Pubblicato il 04/04/2016, 11:34 | Scritto da La Redazione

Cecchi Paone: “Mi presento: sarò il nuovo Emilio Fede” – Ricci: “Berlusconi non uscirà mai di scena”

Cecchi Paone: “Mi presento: sarò il nuovo Emilio Fede” – Ricci: “Berlusconi non uscirà mai di scena”
Da stasera alla conduzione del Tg4: “Farò un tg lungo un'ora, Berlusconi mi voleva già negli anni Novanta ma i tempi non erano maturi”. E poi l'inventore di ‘Striscia’: “Ora Grillo lascerà che il Movimento vada avanti da solo”.

Rassegna stampa: Libero, pagina 11, di Alessandra Menzani.

Cecchi Paone: “Mi presento: sarò il nuovo Emilio Fede”

Da stasera alla conduzione del Tg4: “Farò un tg lungo un’ora, Berlusconi mi voleva già negli anni Novanta ma i tempi non erano maturi. Senza di lui è finito il centrodestra”.

Probabilmente in pochi se lo ricordano, ma il suo esordio televisivo, nel 1977, è stato alla conduzione in Rai del telegiornale per ragazzi. Al Tg2, poi, è stato l’anchorman dell’edizione delle 13. Quando è approdato a Mediaset, negli anni ’90, gli promisero che sarebbe stato il nuovo Emilio Fede. La cosa sfumò, e Alessandro Cecchi Paone, 55 anni, romano, segno della Vergine, fece moltissime altre cose: La macchina del tempo, Appuntamento con la storia, il candidato parlamentare ed europarlamentare con Berlusconi, un famosissimo coming out in cui si definì «omo affettivo», il conduttore di GayTv, il naufrago dell’Isola dei famosi, il professore universitario, l’opinionista per ogni stagione. Ma quella antica promessa non è stata dimenticata: dopo 20 anni, il divulgatore scientifico e showman sarà davvero il nuovo Emilio Fede. Da stasera (ore 18.55) condurrà l’edizione serale, rinnovata ed extra-large, del Tg4. «Sono carichissimo», dice.

Come è nata questa idea?

«Ero felice e tranquillo, ero su tutte le tv, anche due volte al giorno, tutti mi chiamavano per fare l’opinionista: sono l’unico commentatore moderno e proiettato verso il futuro. Pensavo di andare avanti così. Poi mi è arrivata la proposta. Pier Silvio Berlusconi vuole rilanciare il Tg4 come testata di spicco e ha pensato a me come anchorman. Io nasco come telegiornalista, con questa svolta si compattano 40 anni di esperienze professionali».

Appena arrivò a Mediaset negli anni ’90 le prospettarono proprio la sfida di prendere il posto di Emilio Fede.

«Curioso. La famiglia Berlusconi è un editore che non dimentica le promesse. E all’epoca i tempi non erano maturi per quel salto ma non me l’ero presa, feci la Macchina del tempo e fui felice».

Emilio Fede lo ha sentito?

«Non ho mai avuto rapporti con lui né lui con me».

Non avete rapporti, ma Fede parla di lei eccome. In questi termini: «Da quando sono andato via gli ascolti sono calati e così hanno chiamato Cecchi Paone, siamo passati dal davanti al didietro, ammesso che ci sia un pisello…». E, riferendosi alla sua omosessualità, si dice preoccupato «per il pubblico delle famiglie, le mie vecchiette, le persone anziane. Quelli che credono alla famiglia tradizionale e non sanno cos’è l’utero in affitto e cose del genere».

«Emilio Fede non sa che le famiglie italiane sono migliori di lui e che nonostante lui sono rimaste per bene. Il resto delle sue parole si commentano da sole. Lo scriva pure».

Farà editoriali appassionati?

«No. Farò un tg rispettoso di tutte le opinioni, della durata record di un’ora, raddoppiato rispetto a prima: non era mai successo. Per ogni notizia, fornirò le mie spiegazioni, sarà un continuo colloquio con il pubblico».

Una conduzione alla Mentana, quindi.

«L’idea è di abbinare il tg al suo anchorman. Il Tg4 sarà Cecchi Paone. Ma non sarò così “mitraglia”. Informerò e presenterò una lettura dei fatti. Sarà una Macchina del tempo dell’informazione: tutti ricordano quel programma. Sarò vicedirettore dell’edizione alle dipendenze di Mario Giordano, con cui ho grande affinità nella passione e creatività. Vogliamo coccolare il pubblico classico che segue il Tg4, ma anche allargare il target».

Non è un po’ strano che dopo aver fatto due volte il naufrago de L’isola dei famosi adesso conduca un telegiornale?

«No. Sono anni che esiste una convergenza tra informazione e spettacolo, il cosiddetto infotainment. Mi hanno sempre considerato un divulgatore un po’ aristocratico, alla Augias o alla Piero Angela, faccio anche il professore universitario, però la tv popolare e generalista mi ha sempre stuzzicato. All’Isola è emersa la mia parte più umana e spontanea. E le mie due anime si sono fuse. Secondo analisi di marketing, le posso garantire che sono ritenuto affidabile e credibile. Eccomi qui, dunque».

Quando fece L’isola, la conduttrice era Simona Ventura. Che effetto le fa vederla come concorrente?

«Nutro per lei grande rispetto. Era la conduttrice autoritaria e un po’ sadica, oggi ha dimostrato grande coraggio a buttarsi nella mischia».

A L’isola Simona le disse: «La tua spocchia puoi mettertela da qualche parte».

«Tutti la temevano, io no. La nostra lite nacque dal mio rifiuto di bruciare la fotografia del naufrago che volevo mettere in nomination. Bruciare la foto mi sembrava un gesto tra il Ku Klux Klan e il nazismo, di cui mi sarei vergognato davanti ai miei nipoti. Facemmo il 45% di share con quello scontro. Per quel gesto, Simona mi ha rispettato».

