Pubblicato il 06/09/2016, 15:33 | Scritto da Gabriele Gambini
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Sabrina Ferilli: Rimboccarsi le maniche significa non delegare ad altri le scelte sul proprio destino

Sabrina Ferilli: “Racconto la storia di un gruppo di donne che decidono di mettersi in gioco per ciò in cui credono”

La vita quotidiana di un paese di provincia. I problemi, le ispirazioni e le aspirazioni dei suoi abitanti. La coesione di un gruppo di operaie tessili che non vogliono perdere il lavoro nella fabbrica in cui sono impiegate, edificata su un terreno a rischio di speculazione edilizia. La passione civile e politica che diventa partecipazione attiva alla vita pubblica, declinata attraverso un motto, quel Rimbocchiamoci le maniche titolo della serie prodotta da Endemol Shine Italy (da mercoledì 7 settembre in prima serata su Canale 5 per otto puntate) ma anche dichiarazione d’intenti. Sabrina Ferilli torna alla fiction – sono trascorsi quattro anni dall’ultima volta – con un progetto di cui è anche ideatrice, diretta da Stefano Reali, con cui aveva già collaborato ne Le ali della vita. Lo fa nel ruolo di Angela Tusco, capo cucitrice nella fabbrica La charmant: un ex marito (Sergio Assisi) con cui i rapporti sono ancora vivi, nonostante lui l’abbia tradita con una collega d’azienda (Michela Andreozzi), tre figli che si destreggiano tra infanzia e adolescenza, la scelta di candidarsi a sindaco del paese per modificarne il piano regolatore e salvare il posto delle operaie. «Una storia di donne alle prese con un quotidiano fatto di difficile normalità», dice l’attrice romana, interessata a spiegare come, dietro all’espediente narrativo, si celi il desiderio di affrontare tematiche di stretta contingenza.

Rimbocchiamoci le maniche è un titolo populista?

Ma no. Si parla di populismo quando la politica propone soluzioni che assecondano gli istinti più semplici, senza analizzare a fondo i problemi. Con questa fiction non facciamo politica. Il titolo rappresenta il desiderio di un gruppo di donne di mettersi in gioco per non perdere ciò per cui hanno sempre lottato.

Che cosa significa “rimboccarsi le maniche”?

Non delegare ad altri il proprio destino. Battersi in prima persona per difendere ciò che si ama. In questo progetto, la donna è al centro del racconto: come lavoratrice, come madre, come essere umano normale, con tutte le sue fragilità, i suoi errori. Un’atmosfera che, per certi versi, avevo vissuto ai tempi di Commesse.

Chi è Angela Tusco, il suo personaggio?

Una donna completa. Lavora, ha dei figli, ha dei rapporti sentimentali da gestire e da ricostruire. Decide di candidarsi a sindaco della sua comunità su pressione dei colleghi, come unica possibilità di salvaguardare la fabbrica in cui lavora. Inaspettatamente, grazie all’appoggio dei cittadini che si fidano della sua integrità, vince. Inizia così a destreggiarsi tra il suo nuovo incarico e la sua quotidianità.

Su quali valori fa leva per vincere, in un’era in cui le ideologie contano meno rispetto al passato e un amministratore viene valutato per la concretezza del suo impegno?

Mettendo in primo piano integrità e onesta. Sembra semplicistico, ma oggi sono termini finiti in soffitta. Si specula su tutto, persino su sanità e ospedali. Essere onesti significa non dare più per scontato quello che in teoria dovrebbe esserlo. La vita pubblica è soprattutto partecipazione.

L’integrità morale è un valore di per sé sufficiente per partecipare alla vita pubblica con risultati concreti?

La possibilità per i cittadini di mettersi in gioco senza delegare ad altri il compito di farlo è un punto di partenza importante. Poi, certo, conta molto la preparazione e la capacità di circondarsi di persone competenti. Anche Angela lo farà. In ogni puntata, verrà toccato un tema differente e riconoscibile dal pubblico: ludopatia, alcolismo, emergenza idrica nei comuni. Tante piccole storie di eroismo quotidiano. Il ruolo pubblico di Angela, nella fiction, diventa leva per descrivere le difficoltà del suo privato e la capacità tutta femminile di gestire i due aspetti.

