Pubblicato il 23/04/2016, 15:02 | Scritto da Gabriele Gambini

Lorenzo Branchetti: Ecco perché ho sostituito Antonella Clerici

Lorenzo Branchetti: Ecco perché ho sostituito Antonella Clerici
TvZoom ha incontrato il giovane conduttore toscano che ha sostituito Antonella Clerici per 4 giorni alla conduzione de "La prova del cuoco", facendosi raccontare qualcosa di lui e dei suoi progetti.

“Sono passato negli studi Rai per salutare dei colleghi. Mi hanno informato del malore di Antonella e mi hanno catapultato al centro della scena”.

«Io sono nato pronto!», sentenziava uno spavaldo Kurt Russell nel film Grosso guaio a Chinatown dinanzi alla domanda: «Sei pronto?». Ecco, la storia recente di Lorenzo Branchetti è la storia di qualcuno che si è fatto trovare pronto davvero. Certo, non ha sgominato bande di cinesi armati di mannaia come mister Russell, ma ha gestito sapientemente sfide tra cuochi armati di coltelli e di saporiti istinti culinari. Nato a Prato, classe 1981, robusta formazione teatrale alle spalle, 12 anni di palestra televisiva con la Melevisione, storico format di Rai 3 e di Rai YoYo per il target kids, nel ruolo del folletto Milo Cotogno. Amici che, dietro le quinte, gli ricordano come la tv dei ragazzi sia stata trampolino per Carlo Conti, Fabrizio Frizzi, Paolo Bonolis. Poi è arrivata l’esperienza nelle rubriche del sabato a La prova del cuoco. Culminata con la conduzione del programma nei 4 giorni di sosta ai box di Antonella Clerici, attanagliata da una colica biliare. Oggi si gode i complimenti della domina del programma di Rai 1 («Hai condotto bene e hai avuto rispetto per il programma, sei pronto a spiccare il volo», gli ha detto la Clerici). Salutando il riscontro di pubblico con l’entusiasmo di chi trasforma i dati anagrafici in auspici: «Faccio parte della nuova generazione di attori e conduttori», spiega, «non ho fatto niente di straordinario, ma spero di cogliere altre opportunità per essere messo alla prova e crescere».

La prima persona che ha chiamato nel primo giorno di conduzione de La prova del cuoco?

Mia mamma. Lei è una fan assidua del programma, sapevo che, nel vedermi catapultato alla conduzione in una circostanza del tutto fortuita, si sarebbe emozionata.

Come è nato tutto?

Arrivo nello studio per salutare un po’ di colleghi. Mi informano che Antonella non si sente bene e non può condurre. Gli autori mi squadrano. D’un tratto, mi applicano il microfono e mi dicono che, nell’emergenza della situazione, sarebbe toccato a me gestire il programma. Mi ritrovo davanti alle telecamere, con il compito di portare Anna Moroni al centro della scena. Poi scatta la pausa pubblicitaria di tre minuti, il tempo necessario per spiegarmi che cosa avrei dovuto fare.

A che cosa pensava, in quel momento?

Non ho avuto il tempo di emozionarmi. La pressione alimentava il senso di responsabilità. Mi sono limitato a gestire le basi del mestiere, rimanendo concentrato. Fino al lancio del Tg1. Dopodiché mi si sono piegate le gambe a metà, lo stress è esploso all’improvviso.

Pensava che sarebbe stato un episodio singolo, del tutto casuale.

Non avrei immaginato che sarebbe stato il primo di quattro giorni di conduzione. Endemol e Rai sono rimasti soddisfatti, i numeri erano positivi. Quel che mi è capitato è l’esempio pratico di come una giornata qualunque, da cui non ti aspetti niente, possa riservare delle sorprese.

Antonella Clerici le ha fatto i complimenti.

La prova del cuoco è Antonella. È forte come un treno in corsa. Il pubblico identifica il programma con lei. Per questo le sue parole mi hanno toccato. Mi ha fatto piacere anche ricevere i complimenti sui social. Il rischio di essere criticato, c’era.

Gestendo già una rubrica del sabato, lei conosceva le dinamiche della trasmissione.

