Pubblicato il 03/07/2016, 17:02 | Scritto da La Redazione

La tv di Freccero e quella di Campo Dall’Orto. Tre domande

Rai in attesa di capire cosa farà Roberto Benigni.

 

Rassegna stampa: Cavevisioni.it, di Maurizio Caverzan.

Ma insomma, come sono questi palinsesti Rai? E perché uno che se ne intende come Carlo Freccero ha votato contro? Le domande sorgono spontanee, e la risposta alla seconda – senza che il giudizio dello storico direttore di Rai 2 sia vangelo – aiuta a capire anche la prima. In questi giorni si parla del contratto di Gianluca Semprini e del ritorno dei soliti noti. Ok. Nel primo caso, forse un briciolo di attenzione in più alla forma si poteva avere. Magari l’ex conduttore di Sky Tg24 avrebbe potuto iniziare con un rapporto di consulenza per essere assunto tra un anno o due. Quanto a Santoro e Lerner li vedremo all’opera, ma direi che ormai sono nella condizione di non dover più dimostrare nulla. E allora, tornando a bomba? Il palinsesto presentato qualche giorno fa a Milano da Campo Dall’Orto e soci è un buon palinsesto, con molte novità e una filosofia coerente. Un palinsesto che ha due obiettivi: ringiovanire il pubblico e modernizzare il racconto della realtà, riformulando il linguaggio dell’informazione e dei talk show. E allora perché, dopo aver collaborato per tutti i primi mesi e fino a pochi giorni fa con il direttore generale, Freccero ha girato il pollice all’ingiù?

Al momento del voto in Consiglio d’amministrazione sono stati presentati i palinsesti dell’autunno 2016 senza fare i nomi di Michele Santoro e di Virginia Raffaele, non esattamente due dettagli insignificanti. Freccero ha parlato di “pensiero unico” e di “tv patinata”. Ma aldilà delle formule, forse l’ex direttore di Rai 2 e Campo Dall’Orto hanno due modi diversi di pensare la televisione. Per il primo è sangue, provocazione, motore della realtà. Un motore dirompente, anarchico, ruspante. Per il secondo è empatia, comunicazione, inclusione. Una filosofia organica, in cui la Rai deve muoversi da servizio pubblico, “ragionando da squadra”. Freccero tirava fiondate e poi cavalcava il conflitto, salvo poi pagarne il prezzo con l’emarginazione. Campo Dall’Orto, più pacifico che guerrigliero, è alla prova decisiva della carriera. La missione è cambiare la tv pubblica, rendere la Rai un’azienda capace d’interpretare lo spirito del tempo come non riesce più da almeno un decennio.

Terza domanda. Queste due filosofie possono convergere? Possono eccome. Rendere contemporanea la Rai può, e forse deve, passare per una televisione dirompente, incendiaria, totalizzante. Perché sia così, al palinsesto appena presentato mancano le famose dissonanze. Di volti e di linguaggi. In sostanza, mancano uno o più programmi che rappresentino l’area moderata e conservatrice del Paese. E manca la satira. Oltre le formule: dopo la rottura con Nicola Porro, felicemente approdato a Mediaset, il programma di Pietrangelo Buttafuoco è sparito dai radar causa forfait dell’autore Giuliano Ferrara. E ancora non si è individuata un’alternativa credibile. Quanto alla satira, complici le richieste economiche, Crozza è atterrato su Discovery Italia. E di Benigni che, dismesse le lectio religiose e civiche, potrebbe tornare al primo amore, si hanno ancora notizie frammentarie.

La satira e il pluralismo di volti e culture sono, dunque, gli elementi che potrebbero far ricongiungere gli immaginari di Freccero e Campo Dall’Orto. Purtroppo c’è di mezzo la politica. Non tanto e non solo nel senso che il primo è più vicino a Grillo e il secondo a Renzi. Ma nel senso che la politica, tramite certi vigilanti del potere, continua a mettere becco nel merito e appena c’è qualcosa che non le torna si straccia le vesti, scaglia reprimende, contesta conduttori e giornalisti, convoca commissioni, pretende giustificazioni. Con il risultato di intimidire chi non è abituato a fare tv in tempo di guerra e alla fine ha proposto un palinsesto un tantino “spaventato”. Per non aggiungere ulteriori grattacapi a un percorso già sufficientemente accidentato.

 

(Nella foto Antonio Campo Dall’Orto)