Pubblicato il 31/10/2016, 16:01 | Scritto da La Redazione

Maurizio Costanzo: Veltroni la smetta con la televisione, Preferisco Baudo

Maurizio Costanzo: “Veltroni lasci stare la tv, non è il suo mestiere”

Rassegna stampa: Libero, pagina 15, di Antonella Luppoli.

Il giornalista e conduttore in onda su Canale 5 con ‘L’intervista’: “Vorrei il Papa in trasmissione. Il mio erede è Maria. Non vedo giovani talenti, i migliori sono Floris e la Gruber su La7”.

La voce che arriva da un televisore sintonizzato su una rete all news. Tante fotografie sulle pareti, alcune in bianco e nero. Sulle mensole libri impilati in modo ordinato. Al centro della stanza una scrivania, dietro alla quale è seduto Maurizio Costanzo. Ci accoglie garbato e rigorosamente senza cravatta.

È in onda tutti i giovedì in seconda serata su Canale 5 con L’Intervista, ma qual è il segreto per farne una buona?

«Documentarsi molto e ascoltare chi si ha davanti perché le domande nascono così».

La più bella fatta finora?

«Ho il potere di cancellarle dalla mente subito dopo averle fatte. Forse le due che mi sono rimaste più impresse sono: un’intervista con Massimo D’Alema, una delle prime che decise di concedere, e un Uno contro tutti con Carmelo Bene. Comunque: la migliore è sempre quella di domani».

E quale sogna di fare domani?

«Totò. È utopistico, per ovvi motivi. Lo conobbi che ero un ragazzino, facevo il cronista. Poi, dico sempre che vorrei il Papa nella speranza che prima o poi qualche Pontefice mi accontenti (sorride, ndr)».

Matteo Renzi lo ha invitato?

«Con Renzi adesso c’è un problema di par condicio, magari a febbraio ci riproviamo».

Il suo programma tornerà a febbraio?

«Sì, altre otto puntate. Di questo primo ciclo invece ne mancano ancora tre. In una ci sarà Morgan, in un’altra probabilmente Simona Ventura».

C’è un ospite a cui ha detto di “no”?

«A tanti. Se un personaggio è anonimo, ha motivi di vanagloria per proporsi, allora non mi interessa».

Ma come le è venuta l’idea del programma?

«Parlando con mia moglie (Maria De Filippi, ndr) e con una sua collaboratrice, Sabina Gregoretti. A luglio, ho iniziato con Fabrizio Corona e Morgan. Erano delle prove. Abbiamo visto che funzionava e continuato. Tutto nasce da un format spagnolo che abbiamo un po’ stravolto».

Quando l’ha proposto a Mediaset?

«A parlargliene è stata Maria, l’idea è stata accolta con entusiasmo e hanno deciso per la seconda serata di Canale 5».

Dove per anni ha condotto il Maurizio Costanzo Show che tornerà il prossimo 6 novembre su Rete 4. Perché funziona ancora?

«Non lo so. Tutte le volte mi sorprendo di trovare gli studi De Paolis pieni, un grande calore e i social impazziti».

Come è nato il Costanzo Show?

«Lavoravo con Pietro Garinei e Sandro Giovannini per il teatro e dissi a Garinei che mi sarebbe piaciuto creare un clima gioviale nel foyer del Sistina con una cartomante, dei cantastorie, personaggi d’intrattenimento, così da rendere meno noiosa l’attesa prima di entrare in teatro. Ne parlai poi con Carlo Gregoretti e nacque il primo Costanzo Show. Garinei decise allora di farmelo fare il lunedì al Sistina. Gli devo molto perché da li è iniziato tutto. Poi, Berlusconi mi chiese di farlo in tv tutte le sere e mi garantì un buon numero di puntate. Rimanemmo in onda per 27 anni».

In tanti provano a copiarlo, questo la infastidisce?

«No, anzi mi fa piacere. Guardo spesso Che tempo che fa di Fabio Fazio e mi piace molto. Lo fa alla sua maniera ovviamente. Quando mi sono occupato di Canale 5 avrei voluto portarlo a Mediaset ma non ci sono riuscito. Altri programmi degni di nota, fatti sul modello del Costanzo Show, non ne vedo. Non ne ho mai visti».

Possiamo dire che Fazio è il suo erede?

«È un mio pari, abbiamo iniziato quasi nello stesso periodo».

E allora chi è il suo erede?

