e hanno altri cachet». Posizione, quella di Anzaldi, condivisa dal senatore di Gal, Riccardo Villari.

 

(Nella foto la sede Rai di viale Mazzini)