Pubblicato il 03/05/2016, 11:32 | Scritto da Hannibal

Max Pezzali: Imparo dai giovani – La Gabanelli fa più ascolti del Concertone

Dai giovani ho tanto da imparare

Rassegna stampa: Tv Sorrisi e Canzoni, pagina 42, di Andrea Di Quarto.

Max Pezzali ci parla della sua esperienza a “The Voice of Italy”, del suo nuovo album e del tour in partenza. “In tv e quando faccio la mia musica mi piace lavorare con artisti nuovi ed emergenti», racconta il cantante a Sorrisi.

Sono giorni intensi per Max Pezzali. Da diverse settimane è impegnato su Rai 2 come coach nella sfida di The Voice of Italy, dove assicura: «C’è uno dei miei cantanti che li stenderà tutti». E il 13 maggio esce Astronave Max New Mission 2016, qualcosa di più di una semplice riedizione del suo ultimo album di inediti Astronave Max. Il disco viene ripubblicato con l’aggiunta di due canzoni nuove: Due anime e Non lo so, più un secondo cd, Max Best Live, una sorta di succosa anticipazione del tour che partirà il 29 giugno da Roma e che farà tappa nelle principali città italiane. «Per me il tour è sempre uno degli aspetti più belli di questo mestiere» racconta Max, che incontriamo a Milano negli uffici della Warner Music. «La vita in comune con la band, il contatto diretto con il pubblico, non vedo l’ora di riprovare tutto questo».

Partiamo da The Voice, come sta andando?

«Dapprima ero scettico, una cosa del tipo: “Che diritto ho io di giudicare gli altri?”. Poi ha prevalso la voglia di uscire dalla routine “disco-promozione-tourraccolta-disco”. Ho pensato che forse avrei potuto trasmettere qualcosa di quello che ho imparato in questi 25 anni nell’ambiente musicale. Far passare il concetto che il talento è uno strumento, ma che non basta se non passa anche quel qualcosa di irrazionale e di non misurabile che fa la differenza».

Perché nelle Blind audition non si girava mai per primo?

«In realtà, dopo il primo giorno di audizioni io avevo praticamente formato la squadra e non volevo rischiare di essere costretto a prendere un talento sbagliato. Il montaggio, per esigenze “narrative”, ha spalmato le mie scelte lungo tutto il percorso. Poi conta anche la strategia non posso mica lasciar vincere il mio amico Emis Killa».

Facendo il coach a The Voice, per alcuni ragazzi lei rappresenta la grande occasione per entrare nel mondo della musica. I suoi inizi come sono stati?

«Io e Mauro (Repetto, l’altro componente degli 883, il gruppo degli esordi, ndr) c’eravamo innamorati dell’allora neonato hip hop, era l’85 o l’86, e volevamo fare rap. Mandammo anche un brano a Jovanotti, all’epoca dj, che lo passò nel suo programma a Radio Deejay. Cantavamo in inglese e in verità eravamo alquanto improbabili come rapper, quindi decidemmo di scrivere canzoni. Mauro disse: “Dobbiamo trovare qualcuno che creda in noi”. Andò alla Sip, come si chiamava allora la Telecom, e recuperò le “Pagine gialle” di Milano alla voce «Case discografiche». Contattammo la Warner, ma in realtà non si trattava della casa discografica, bensì delle edizioni musicali. Ci fecero un contratto editoriale da poche centinaia di migliaia di lire per consegnare un sacco di brani al mese. Non ne venne fuori nulla di concreto, ma fu un’esperienza importante perché avere delle scadenze per i brani da consegnare mi fece capire che la musica è un mestiere. Che non vuol dire mettere la creatività al servizio degli obblighi, ma che il talento e la creatività senza disciplina non vanno da nessuna parte».

Funziona ancora così per lei?

«Certo. Non credete a tutte quelle sciocchezze sull’ispirazione che arriva di notte. Una cosa è scherzare o provare gli strumenti, un’altra scrivere canzoni. In questo caso, almeno per quanto mi riguarda, devo immergermi completamente, pensare solo a quello, fare solo quello. Allora sì che nel sonno ti viene l’idea su quell’accordo o quel verso che ti mancava!».

Uno dei due pezzi inediti del suo nuovo album è opera di Niccolò Contessa, anima del progetto musicale indipendente I Cani…

«Sì, abbiamo scritto insieme il singolo “Due anime”. Mi è piaciuto molto farlo perché Niccolò è una delle penne migliori in circolazione. Avevo questo pezzo che girava tra i miei appunti da mesi, ma non ero del tutto convinta. Lui mi ha aiutato a metterlo a fuoco, ed è stato il suggello di una stima reciproca».

Non è la prima volta che lavora con artisti emergenti.

«Credo che sia fondamentale non chiudersi in se stessi e cercare di creare continuità tra il proprio lavoro e quello che fanno delle persone che in qualche modo rappresentano il futuro. Per me è importante quello che posso imparare da ragazzi come Contessa, riuscire a contaminarsi. E il discorso vale anche per l’altro inedito, che ho scritto con Zibba, uno dei giganti della scrittura. Nulla è più pericoloso, per chi fa il mio mestiere, dell’autoreferenzialità. Specialmente dopo avere scritto più di cento canzoni».