«Maria potrebbe esserlo. E bravissima. Per quanto riguarda i talk show politici invece uno bravo è Giovanni Floris».

Il suo programma preferito?

«Guardo spesso Otto e mezzo di Lilli Gruber, sa fare molto bene quello che fa».

La tv commerciale ha sdoganato una serie di modelli, dalla velina al tronista. È stato positivo?

«Senza Antonio Ricci le veline non sarebbero mai esistite, così come i tronisti senza Maria. Sono modelli creati ad hoc da fuoriclasse della tv. Rispetto al valore nella società civile, credo che tra la televisione e i telespettatori ci sia una compenetrazione, una specie di osmosi vicendevole».

Non riconosce alla tv un valore educativo?

«Solo i presuntuosi lo riconoscerebbero. Dalla tv si impara e lo so perché al Radio Costanzo Show su Rtl 102.5 in tanti mi chiamano per ringraziarmi, ma noi i programmi li facciamo con le persone. È un do ut des. A legittimare la nostra esistenza in tv è il pubblico, facciamo tutto per chi ci guarda».

Quindi, gli ascolti contano?

«Certo. Mica faccio un programma per rendere felice il direttore di rete o il direttore generale. Quando sono in onda, dico sempre “Grazie per la compagnia che ci fate”: senza il pubblico saremmo dei poveri disperati».

Pippo Baudo è tornato a Domenica In

«Giustamente. È un gran professionista e il fatto che abbia 80 anni non è un demerito, anzi. Meno male pure che Fazio fa il Rischiatutto: è stato un grandissimo programma con Mike Bongiorno. Non bisogna vergognarsi dei padri della patria».

La Rai punta sull’«usato-sicuro» per gli ascolti o perché il nuovo non funziona?

«Per tutti e due. A essere sincero, tutta sta novità io non l’ho vista».

Perché non c’è più la possibilità di formarsi?

«Esatto. Io ho iniziato facendo il giornalista, poi ho fatto la radio che è stata una grande palestra, da lì mi ha notato un dirigente che mi ha portato in tv. Ora non si fa più un percorso. Come autore, sto studiando un programma con una rete ma non abbiamo volti a cui affidarlo. Quando si dice “ci sono tanti bravi giovani conduttori che non lavorano” io rispondo: “Me li presentate per favore?”. È un problema serio: senza ricambio generazionale rischiamo di estinguerci».

C’è ancora bisogno di una Rai garante del servizio pubblico?

«Tutte le aziende devono esserlo. Sono a favore della varietà dell’offerta, purché sia di qualità. La televisione è una sola, c’è chi la fa bene e chi la fa male. Questo fa la differenza non il marchio del servizio pubblico».

Ha ospitato nelle sue trasmissioni tanti politici, non ha mai pensato di candidarsi?

«Me l’hanno proposto, partiti politici di diversa estrazione, ma ho sempre detto di no».

Perché?

«Ognuno deve fare il suo mestiere».

Pure Walter Veltroni?

«Sì, pure lui. Non è che se non fai più il sindaco allora puoi fare l’autore tv. O meglio puoi, ma devi saperlo fare».

Lei ha sempre voluto questo lavoro?

«Sì, lo sognavo da ragazzino e ho avuto un gran culo, lo ammetto».

Qualche giorno fa è morto Luciano Rispoli, un uomo che ha preso parte al suo percorso professionale.

«Mi spiace molto, fu lui a farmi cominciare a scrivere per la radio. Se n’è andato un grande professionista».

Nel 1993 è stato vittima di un attentato mafioso, sono passati 23 anni e ancora si parla di mafia. Perché?

«Perché c’è, è talmente dentro a pezzi dello Stato che debellarla diventa sempre più difficile. Lo sapeva Giovanni Falcone, grande uomo, e lo sa, Nicola Gratteri, il procuratore antimafia di Catanzaro, che stimo moltissimo. Ci sono ancora magistrati di cui andare orgogliosi».

La mafia c’è ma per fortuna non uccide più.

«Quando non uccide più vuol dire che sta bene, lavora indisturbata e non ha bisogno di forzare la mano».

Il suo più grande rimpianto?

«Ho perso mio padre che avevo diciassette anni, mi dispiace che lui non abbia fatto in tempo a vedermi crescere. Ne sarebbe stato orgoglioso».

Che cosa c’è nel suo domani?

«Domani? Voglio vivere».

 

(Nella foto Maurizio Costanzo)