Pubblicato il 25/07/2016, 17:32 | Scritto da Andrea Amato
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I cachet dei talent Rai rimangano segreti. E Di Maio ha fatto una brutta figura

I cachet dei talent Rai rimangano segreti. E Di Maio ha fatto una brutta figura
Un conto è la trasparenza sui dirigenti pubblici, un altro è sugli artisti, che hanno un mercato limitato. Poi, il deputato 5 Stelle ha fatto l’ennesima gaffe.

La polemica sugli stipendi Rai

 

La polemica di questi giorni sugli stipendi dei manager Rai ha diversi approcci. Il primo riguarda i vertici: presidente, direttore generale, direttori di rete, direttori dei tg, ecc… ed è evidente che essendo la Rai un’azienda pubblica questi emolumenti devono essere trasparenti e noti ai contribuenti che pagano il canone e le tasse. Discorso diverso per quei manager “parcheggiati” in attesa di ricollocamento o che semplicemente non rientrano più nei piani dei nuovi vertici. Mi riferisco, per esempio, a Lorenza Lei, Mauro Mazza e Alfredo Meocci, per fare solo alcuni nomi. In questo caso il problema è a monte: questi manager non dovevano essere assunti a tempo indeterminato, ma con un contratto a termine, eventualmente rinnovabile. Sappiamo perfettamente che sono dirigenti scelti da una classe politica non più al comando e quindi messi da parte dai nuovi potenti. I manager, se pubblici, devono sottostare a un tetto salariale, consono sia al valore di mercato, ma soprattutto ai bilanci dell’azienda. Sta poi al singolo dirigente scegliere se intraprendere l’avventura pubblica o se rimanere nel mercato delle aziende private, dove hanno la possibilità di trattare lo stipendio.

Discorso completamente diverso, invece, riguarda gli artisti, i talent Rai. Rendere i loro stipendi pubblici sarebbe un grave danno, che favorirebbe la concorrenza privata, in un mercato ristretto dove gli editori si contano sulle dita di una mano. Per capire di cosa sto parlando, faccio l’esempio di Flavio Cattaneo: dopo la presidenza Rai è andato a guidare Terna (rete elettrica), poi Ntv (treni Italo), poi Domus (immobiliare della famiglia Caltagirone) e oggi è a capo di Telecom Italia (telefonia), scelto dai francesi di Vivendi. Carlo Conti o Antonella Clerici, invece, dopo Viale Mazzini avrebbero ben poche alternative e tutte relative al loro mestiere artistico. Diffondendo i loro stipendi li si penalizzerebbe. I loro cachet dovranno essere rinegoziati di volta in volta e il loro valore commisurato al vantaggio che portano all’azienda. La crociata (politica) dell’onorevole Brunetta contro Fabio Fazio, per questo, è davvero inutile e pretestuosa.

Un’ultima nota, invece, la vorrei dedicare all’onorevole Luigi Di Maio del Movimento 5 Stelle, che più di altri sta cavalcando la polemica sugli stipendi Rai, ma soprattutto sul canone che da questo mese verrà addebitato nella bolletta elettrica degli italiani. Di Maio oggi ha twittato: «Questo mese paghiamo 70 euro di canone Rai, l’ennesimo balzello nella nostra bolletta elettrica. Molti cittadini, che dovranno affrontare questa spesa imprevista, si chiedono cosa stiano pagando con quei soldi». Raramente ho letto un tweet così “ignorante” e fa specie che provenga da un parlamentare pagato (profumatamente) con i nostri soldi. Il canone non è certo una spesa imprevista, visto che esiste da sempre, a parte per coloro che fino a oggi l’hanno evaso. Pagare il canone per avere un servizio pubblico televisivo è indispensabile, piuttosto il dibattito dovrebbe essere sui contenuti. Dobbiamo chiederci se l’azienda pubblica sta rispettando il suo compito e in caso contrario cercare di migliorarla. Questo mi aspetto da un deputato, non certo frasi populiste prive di ogni logica.

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Twitter@andreaaamato

 

(Nella foto la statua equestre di Viale Mazzini)