Pubblicato il 12/09/2016, 13:30 | Scritto da Gabriele Gambini
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Dante Sollazzo di Smartlove: Chi è senza peccato, scagli il primo smartphone

Dante Sollazzo di Smartlove: Chi è senza peccato, scagli il primo smartphone
Due single si incontrano e iniziano a conoscersi scambiandosi i rispettivi telefonini, su Rai4 da lunedì a venerdì alle 18.20. TvZoom ha incontrato Dante Sollazzo, Responsabile del Format Department di Endemol Shine Italy, che ha raccontato il progetto.

Gli armadi dei millennials sono vuoti, non contengono più scheletri. Oggi gli scheletri di ciascuno sono tutti nel telefonino, ma non per questo destano meno curiosità

L’ultima foglia di fico televisiva è caduta. Dopo format come L’isola di Adamo ed Eva e Undressed, che scandagliano l’universo dei dating show a braghe calate, cioè liberandolo dagli orpelli del vestiario, restava un solo tabù da sfatare: quello etico e psicologico della nudità digitale. L’inclinazione preventiva a mentire come tattica di autodifesa, raccontando di sé solo aspetti selezionati con cura, in SmartLove (Rai 4, da lunedì a venerdì alle 18.20) viene disinnescata. I protagonisti di ogni puntata sono due single e i loro smartphone, che si scambiano per 24 ore, password comprese. Gli sconosciuti sono disposti a “mettersi a nudo digitalmente”, permettendo l’accesso all’apparecchio che più di tutti, al giorno d’oggi, ha in appalto la narrazione della generazione millennials. Tra gioie e dolori, vissuti personali toccanti. Sulla base delle informazioni acquisite, anche in tempo reale, nell’arco della giornata, potranno scegliere se continuare dal vivo la conoscenza dell’altro o lasciar perdere. «Si tratta a tutti gli effetti di un esperimento sociale, un love experiment che unisce l’approccio investigativo a quello conoscitivo», dice Dante Sollazzo, trentacinque anni, Responsabile del Format Department di Endemol Shine Italy.

Il rimando al film Perfetti sconosciuti è uno dei primi pensieri che saltano in mente guardando Smartlove.

Le idee sono nell’aria e sapere se è nato prima l’uovo o la gallina è impossibile. Posso dire con certezza che abbiamo iniziato a lavorare al format prima dell’uscita del film di Genovese. Dunque non ci siamo ispirati ad esso.

Il presupposto di partenza è simile.

In realtà Smartlove parte da un presupposto diverso: se in Perfetti Sconosciuti i protagonisti sono degli amici annoiati che si conoscono da tempo, qui i due single in gioco non si sono mai visti prima del programma. Sono ragazzi con una sincera voglia di innamorarsi, l’approccio col potenziale partner è più conoscitivo che investigativo. Si tratta di una sorta di speed date con caratteristiche 3.0.

Gli smartphone, oggi, contengono davvero tutti gli aspetti della vita di un individuo, anche quelli meno noti. Spesso però alcune informazioni acquisite si prestano a equivoci.

Sbirciare una fotogallery, nell’era dei selfie, permette di cogliere l’attitudine del proprietario di un telefono. Poi ci sono i social network, apparentemente una vetrina con cui mostrare aspetti selezionati di sé, a meno che non si vadano a leggere i messaggi privati e la cronologia delle pagine visitate. Smartlove agisce sul retrobottega di ogni persona: i due single si conoscono non tramite un’immagine studiata, ma scoprono da subito l’essenza del partner potenziale, e si fanno delle idee partendo da essa. Gli acquisti on line, la musica ascoltata, le pagine visitate. Magari sbagliando e traendo conclusioni affrettate. Ma ribaltando il punto di vista tradizionale.

Se io so di dover partecipare a un programma in cui devo mostrare il mio smartphone, posso modificarne le informazioni e nascondere aspetti della mia esistenza.

Difficilmente questo accade con la generazione millennials: abbiamo selezionato protagonisti di età compresa tra i 20 e i 35 anni, abituati a considerare lo smartphone come un’estensione della propria vita senza filtri. Li abbiamo valutati anche in funzione di questa attitudine.

In che modo, nei casting, avete considerato questa loro attitudine?

Siamo andati nelle università, nei luoghi degli aperitivi. Abbiamo chiesto ai ragazzi di passarci il loro telefono, senza avvisarli prima. Chi lo consegnava subito si dimostrava già predisposto al programma. Se sul loro telefono trovavamo qualcosa di compromettente, valutavamo come l’interessato si giustificasse. In questo modo abbiamo individuato profili autorialmente interessanti.

Nella dinamica del programma, i due single conservano lo smartphone dell’altro per 24 ore, leggendone anche le notifiche e i messaggi in tempo reale. Al termine della giornata, è previsto un incontro di conoscenza e chiarimento?

