Pubblicato il 19/11/2016, 16:01 | Scritto da La Redazione

Manzini, autore del best seller: «Schiavone si fa le canne perché io non amo gli eroi senza macchia»

Manzini, autore del best seller: «Schiavone si fa le canne perché io non amo gli eroi senza macchia»
L’autore replica alle critiche rivolte al "suo" Rocco Schiavone, il vicequestore che fuma spinelli nella serie tv interpretata da Giallini. Così su Repubblica.

E sulle critiche: «Non m’interessano. Non mi riguardano e non è mio compito commentarle. Io scrivo libri e quando si scrive si è liberi».

 

Rassegna Stampa: La Repubblica, pagina 19, di Silvia Fumarola

Antonio Manzini. L’autore replica alle critiche rivolte al “suo” Rocco, il vicequestore che fuma spinelli nella serie tv su RaiDue con Marco Giallini 

“Schiavone si fa le canne perché io non amo gli eroi senza macchia”

 

«Non credo negli eroi senza macchia e senza paura», dice Antonio Manzini. «Credo nelle persone umane. Rocco Schiavone è un uomo e ha un’umanità molto forte, è empatico. Fa il poliziotto ma è cresciuto per strada, a Trastevere: ha finito per fare la guardia mentre gli amici con cui giocava da ragazzino sono diventati ladri. Forse è rimasto un po’ ladro anche lui». I poliziotti sgangherati ma giusti hanno fatto la fortuna di libri e film: piacciono perché sono idealisti, liberi e spesso delusi. Manzini, 52 anni, ex attore, nei suoi racconti best seller (pubblicati da Sellerio ) regala al vicequestore Schiavone, trasferito per punizione ad Aosta, licenza di uccidere e di farsi le canne, di rubare e sedurre. Marco Giallini, che lo interpreta nella serie di RaiDue, è perfetto nel ruolo; un successo che sfiorai 4 milioni di spettatori. Mai una gioia. Il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri dà degli “imbecilli” ai fan dell’antieroe, il Sindacato autonomo di polizia condanna la fiction per come rappresenta gli agenti.

Manzini, che pensa delle polemiche?

«Non m’interessano. Non mi riguardano e non è mio compito commentarle. Io scrivo libri e quando si scrive si è liberi».

Prima che Schiavone arrivasse in tv com’erano i giudizi della polizia sui suoi libri?

«Ad Aosta si erano molto divertiti, sono amico della Scuola superiore di polizia di Roma. Dietro questo poliziotto scostumato c’è una brava persona. Rocco ce l’ha con i potenti e quelli che hanno torto, per me somiglia più a un missionario che a un detective».

Com’è nato Schiavone? «E’ stata una gestazione lunghissima. Ho aggiunto pezzetto per pezzetto, aggiustando il tiro. Nella prima versione era un essere orrendo, mia moglie mi diceva: “È un personaggio orribile”. Sembrava “il lercio” di Welsh».

Perché la parte nera?

«Perché le zone d’ombra in una persona mi sembrano sempre le più interessanti. Anche Rocco è complesso».

Lei scrive: “Se lavori nella palude per cercare i serpenti ti trasformi in una bestia,il fango diventa casa tua e così puzzi di morte”.

«Se non conosci un po’ il male non lo combatti. Credo che i codici siano fatti per questo, se provi empatia tendi a giustificare tutto. Ma è vero che un poliziotto vede cose disumane, non dico bestiali perché le bestie certe cose non le fanno. Pensi a cosa vuol dire andare in un campo a cercare i resti di una vittima, entrare in una stanza dove c’è un cadavere. Provi a immaginare come ci si possa sentire. E’ lavoro, ma un poliziotto è un uomo».

Rocco Schiavone vede l’abisso ma ha un modo tutto suo di reagire.

«Rispecchia il mio desiderio di poter dire sempre la verità, non nasconde il suo stato d’animo a nessuno. Non si vergogna di quello che è: Rocco non mente mai. Mente sulla sua vita, su se stesso e si nasconde. È un poliziotto che fa anche il giudice, e non può. Ha un senso dell’etica tutto suo ma crede nella giustizia».

Si aspettava il successo?

«Giallini è molto bravo a interpretare Schiavone, ha capito il personaggio, se lo è preso sulle spalle senza dare giudizi. La Cross production e la Rai hanno voluto bene a Rocco, lo hanno rispettato con le sue contraddizioni. È anarchico, si fa le canne, continua spesso a ragionare come un bandito, come i suoi amici romani. Ha giocato sulle stesse strade di sampietrini; in fondo è rimasto uno di loro».

Il giallo, oltre la trama, è ancora una scusa per raccontare la società?

«Sì. Mi piace raccontare la società, le famiglie, i guai, la povertà e Rocco è un detective esperto di questa roba».

Schiavone si congelai piedi, anche lei porta le Qarks?

«Sì. Ma vede, Rocco è un maschio e questo spiega tutto: è infantile. Porta il loden e muore di freddo… Ora mi chiederà se lo porto anch’io. Me lo compravano i miei da piccolo quando andavamo in vacanza in Cadore».

Sta girando l’Italia, i lettori che dicono?

«Non mi domandano più: quando fanno la fiction dai racconti? Ma chiedono solo: quando esce il prossimo libro? Non sono Camilleri, lui è unico. Io ho bisogno di tempo».

(Nella foto, Marco Giallini nei panni del vicequestore Schiavone)