Pubblicato il 24/01/2017, 15:34 | Scritto da Tiziana Leone

Nicola Savino: In tv avevo difficoltà, la Gialappa’s mi ha dato una svegliata

In quest’intervista a TvZoom, Nicola Savino parla del ritorno di Boss in incognito, questa sera su Rai 2, e del Dopofestival

Da questa sera su Rai 2 Nicola Savino torna a raccontare le vicende del Boss in incognito, il programma di Endemol Shine che spedisce i capi azienda a lavorare con i loro operai sotto copertura per ascoltare dalla loro voce pregi, difetti, criticità, storie di vita di chi contribuisce a rendere grande la loro azienda. Quasi un esperimento sociale cui Savino ha accettato di prestarsi, anche se con qualche dubbio iniziale. Ma per il conduttore a breve si apriranno nuovamente le porte del Dopofestival che condurrà per il secondo anno con la Gialappas’ Band.

Savino, cosa le piace di Boss in incognito?

«Mi piace molto vedere come sono fatte le cose: in che modo si arriva ad avere un torroncino fatto in una determinata forma o come si ottiene un concentrato di pomodoro. È la parte più “maschile” del programma. Poi c’è la parte che appassiona il grande pubblico e sono le storie degli operai che lavorano nelle aziende con i loro racconti di vita, capaci di farmi commuovere».

Cosa le piace meno?

«Pensavo mi piacesse meno la parte più sentimentale, perché sono sempre stato abituato a disintegrarla, a prenderla in giro, poi però sono il primo a piangere. Un giorno mi piacerebbe fare una parodia del Boss in incognito…»

Dopo la puntata andata in onda a dicembre vi hanno accusato di essere troppo buonisti, di far vedere solo il meglio dei boss. Cosa risponde?

«Il programma si chiama Boss in incognito, non Report: non andiamo a scoprire l’amianto nelle fabbriche o conti off shore. Qualche criticità del processo produttivo ogni tanto viene fuori, ma è giusto che sia così, d’altronde il boss ci apre le porte e blocca una catena produttiva per una settimana intera, non è poco».

Se venisse un boss in incognito della Rai a visitare il suo programma, cosa gli direbbe?

«Ha altre domande?»

No.

«Cosa gli devo dire? Dipende da quello che fa. Il mio boss in incognito dovrebbe essere un autore, chi lavora con me o un direttore travestito. Io ho iniziato facendo l’autore, anche di telepromozioni, il gradino più basso dell’esser autore, non ho mai trattato male nessuno, perché io stesso vengo da quella gavetta. Se venisse uno camuffato da cameraman credo che gli porterei molto rispetto. È pressoché impossibile che tratti male qualcuno».

Quando le hanno proposto Boss in incognito ha accettato subito?

«Mi sono fatta la domanda che c’entro? La risposta sta nella mia carta d’identità: ho la maturità per capire cosa vuol dire avere un figlio lontano da casa per lavoro, o uno che non sta bene. Storie cui non crederei se me le raccontasse un conduttore di 25 anni».

Quanto alla veridicità di quello raccontate nessun dubbio?

«Gli operai sono talmente abbacinati dalla nostre troupe tv, trenta persone che girano, da non capire nulla. Lo svelamento del boss è un momento talmente drammatico che o sono candidati al premi Oscar per la recitazione o sono davvero sinceri. C’è una tensione assurda. Se fosse tutto finto, avrebbero ingannato anche me».

Apriamo il capitolo Dopofestival, che novità prevedete?

«Il Dopofestival vive dalle 00.31, minuto in cui Carlo mi dà la linea, in poi. Abbiamo pronto solo uno schema di persone, che non sanno cosa devono fare. Lo scoprono solo con l’arrivo dei cantanti. Nasce tutto all’impronta, ma sono abituato perché è quello che faccio tutti i giorni in radio. Quest’anno l’orchestra guidata da Vittorio Cosma proverà a tirare in mezzo i cantanti mescolandoli tra loro».

Ci può spiegare come?

«Magari facendo cantare a Sameul dei Subsonica la canzone di Albano. È un esempio del paradosso che vorremmo costruire».

Altri esempi di paradossi?

«Un Gigi D’Alessio fatto in versione rock. I cantanti vengono da noi volentieri, perché la nostra trasmissione viene vissuta come uno scarico di tensione dopo l’adrenalina dell’Ariston».

Con la Gialappa’s vi ponete dei limiti da non scavalcare?

«No, non ce ne poniamo. Conosco i loro tre caratteri, poi bisogna sempre vedere quello che succede una volta in diretta».

L’incontro con la Gialappa’s ha influenzato la sua carriera tv?

«Molto, non finirò mai di ringraziarli, perché mi hanno dato una svegliata. Mi hanno tolto un po’ di rigidità: in radio ho un agio e una padronanza non comune, ma in tv avevo qualche difficoltà. L’incontro con loro tre mi ha tolto gli ormeggi».

Contenti di andare in onda finalmente anche di sabato, dopo la serata finale?

«Molto, anche perché non credo che il Dopofestival sia mai andato in onda di sabato, serata in cui è sempre scattato una sorta di rompete le righe. Sarà una puntata a notte fonda, però interessante, almeno avremo il vincitore».

Stavolta Carlo Conti verrà a salutarvi, visto che l’anno scorso non si è mai fatto vedere?

«Spero di sì. Dopo cinque giorni di Festival Carlo avrà voglia di rientrare a casa, ma cercherò di convincerlo».

Aspettate anche Maria De Filippi immagino…

«Abbiamo in mente un’idea molto interessante per coinvolgerla, speriamo che venga».

L’anno scorso il vostro Dopofestival ha ottenuto ascolti e consensi, eravate quasi certi di rifarlo?

«Ero certo che Carlo non ci avrebbe richiamati, visto che ha sempre voglia di cambiare. Invece sono rimasto sorpreso e lusingato».

L’anno prossimo Conti non ci sarà, voi?

«E forse nemmeno noi, ma se mi dice dove si deve firmare per restare altri dieci anni, vado di corsa».

Qual è il ricordo piè bello che ha della scorsa edizione?

«L’emozione di quando Laura Pausini aprì la prima puntata presentandosi in studio appena tre minuti prima della diretta».

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto Nicola Savino)