Pubblicato il 01/05/2016, 14:02 | Scritto da La Redazione
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Paolo Messa, consigliere Rai: Campo Dall’Orto? Il rodaggio è finito

Paolo Messa, consigliere Rai: Campo Dall’Orto? Il rodaggio è finito
Il quotidiano “Libero” intervista il membro del cda di Viale Mazzini, che fa un bilancio del lavoro di Antonio Campo Dall’Orto.

Paolo Messa, consigliere di Viale Mazzini: “La Rai deve avere un canale in inglese. Campo Dall’Orto? Il rodaggio è finito”.

Rassegna stampa: Libero, pagina 11, di Enrico Paoli.

La lettera di richiamo dell’Agcom, le critiche fortissime dalla Vigilanza, Pd incluso, e da ultimo, non meno importante, la bocciatura dei fondi privati all’assemblea dei soci di Rai Way. Paolo Messa, lei è nel cda Rai… Campo Dall’Orto è entrato in crisi?

«Stiamo attraversando un periodo di difficoltà. O entriamo nel pantano o ne usciamo più forti. Io scommetto sulla seconda. Questi primi nove mesi sono stati una sorta di rodaggio. Adesso al dg tocca aprire una fase nuova, fare uno slancio per dimostrare che le aspettative verso questa gestione sono state ben riposte».

Ci crede davvero? Nella stessa maggioranza sono tanti a storcere il naso e ad accusare il dg di aver riempito l’azienda di suoi amici ed ex collaboratori.

«Questo vertice è la cavia di una riforma che a viale Mazzini è considerata più che rivoluzionaria. Affrontare questa novità non è facile. Nessuno era preparato. Molte delle nomine, delle assunzioni e delle consulenze non passano neanche dal Cda».

Quindi reclama più poteri per il Consiglio?

«Assolutamente no. Anzi. Penso che sia giusto che ogni azienda abbia un capo azienda e non nove».

Un settore decisivo è quello della fiction, il racconto del Paese. Da molto tempo la Rai sembra gestire il proprio budget a spezzatino: tante fiction di due puntate per accontentare tutti, «ispiratori», politici, produttori. Alle parole di Campo Dall’Orto devono seguire fatti concreti. Siamo già in ritardo?

«Il dg ha avocato a sè le scelte per la fiction. Nei prossimi giorni presenterà ai produttori televisivi il piano editoriale 2016-2018. Non lo conosco, ma mi attendo grandi novità. Per me quel che conta è, da un lato, accelerare i tempi di attivazione e realizzazione delle fiction e, dall’altro, avere procedure standard e trasparenti per poter valutare in modo chiaro ed uniforme i singoli progetti. La governance del settore non è un fatto burocratico ma la premessa di una crescita industriale».

Si parla con insistenza del prossimo valzer dei direttori dei Tg. E necessario oppure è solo un rito da prima Repubblica del quale non si può fare a meno?

«L’informazione Rai può avere tanti difetti ma gli italiani con i loro ascolti dimostrano di avere fiducia nel lavoro dei nostri giornalisti. Non so se il dg vorrà proporci cambiamenti. Come consigliere non penso però che il problema sia quello che già c’è. Mi preoccupo di quello che manca».

Cioè?

«Ogni Paese che si rispetti ha un canale di informazione in lingua inglese. La nostra scommessa strategica sul piano internazionale richiederebbe una riflessione su questo. Per non parlare della opportunità di avere sul digitale un canale radio con contenuti in arabo per diffondere messaggi di deradicalizzazione e di integrazione».

Molti si pongono la domanda se ha ancora senso definire la Rai servizio pubblico.

«Dipende da quello che fa. Campo Dall’Orto in un’intervista ha detto che “dobbiamo meritarci il canone degli italiani”. Condivido pienamente. Il luogo in cui ora ci si deve misurare è quello della concessione».

Intanto il piano industriale è stato accolto con freddezza bipartisan…

«Quel piano è buon un punto di partenza approvato all’unanimità. Sarà completato con la concessione del servizio pubblico. I capitoli relativi alla tivù dei ragazzi e a Rai cultura, per esempio, saranno notevolmente irrobustiti».

Non le basta aver tolto la pubblicità da Rai Yo Yo?

«Certo che no. Se è per questo la produzione di cartoon è passata dalla fiction a Rai Ragazzi. Un’ottima novità. Ora però bisognerà metterci le risorse e dare un verso a queste produzioni. Il cuore del servizio pubblico è nei bambini».

Programma ambizioso. E il canone in bolletta darà più risorse alla Rai. Questa iniezione di soldi non rischia di far perdere all’azienda la mission della riduzione dei costi e del contenimento delle spese?

«Il passaggio da broadcaster a media company non è un ritornello vuoto ma una esigenza reale, urgente. Dobbiamo fare leva sugli investimenti, senza dimenticare che spendiamo soldi pubblici. Mi auguro che riusciremo a contemperare le diverse esigenze, compresa quella del graduale abbattimento del debito».

(Nella foto Paolo Messa)