Pubblicato il 23/08/2016, 18:30 | Scritto da La Redazione
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Arriva la seconda stagione di Narcos su Netflix

Arriva la seconda stagione di Narcos su Netflix
Attesissima la nuova serie cult sul narcotrafficante Pablo Escobar. Così Gianmaria Tammaro sul quotidiano “La Stampa”.

Il re dei trafficanti di cocaina qui è tra cronaca e finzione

 

Rassegna stampa: La Stampa, pagina 29, di Gianmaria Tammaro.

Su Netflix la seconda stagione di “Narcos”.

Pancia in fuori, viso scuro, capelli mossi sfumati di grigio. Un maglione accollato con un’ancora ricamata sopra e un paio di jeans chiari, semplicissimi. Pablo Escobar viene avanti alla luce delle torce, le ombre che si allungano tra gli alberi e gli occhi che si stringono. Guarda dritto in faccia un soldato e gli chiede di passare. Tutto intorno a lui ci sono uomini armati: da una parte e dall’altra, chi lo difende e chi in teoria dovrebbe catturarlo. Il soldato gli dice che non può permetterglielo, ma Escobar non si ripete; prende una pausa e lentamente mormora: «Con permesso». Stacco, sfondo nero. La seconda stagione di Narcos, gioiello della corona di Netflix, può finalmente cominciare. Sparatorie, inseguimenti, sangue e, ovviamente, droga. Tanta droga. Droga come se piovesse. Una cascata bianca che non finisce mai. Che inizia dove inizia il potere di Pablo Escobar, e che si perde tra la gente, in strada, tirata su dal naso di qualcuno o ficcata a forza in un orifizio, per nasconderla alla polizia. Pablo Escobar è tornato ed è tornato pure Wagner Moura, l’attore che lo interpreta: un viso anonimo fino a qualche tempo fa, ma che ora viene osannato dalla critica e dal pubblico. E pensare che non è nemmeno colombiano, ma brasiliano.

Narcos non racconta solo la storia di uno degli uomini più pericolosi di sempre; ma racconta anche la storia di una leggenda e di un popolo, di un Paese e di un ideale. Non c’è onore tra ladri, si dice. Ma Escobar era per molti un santo, uno che aiutava la gente: ospedali, chiese; tutto quello che dovrebbe dare uno Stato ai suoi cittadini lo dava el senòr Escobar. Anzi, «el patron». Non «don», come usano i siciliani; e nemmeno «boss», per dirla all’americana. El patron, cioè patrono, protettore. A rimetterci, come sempre, erano gli ultimi. Non i politici, non l’esercito; ma quelli che si trovavano tra i due fuochi di una guerra senza fine e senza nome. Altro che Robin Hood: Escobar rubava ai ricchi e ai poveri, senza restituire niente a nessuno se non a sé stesso.

Nella seconda stagione di Narcos, Escobar è in fuga: deve nascondersi. Ricercato dal governo e dagli americani. Deve anche combattere i suoi rivali, quelli che osano sfidarlo; e intanto deve crescere due figli, essere marito e padre. L’uomo oltre il mostro. «Due miserie in una», avrebbe detto Gaber. Alla storia vera, documentata dai filmati di repertorio, Chris Brancato, Carlo Bernard e Doug Miro, che sono i tre creatori della serie, hanno saputo unire la finzione: dove finisce la cronaca, inizia la letteratura. Un alternarsi continuo, perfetto. Calibrato al millimetro. Come se Il cartello di Don Winslow non fosse più ambientato in Messico, ma in Colombia. Insieme a Moura, ritornano Boyd Holbrook, che interpreta Steve Murphy, e Pedro Pascal, che interpreta Javier Pena. Due cani contro un branco di lupi. Non uno, ma due pistoleri senza nome che dichiarano guerra al narcotraffico. Ed Escobar che sta lì, pronto ad accoglierli. «Plata o plomo, hermano?» Soldi o piombo, fratello?

 

(Nella foto una scena di Narcos)