Funziona così: due single si incontrano in una stanza denominata blueroom. Si presentano, appoggiano i loro smartphone su un tavolo rotondo indicando la password per sbloccarli, ognuno prende quello dell’altro e se ne va. La prima impressione indirizza, per così dire, le indagini. Dopo 24 ore si incontrano di nuovo e possono rivolgersi delle domande sulla base delle scoperte effettuate.

Quali aspetti eclatanti vi è capitato di trovare?

Aspetti divertenti, ma anche vissuti personali toccanti. Storie di bulimia, di bullismo, argomenti politici e sociali che coinvolgevano i protagonisti in prima persona. Il rapporto con i nonni, spesso speciale, che ha garantito sorprese di confronto generazionale. Il tutto narrato senza moralismi o giudizi preventivi: ci ha stupito la capacità dei millennials di effettuare confronti sull’altro da sé senza foga giudicante.

Si tratta di una produzione originale, venduta a livello internazionale col titolo The Dating Code e presentata al prossimo MipCom.

Siamo molto soddisfatti della realizzazione di questo format. Ha delle potenzialità notevoli e verrà presentato come titolo di punta del portfolio del nostro Creative Global Team. Colleghi olandesi e inglesi sono venuti sul set durante la realizzazione per analizzarne lo sviluppo. Abbiamo pensato a un programma fluido, dal montaggio rapido e incisivo, per questo sganciato da una conduzione vera e propria. Insistendo sugli aspetti più riconoscibili del racconto televisivo di quest’epoca. Il dating si presta a questo scopo in moltissimi modi.

Pensate che Rai4 sia una piattaforma adatta alla tipologia di programma?

Quando pensiamo a un format, ragioniamo anche sulla committenza o sull’adattabilità dello stesso per una rete o un pubblico preciso. In questo caso, ringraziamo Angelo Teodoli. Da subito ha apprezzato l’idea e l’ha opzionata. Rai4 è adatta allo scopo per le sue caratteristiche sperimentali. Già in passato, Teodoli, da direttore di Rai2, si è mostrato attento agli aspetti innovativi della proposta televisiva: ha portato in Rai il factual con Detto Fatto, credendoci fino in fondo nonostante una partenza difficile. Ha voluto a tutti i costi l’adattamento italiano di Boss in incognito, nonostante i potenziali rischi di parlare di tematiche lavorative in prima serata a un pubblico che chiede entertainment e distrazione.

Come funziona il vostro dipartimento creativo e come impostate le vostre idee per tradurle in progetti?

Parafrasando il nostro A.D, Paolo Bassetti, il Format Department è una petroliera dalla quale estraiamo idee. Una stanza dei bottoni nella quale guardiamo la tv internazionale a ogni livello, filtrandola attraverso il gusto italiano. Ciò può tradursi nell’adattamento nazionale di format internazionali, penso a Mamma sei too much per Discovery, in cui molto è stato fatto per creare una grammatica riconoscibile agli spettatori del nostro Paese. Oppure si analizzano con cadenza settimanale proposte per format originali. La bontà di un progetto non sta tanto nell’idea di base, quanto nella sua effettiva possibilità di essere strutturata in termini di racconto “visivo”. Da lì parte lo sviluppo di una puntata pilota. Rispondendo alla domanda sulla sua fruibilità potenziale: “Che cosa riesce a vedere e a capire il pubblico, di questo progetto?”.

Saprebbe indicare i tratti distintivi delle produzioni Endemol Shine Italy?

L’innesto di Shine ha ampliato il nostro catalogo e i nostri orizzonti. Endemol ha il merito di aver innovato la tv italiana portando sullo schermo il Grande Fratello, autentico spartiacque della narrazione televisiva mondiale. Da un punto di vista degli addetti ai lavori, posso dire che la nostra forza sta nel know how, nella capacità produttiva ad ampio raggio, nella velocità di realizzazione dei progetti. Un esempio che ci rende soddisfatti è l’avvento di Boom!, game show su Nove, realizzato con attenzione capillare in tempi molto scanditi e precisi.

Che cosa ci si deve aspettare dalla nuova stagione televisiva?

La presenza sempre più aggressiva di Sky, con Tv8, e di Discovery, con Nove, nel contesto generalista, è uno stimolo per tutti gli editori a una concorrenza innovativa e originale. Nuovi competitor significano nuove dinamiche per tutte le realtà produttive. La stagione imminente vedrà la massiccia presenza di celebrities come parte attiva dei game show: arriva il Grande Fratello Vip, Masterchef Celebrities. Le star, i personaggi riconoscibili dal pubblico, saranno sempre più coinvolte.

La produzione a cui ha partecipato che ricorda con maggior considerazione?

Sono affezionato a tutti i programma a cui ho partecipato. Sono nato nell’universo Sky, sono passato al Grande Fratello quando avevo 33 anni ed è stata l’esperienza più ricca e scioccante alla quale abbia partecipato. Era l’anno della distruzione della casa a causa di un incendio, abbiamo ricostruito l’ambiente del reality in sole due settimane. Sono fiero anche della start up di Cucine da Incubo, ha contribuito a portare la narrazione del cooking a un livello inedito.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto un momento di SmartLove)