Pubblicato il 07/11/2016, 13:31 | Scritto da La Redazione
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Fininvest si ristruttura: vende il Milan, aggiusta Mondadori e aspetta Vivendi per Premium

Fininvest si ristruttura: vende il Milan, aggiusta Mondadori e aspetta Vivendi per Premium
Tra i nodi ancora da sciogliere, l'operazione sfumata con Vivendi. Entro dicembre la holding cederà l'intera quota della squadra Intanto si riapre il fronte Banca Mediolanum con diktat della Bce. Così Maria Elena Zanini su “CorriereEconomia”.

Fininvest: non solo Milan. I dossier tv, editoria e finanza

Rassegna stampa: CorriereEconomia, pagina 14, di Maria Elena Zanini.

Tra i nodi ancora da sciogliere, l’operazione sfumata con Vivendi. Entro dicembre la holding cederà l’intera quota della squadra Intanto si riapre il fronte Banca Mediolanum con diktat della Bce.

Ci sono due intoppi sul cammino di pulizia e crescita di Fininvest: la mancata cessione di Premium (che impatta su Mediaset) e il nodo di Banca Mediolanum. Il desiderio di veder finalmente archiviata la querelle sull’istituto controllato pariteticamente dalla holding della famiglia Berlusconi e dal gruppo Doris, è sfumata martedì 25 ottobre quando dalla Bce è arrivato un messaggio chiaro: Fininvest non può tornare in possesso della quota del 30,12% che detiene nell’istituto di credito, «per il profilo reputazionale di Silvio Berlusconi». L’affaire Mediolanum La vicenda era già stata affrontata e superata a livello nazionale nel 2014 quando la Banca d’Italia aveva imposto a Fininvest la cessione della quota eccedente il 9,9% di Mediolanum, a causa delle norme europee sui conglomerati finanziari e alla perdita dei requisiti di onorabilità dell’ex premier, condannato in via definitiva per frode fiscale. Silvio Berlusconi aveva fatto ricorso contro il provvedimento e il Consiglio di Stato lo aveva accolto annullando l’obbligo di vendere il 20% della banca. A distanza di due anni e dopo la fusione per incorporazione in Mediolanum Spa diventata la capogruppo del gruppo Mediolanum, (e proprio come conseguenza della fusione) il problema ritorna. Immediata la risposta della holding di famiglia: «impugneremo la decisione della Banca centrale in tutte le sedi giurisdizionali competenti», inclusa la Corte di Giustizia europea.

E come prima conseguenza, i diritti di voto della holding della famiglia Berlusconi sono stati sospesi per la quota eccedente il 9,99 per cento. Il progetto di tagliare i rami secchi nel 2016 e di concentrarsi sulla crescita, auspicato dai vertici di Fininvest, Marina Berlusconi in primis, sembra rimandato. Anche perché il gruppo deve fare i conti (letteralmente) con il passo indietro di Vivendi. Se l’operazione con Vincent Bolloré fosse andata in porto, il 2016 sarebbe stato un anno felice per le casse della holding, considerando anche la futuribile cessione del Milan. Per quanto riguarda la querelle con i francesi, Mediaset si trova ad avere per le mani, oltre a un accordo non rispettato, una causa che potrebbe valere 1,5 miliardi. Il condizionale per la vicenda è d’obbligo visti i continui chiari di luna delle parti interessate.

I conti del Biscione Certo è che i conti di Mediaset (in cui Fininvest ha una partecipazione del 34.7%) dovranno rimandare a data da destinarsi un risultato netto positivo, contando che l’ultima riga del conto economico relativo al primo semestre evidenzia un rosso di 27,8 milioni, contro i 24,2 milioni del 2015. Ed è proprio la pay a pesare sui conti del colosso tv controllato da Fininvest, una pay che non ha mai fatto utili e su cui pesa l’esborso di 690 milioni per i diritti della Champions League. E che chiuderà il 2016 con un rosso di 200 milioni. Dove ha funzionato e sta funzionando la «cura» di Marina Berlusconi è Mondadori. Dopo aver chiuso, ristrutturato e ridisegnato il proprio portafoglio di pubblicazioni (con quattro testate chiuse negli ultimi tre anni), Segrate ha deciso di ricominciare con lo shopping acquisendo la parte digital del gruppo Banzai e Rcs Libri, con il beneplacito dell’Antitrust che ha posto come condizione l’alienazione di Marsilio e Bompiani.

L’addio al calcio L’editoria si conferma quindi come uno dei principali asset di Fininvest che ha potuto archiviare il 2015 in sostanziale pareggio: l’indebitamento è sceso a 789,1 milioni dai 1,055 miliardi dell’anno prima, mentre il patrimonio netto consolidato sfiora i 5 miliardi di euro. La capogruppo ha quindi messo a bilancio un utile netto di 221,4 milioni decidendo di pagare, per la prima volta dopo cinque anni, dividendi alla famiglia per 91,6 milioni di euro. E a dare ulteriore ossigeno alle casse della holding, come si diceva prima, potrebbe essere la cessione del Milan, sul tavolo da diverso tempo, con molte incognite ancora da chiarire (per esempio la lista degli investitori), ma che in termini di liquidità non farebbe che bene. Un preliminare con il fondo di private equity Sino Europe è stato firmato il 5 agosto, dopodiché Yonghong Li e David Han Li, le due menti che hanno strutturato tutta l’operazione finanziaria, hanno versato i 100 milioni necessari per la firma. Il closing è previsto tra metà novembre e i rimi di dicembre e al momento della nuova firma saranno versati altri 420 milioni che porteranno alla cessione definitiva dell’intera quota detenuta dalla famiglia Berlusconi (dal 1986) nella squadra milanese. Un duro colpo per Silvio Berlusconi, un sospiro di sollievo per Marina Berlusconi che vede grandi risparmi nel futuro della holding. Negli ultimi 30 anni il Milan è costato quasi un miliardo a Fininvest.

 

(Nell’immagine il logo di Fininvest)