La fiction è ambientata in un paese di provincia, Offidella. Questo perché il metro di misura per raccontare l’Italia sono i piccoli centri, i campanili?

La scelta è stata dettata da esigenze narrative. Raccontare una piccola comunità consente di sviscerare i rapporti tra i protagonisti, gli intrecci privati e sentimentali, le decisioni personali. Su larga scala, il racconto potrebbe essere traslato a una realtà più ampia.

Con una valenza didattica?

L’intento principale di una fiction è intrattenere. Benché io ci abbia messo anche parte di me, delle mie convinzioni ed esperienze. Con un messaggio importante: non rassegnarsi mai agli eventi.

La sua protagonista è anche madre di tre figli. In un ipotetico confronto generazionale, che consiglio darebbe alle nuove leve che si affacciano alla vita e al mondo del lavoro?

Direi loro di usare sempre la testa. Di non lesinare sulla passione per ciò che vogliono fare nella vita, non scordando la preparazione e lo studio, senza i quali si resterebbe in balìa degli eventi. Di non essere smaniosi di arrivare, ma di progredire passo dopo passo per sentirsi appagati.

Come vanno le cose a Roma dopo le amministrative?

Se mi sta chiedendo di Virginia Raggi, è presto per parlarne. Per ora sta mettendo insieme la giunta. Il suo operato potrà essere giudicato tra un paio d’anni, penso. Le polemiche di questi giorni sono sensazionalismo.

Rimbocchiamoci le maniche andrà in onda mercoledì 7, con la controprogrammazione di Un medico in famiglia sulla Rai. Vi preoccupa la competizione e vi siete chiesti se la fascia di pubblico da intercettare sia affine?

Non mi occupo più di tanto delle scelte di programmazione. L’idea di andare in onda a partire dal 7 settembre è nata diverso tempo fa e non è figlia di calcoli. Prendo atto che Rai1 abbia scelto di inserire nei suoi palinsesti Un medico in famiglia ma penso che la nostra fiction sia stata curata con attenzione certosina in tutti i suoi aspetti. È un prodotto di qualità, scritto ex novo senza attingere da format stranieri. Racconta sentimenti veri, c’è una narrazione verticale e una orizzontale, ogni personaggio è stato studiato nei dettagli. Non abbiamo nulla da temere. Del resto, nella mia carriera, sono sempre stata abituata a controprogrammazioni forti.

Nel recente passato è stata accostata a Discovery per il progetto Le vite degli altri, oltre che alla Rai per un programma a fianco di Fabio Volo. Sono voci concrete e potrebbero essere stimolanti?

A maggio ho discusso con Discovery di quella possibilità. Per il momento non c’è nulla di definito. Comunque non sarei libera prima della prossima estate. Senza contare che io pondero molto le mie scelte, ho bisogno di tanto tempo per calibrarle. Vedremo.

Però è confermata per Amici di Maria De Filippi.

Ad Amici mi diverto molto. Se Maria mi offrisse questa possibilità, è un’ipotesi che coglierei volentieri perché adoro quella trasmissione. Stiamo parlando comunque di aprile, come periodo.

A proposito di scelte personali: Sabrina Ferilli a che cosa ha rinunciato per arrivare dove è arrivata oggi?

A nulla. Se lo avessi fatto, non sarei arrivata fin qui. Ho sempre detto ciò che penso, se c’è qualcosa che non mi sta bene, non mi faccio problemi a segnalarla. Non mi sono mai risparmiata, anche a costo di finire in mezzo a qualche polemica.

C’è qualcosa che le manca, nel suo carniere professionale?

Sarebbe bellissimo portare sullo schermo Anna Karenina.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Sabrina Ferilli)