Il profumo del programma lo conoscevo. Ma facendo solo il sabato, vivo un’atmosfera diversa rispetto al resto della settimana. Non conoscevo, per esempio, le dinamiche della gara tra cuochi. Ho interagito con personaggi mai incontrati prima. Ho avuto a che fare con un buon margine di improvvisazione, credo che sia andata bene perché mi sono limitato a gestire la situazione senza strafare. Poi ho un mio talismano magico…

Quale sarebbe, questo talismano?

La Melevisione.  Da 12 anni la vivo splendidamente. Ringrazio la produttrice e capostruttura MussiBollini perché si è spesa attivamente per me. Ha detto che merito di raccogliere i frutti di anni di impegno. Me lo auguro. Senza Melevisione, non sarei mai arrivato a La prova del cuoco.

La Melevisione si occupa di entertainment per bambini e ragazzi. Un tipo di tv dalla struttura ben precisa e con delle incognite: parlare a un target kids richiede uno sforzo di credibilità.

C’è un ingrediente imprescindibile per fare quel tipo di tv: i bambini sono delle spugne, assorbono tutte le informazioni date loro, capiscono al volo se li stai prendendo in giro. Non sono scemi. La credibilità coincide con la sincerità. Devi trattarli come delle persone e fornire loro spunti di pensiero. Se iniziano a fidarsi di te, ti seguono. Tra me e il folletto Milo Cotogno, in fondo, non c’è sostanziale differenza.

Qualche ricordo degli esordi?

Alla Melevisione ci sono arrivato – anche in quel caso- in virtù della sostituzione del precedente protagonista, Danilo Bertazzi, che interpretava Tonio Cartonio. Sono stato selezionato tra centinaia di provinati. L’atmosfera del Centro Produzioni Rai di Torino è davvero formativa. Negli anni, con i bambini, abbiamo affrontato anche argomenti spinosi. Puntate speciali in cui si parlava di morte, di molestie sessuali. Temi delicati che siamo riusciti a declinare con efficacia e credibilità, senza deragliare.

Da trentenne con militanza attiva nel mondo della tv: è un ambiente meritocratico, per le nuove leve?

Né più né meno di qualsiasi altro ambiente lavorativo, credo. In ogni ambito ci saranno sempre dinamiche umane positive e negative, che potranno favorire o minare un percorso. Oggi come oggi, per i trentenni, non è facile farsi strada, le opportunità non piovono da cielo. Cerco di far tesoro degli insegnamenti del mio maestro di teatro (“Fatti trovare sempre preparato”, mi diceva) e di mantenere un atteggiamento positivo e propositivo nei confronti di tutti i colleghi. Sembrerà retorico, ma sono convinto che fare del bene porti del bene. Non sarò mai un approfittatore. Alle strette di mano di circostanza, preferisco i sorrisi sinceri.

Fermo restando che questo è ciò che voleva fare, nella vita. Senza piani B?

Da piccolo leggevo Il manuale delle Giovani Marmotte. Ricordo un numero speciale in cui si parlava del mestiere di attore. Mi innamorai di quelle parole, sognando di fare teatro. Ho iniziato alla scuola dei musical, con Franco Mescolini, Simona Marchini. Ho studiato molto. A 20 anni ho girato delle pubblicità, poi è arrivata la Melevisione.

Tv affiancata a teatro.

Io sognavo il cinema, è arrivata la tv e ne sono molto felice. Nel periodo di gavetta, ho fatto anche il gelataio a Roma, per tre anni. Ma con lo stesso spirito positivo e con voglia di divertirmi. Affliggersi non serve a nulla.

Chi è oggi, Lorenzo Branchetti?

Un giovane uomo single – se l’amore deve arrivare, arriverà – che nel suo privato adora cucinare. Che gioca a calcetto con gli amici e va al cinema abbastanza spesso. Un timido. Con qualche piccola vanità, come il guardarsi allo specchio prima di uscire alla mattina per controllare che tutto sia a posto.

Per strada le capita di essere riconosciuto?

Mi riconoscono quelli che erano bambini nei primi tempi della Melevisione e che oggi sono diciottenni. Fa uno strano effetto. Il tempo passa.

Come lo vorrebbe investire, il tempo che passa, professionalmente parlando?

Cogliendo le opportunità che l’azienda vorrà darmi. Spero che vogliano rischiare utilizzandomi ancora per nuovi progetti. Per esempio, Lo Zecchino d’oro sarebbe un sogno bellissimo, da coronare.

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Lorenzo Branchetti)