Pubblicato il 21/11/2016, 14:32 | Scritto da La Redazione
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Netflix investe 6 miliardi di dollari nel mondo: in Italia una grossa percentuale

Netflix investe 6 miliardi di dollari nel mondo: in Italia una grossa percentuale
Lafargue, manager del gruppo: “Al vostro Paese una parte rilevante del budget di 6 miliardi di dollari che mettiamo sul tavolo per potenziare la nostra presenza fuori dagli Usa”. La prima serie prodotta da noi, Suburra, pensata per essere venduta anche all'estero.

La scelta “glocal” di Netflix per sfondare in Italia

Rassegna stampa: Affari&Finanza, pagina 32, di Ernesto Assante.

Lafargue, manager del gruppo: “Al vostro Paese una parte rilevante del budget di 6 miliardi di dollari che mettiamo sul tavolo per potenziare la nostra presenza fuori dagli Usa”. La prima serie prodotta da noi, Suburra, pensata per essere venduta anche all’estero.

Un anno fa Netflix sbarcava in Italia. Numeri sulla diffusione del servizio nel nostro Paese, sul numero degli abbonati, non se ne hanno, ma quelli globali segnano una decisa crescita del servizio streaming on demand di Reed Hastings. La crescita nel nostro Paese è certamente rallentata da una grande concorrenza, da parte di Sky e Mediaset innanzitutto, ma non c’è dubbio che l’interesse attorno al servizio sia in questi dodici mesi assai cresciuto. «Abbiamo ottenuto dei risultati interessanti e siamo soddisfatti», dice Yann Lafargue, manager del gruppo. «Ma il nostro obiettivo è migliorare e crescere». Per farlo Netflix si muove alla grande, con un budget di circa sei miliardi di dollari in produzione, i secondi investitori televisivi del mondo dopo Espn. Denaro che si concentra maggiormente su produzioni originali e contenuti esclusivi, che sono raddoppiati in un anno puntando sul pubblico di giovani adulti e famiglie. La crescita nell’ultimo trimestre è stata notevole non tanto negli Usa quanto nel resto del mondo, dove Netflix conquista abbonati anche lì dove, come in Italia, la banda larga non è a livelli di diffusione così ampia. «Sì, la banda larga non è ancora diffusa ovunque, ma c’è il 3G che per noi è più che sufficiente: se riescono a vedere bene i nostri programmi a Cuba, dove Internet non è come qui…».

Quello della larghezza di banda è il vostro problema principale per la diffusione del servizio?

«Non lo definirei un problema, direi che è una delle questioni principali attorno alle quali lavoriamo. E il motivo è evidente: negli Usa nell’orario di punta noi usiamo il 37% di tutta la broadband del Paese».

Come è stato il primo anno in Italia?

«Siamo qui da poco, stiamo imparando le abitudini del mercato, cerchiamo di capire i comportamenti degli utenti. In un anno abbiamo imparato molte cose e stiamo cercando di calibrare meglio il catalogo, migliorandolo. L’offerta si è triplicata, abbiamo offerto da subito contenuti italiani ma ci siamo impegnati nel produrre contenuti originali. Abbiamo da poco annunciato il nostro primo prodotto italiano, Suburra, e daremo notizie tra breve sul cast e su quando inizieranno le riprese. E inizieremo subito anche a lavorare ad altri progetti. Noi creiamo contenuti originali, non siamo lo Spotify del video».

Creare contenuti è il vostro modo di superare le difficoltà del mercato?

«Sì, ma la nostra ambizione è quella di essere la prima televisione globale Internet. Cerchiamo di superare il problema comprando licenze globali, ma ogni casa di produzione vende in mercati singoli, non hanno nessuno che copra il ruolo di venditore globale. Ci vorrà tempo per cambiare l’industria: il sistema delle licenze è assai complesso e questo rende le cose difficili per noi. Lavoriamo sulle esclusive e stiamo lavorando per passare dalle 600 ore odierne alle 1000 ore di contenuto originale nel 2017 disponibile in tutto il mondo. L’obiettivo è creare contenuti globali ma anche avere eccellenti prodotti locali che possono essere interessanti nel resto del mondo».

Ma a quale pubblico puntate?

«Produciamo intrattenimento per tutta la famiglia. In Italia ci sono tanti pubblici diversi, noi vogliamo offrire qualcosa a ognuno. E miglioreremo ancora per fare in modo che ci siano cose giuste per chiunque. Ci vuole tempo, investiremo di più per produrre ma anche per comprare contenuti interessanti, guardiamo con attenzione ai festival come Venezia, Cannes, il Sundance, ma diamo anche ascolto a chi ha progetti interessanti».

Lei parla di televisione, ma Netflix è un servizio via Internet che si usa con smartphone, tablet, computer. La Tv resterà al centro di tutto?

«La Tv sarà sempre più sul web, ma la nostra è una piattaforma indifferente rispetto ai device. Il numero maggiore di utenti resta però quello che guarda i nostri programmi sul televisore di casa. Più lo schermo diventa piccolo più breve è la durata dei programmi. Di sicuro non arriveremo a produrre contenuti corti come quelli di YouTube, per i nostri prodotti pensiamo sempre a un’esperienza “lunga”, da cinema o da Tv show. Ora, oltre ai film, ai telefilm e ai documentari abbiamo iniziato a produrre programmi, per esempio lo show di Chelsea Handler, online tre volte a settimana, tradotto in 21 lingue. Proviamo a non essere troppo legati all’attualità per consentire alla gente di vedere la trasmissione quando vuole. Ci muoveremo anche in altri campi, come lo sport, cose con più adrenalina, forse anche dei reality con il gusto di Netflix, Non abbiamo una strategia completa, facciamo dei tentativi».

 

(Nell’immagine il logo di Netflix)