Per molti artisti giovani lei è una sorta di icona pop, eppure alle volte si ha la sensazione che sia sorpreso da questo.

«È vero, perché spesso non si ha un’idea reale di quale sia l’effetto che i propri pezzi suscitano nelle persone. O al limite lo si immagina. Ma è sempre qualcosa che deriva dalla propria percezione e non è detto che sia quella giusta. Quando trovi delle persone, magari diversissime artisticamente da te, che si sono appropriate di qualcosa di tuo e questo ha permesso loro di realizzare delle cose completamente diverse, ti stupisci».

Prima diceva delle sue oltre cento canzoni, eppure non è molto prolifico: quattro album d’inediti dal 2004 a oggi, la media di uno ogni tre anni. Da che cosa dipende?

«In parte dal fatto che tendo a essere ipercritico nei confronti di quello che faccio. In generale in giro c’è una compulsività dei consumi, compresi quelli musicali, che porta alla bulimia. Da parte di chi la musica l’ascolta, perché ne ha disposizione troppa, e da parte di chi la produce, che grazie al digitale non ha limiti. Ecco, credo che le emozioni vadano fatte sedimentare, altrimenti il rischio è di diventare un po’ troppo dei mestieranti. A me piace scrivere, fermarmi e riascoltare quello che ho composto un po’ di tempo dopo, per vedere se ha ancora lo stesso impatto emotivo. Credo che sia necessario prendersi il tempo che occorre se si vuole fare qualcosa che sia al di sopra della soglia del rumore».

Anche la Gabanelli fa più ascolti

Rassegna stampa: Libero, pagina 12, di Francesca D’Angelo.

In prime time la kermesse non ha superato il 5%. Polemiche dei big contro l’organizzazione.

Il concertone del Primo maggio è come Miss Italia: nessuno lo guarda più, pochi ne afferrano ancora il senso e l’unica certezza che rimane sono le polemiche del giorno dopo. Non certo, però, ad opera dei sindacati o di qualche loro adepto studentello. Domenica nella piazza di San Giovanni i cori e gli slogan erano infatti praticamente assenti. Stessa antifona sul palco, dove non è successo nulla in grado di turbare i sonni del governo: nessuna proclamazione astrusa da parte del cantante radical di turno. A tener banco è stata invece una polemica squisitamente musicale, che vede protagonisti i Marlene Kuntz. Per capire quanto è accaduto occorre però fare una premessa: la band piemontese, insieme agli Skunk Anansie e a un altro paio di nomi al massimo, era di fatto uno dei pochi gruppi musicali presenti sul palco a vantare un’ampia fama nazionale. L’organizzazione doveva quindi stendere loro un tappeto rosso.

Invece lo staff è riuscito nell’ardua impresa di sabotarli: dopo le prime due canzoni della band, ossia «Sulla strada dei ricordi» e «Il genio», il comico Max Paiella è spuntato sul palco come un fungo, prendendo la parola. Dal canto loro i due conduttori, Luca Barbarossa e Mariolina Simone, si sono guardati bene dal richiamare agli ordini Paiella e hanno iniziato a dargli corda, parlando dal palco secondario. Morale: i Marlene Kuntz se ne sono andati e la loro terza canzone in scaletta è saltata. La band non l’ha però presa bene: su Facebook ha postato una foto di quattro diti medi alzati, corredata da un eloquente post. «Per un pasticcio di qualche tipo è stata tagliata “Nuotando nell’aria”. Evitiamo di voler capire quale tipo di pasticcio è stato: ma a volte in Italia se fai rock in un certo modo sei veramente un marziano. Che Paese…». Poi in seguito la band ha aggiunto: «Siamo scesi molto incazzati dal palco, al termine della nostra esibizione. È una distrazione che non ci meritiamo, abbiamo dieci dischi alle spalle, e di sicuro a Skin e agli Skunk Anansie non sarebbe successo».

A “punire” però il Concertone ci hanno pensato i risicati dati di ascolto: in prime time l’evento ha fatto praticamente come l’anno precedente, ossia 1 milione di spettatori e il 5% (nel 2015 erano 934 mila e il 4,2%). Milena Gabanelli, con Report, ha più seguito. Non sono mancate inoltre le critiche in presa diretta, su Twitter (#concerto 1 maggio): c’è chi si chiedeva chi fosse questa Mariolina Simone, chi si interrogava sul senso della manifestazione, prossima a diventare una “sagra”. E in fondo se lo sono chiesto anche gli stessi artisti: «Il pubblico più politicizzato forse si è spostato a Taranto ma è giusto così, qui la gente viene per fare festa», prova a spiegare Fabrizio Moro. L’ex Avion Travel Fausto Mesolella incalza: «Sinceramente di Bella ciao non se ne può più, abbiamo già dato, è una storia anche musicale che ci possiamo lasciare alle spalle». Superlavoro invece per i carabinieri che hanno arrestato 40 pusher.

(Nella foto Max Pezzali)

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