Pubblicato il 24/01/2017, 14:32 | Scritto da La Redazione

La storia di Dalida su Rai 1, con il volto di Sveva Alviti

Dalida: in un film tv l’enigma di una vita tra bellezza e dolore

Rassegna stampa: La Stampa, di Fulvia Caprara.

Il racconto biografico arriverà su Rai 1 il 15 febbraio. Regista francese, nel cast anche Borghi e Scamarcio.

L’amore del pubblico non l’ha mai abbandonata, come quello del fratello Orlando e dei tanti uomini che hanno segnato il suo destino, senza farla felice e affidandole, al contrario, una pesante eredità di dolore. Tra disperazione e paillettes, canzoni e confessioni, discese agli inferi e splendori sul palcoscenico, il film di Lisa Azuelos Dalida (su Rai 1 il 15 febbraio), ricostruisce l’epopea della cantante restando in bilico tra la precisione didattica del biopic e l’irresistibile fascino del personaggio. Che alla fine vince su tutto. Merito dell’interpretazione mimetica della protagonista Sveva Alviti, dell’accurata ricostruzione d’epoca, del senso profondo di una storia di vita intensa e sfortunata: «Credo che buona parte del successo di Dalida, oltre che alle bellissime interpretazioni, stia nel fatto che tanta gente abbia potuto ritrovarsi nella sua tristezza, nei suoi fallimenti, nella sua sofferenza, e avere la sensazione di poterli condividere».

Dall’infanzia al Cairo, dov’era nata nel ‘33, alla prima, clamorosa, esibizione all’Olympia di Parigi nel ‘56, dal matrimonio con il pigmalione Lucien Morisse, direttore dei programmi di Radio Europe n. 1, ai viaggi in India in cerca di equilibrio interiore, dalla maternità agognata allo smisurato affetto per il nipotino Luigi, la vita di Dalida (pseudonimo di Jolanda Cristina Gigliotti) scorre serrata, sul doppio binario del pubblico e del privato. La vicenda con Luigi Tenco (nel film Alessandro Borghi) è ricostruita attimo per attimo, dietro il sipario sanremese, dai baci appassionati alle due versioni di Ciao amore ciao, prima lui e poi lei, fino alla scoperta del cadavere del cantautore, alle urla della compagna, alle mani sporche di sangue: «Ha sempre amato uomini oppressi, come lei, dal male di vivere – dice il fratello Orlando, interpretato da Riccardo Scamarcio -. E ogni volta si è illusa di poterli aiutare».

Dopo la fine di Tenco, nel gennaio del ‘67, la vita le appare insopportabile: quattro settimane più tardi, a Parigi, tenta per la prima volta il suicidio. Sopravvive, e il cuore tornerà a battere grazie a Lucio, studente italiano di 20 anni. Dalida si ritrova incinta, finalmente in grado di realizzare il grande sogno, ma la differenza d’età la spaventa, e decide di abortire. Un rimorso incancellabile, fino alla fine: «Non si diventa icone per caso – dice la regista -, devi avere dentro di te qualcosa di speciale. E poi devi saper reggere un ritmo di vita assurdo, ogni sera sulla scena, in una città sconosciuta, e poi da sola, in una camera d’albergo, fino alla performance del giorno dopo».

Il fratello minore Orlando, unico sostegno di Dalida, non riesce a colmare i baratri di solitudine, l’ossessione del tempo che passa, la paura di perdere la bellezza: «Ha visto il film e si è commosso. Sul set Riccardo è stato stupendo, non dovevo spiegargli niente, proponeva idee e soluzioni, è un attore fantastico». Prima delle riprese, Scamarcio ha voluto incontrare Orlando: «Ho dovuto trovare un equilibrio, incarnare un fratello che però era anche colui che produceva i dischi della sorella e che contribuiva a costruire il suo successo». Eppure, alla fine, l’enigma Dalida resta insoluto. L’immagine sinuosa della diva bionda che ancheggia intonando Besame mucho non si sposa con quella dell’amante malinconica, della vedova senza futuro, della star dalle mille rinascite. Un mix troppo moderno: «Dalida – dice Azuelos – è paragonabile a Madonna e a Beyoncé, solo che lei è vissuta in anni in cui una donna sola con una vita fuori dagli schemi si ritrovava a combattere una battaglia molto dura, perennemente nell’occhio del ciclone».

 

(Nella foto Sveva Alviti nei panni di Dalida)