Fu epica anche la sua lite con Vittorio Sgarbi sul tema della Chiesa e dell’omosessualità.

«Mi disse trenta volte “capra”. Fui il primo a essere chiamato così. Vittorio urla quando si sente superiore agli altri, e il più delle volte lo è. Ma io rimasi calmo e silenzioso: questo lo spiazzò. Poi ci chiarimmo, adesso siamo amici».

Dopo il coming out ha avuto anche un periodo in cui si cimentò in una serie di indovinelli gay: “In Forza Italia ci sono almeno 10 gay”; “Nella nazionale ce ne sono tre”; “Sono stato con un azzurro ma non vi dico chi”. Confessi: ha esagerato.

«Era una precisa strategia di comunicazione per rompere i tabù all’interno della mia battaglia per la conquista dei diritti civili. Qual è l’ambiente più maschile e più popolare d’Italia? Il calcio. Ecco quindi che andavo a toccare la nazionale. La politica blocca la legge? Allora parlo dei politici che la bloccano ipocritamente visto che sono omosessuali. Oggi non è più necessario. Con la Cirinnà abbiamo una legge non perfetta ma almeno c’è».

E cosa ne pensa dell’utero in affitto e del figlio di Nichi Vendola?

«Io l’utero non lo affitterei, come non sono favorevole all’eterologa. Ma sono anche libertario e non impongo le mie idee a nessuno».

Oggi mi sembra meno infervorato nelle battaglie gay, o no?

«Se scopro episodi d’omofobia sono disponibile. Ma sono meno impegnato, come dicevo, perché oggi finalmente una legge c’è».

È fidanzato?

«Sono single ma sono finalmente pronto per l’amore. Adesso che ho stabilità lavorativa e un unico progetto posso pensare a una vita privata più stabile. Sposo il Tg4 e vorrei sposare anche un uomo: ora si può. Nel passato ho reso pubbliche le mie storie per rafforzare la battaglia per i diritti ma la cosa non ha fatto bene alla sfera sentimentale».

È difficile stare con lei?

«No, sono un uomo di progetto. Credo nella convivenza, nella coppia e nella fedeltà. Le confido cosa è successo con la mia ultima storia importante, due anni fa. Lui era un giovane avvocato americano-israeliano. Andavo avanti e indietro. Lui mi dice: “Sono americano, possiamo sposarci in Usa così tu avrai la doppia cittadinanza. Oppure possiamo fare un’unione di fatto in Israele: tu avresti il doppio passaporto”. Ma io non gli potevo dare nulla. Non lo potevo “regolarizzare”, non gli potevo offrire una prospettiva, visto che in Italia non c’era una legge. Così ci siamo separati. Peccato, era un grande amore».

Buttiglione le disse “peccatore”, Sgarbi “ateo fasullo”, Vattimo “cloaca umana”. Quale frase che in assoluto l’ha più ferita?

«Le persone che usano offese e turpiloquio sbagliano, ma posso tacitarli. Con Vattimo mi sono chiarito: lui è comunista, io liberale, due mondi opposti. La cosa che mi ferì di più successe durante un dibattito in televisione in cui difendevo i diritti delle minoranze e mi dissero: “Taci. Tu, essendo omosessuale, sei sterile”. Successe in Rai, uscii da quello studio piangendo. Come tutti sanno, sono stato sposato con una donna per dieci anni. Non ho mai voluto figli, ma quella definizione e quella ferocia mi fecero molto male».

È stato repubblicano, forzista, socialista, ancora repubblicano e anche radicale. In politica è stato «indeciso» come nell’amore?

«Il recinto è sempre stato lo stesso. Nasco come allievo di Giovanni Spadolini, di cui sono stato assistente. Radicale lo sono stato nella battaglia per i diritti civili. A Forza Italia ho aderito nell’entusiasmo della rivoluzione liberale sognata da Berlusconi. Non mi sembrano cose contraddittorie».

E oggi?

«Il mio cuore è per la famiglia Berlusconi. Silvio, Pier Silvio e anche Marina: con lei ho fatto i libri della Macchina del tempo. Oggi non potendo votare per il Cavaliere non saprei. Meno male che le politiche non sono imminenti. Il centrodestra non lo vedo, la speranza è che nasca un nuovo grande partito. Candidarmi? L’ho già fatto due volte per dimostrare l’anima laica di Forza Italia, ho già dato».

In tre parole come descrive politicamente il suo Tg4?

«Lo definirei trasparente, liberal-democratico e internazionale. L’Italia soffre di provincialismo, i giovani soprattutto rischiano di essere tagliati fuori».

 

Rassegna stampa: Corriere della Sera, pagina 18, di Aldo Cazzullo.

Antonio Ricci: “Berlusconi non uscirà mai di scena. La Rai? Farei un programma per loro”

L’inventore di ‘Striscia’: “Ora Grillo lascerà che il Movimento vada avanti da solo”.

Tra i casermoni grigi di Mediaset ce n’è uno coloratissimo. Il pubblico passa lungo una fila di tapiri tipo sfingi a Luxor, entra attraverso la bocca di un gigantesco Gabibbo, visita il museo sui 28 anni di Striscia la Notizia nel Guinness dei primati per la trasmissione satirica più longeva -, e poi segue la diretta con Ficarra e Picone. «Quando ci siamo trasferiti qui a Cologno da Milano 2, dovevamo segnare il territorio. Tipo califfato», sorride Antonio Ricci. Nel museo c’è una sola foto sua, mentre tiene un corso alla Sorbona.

Ricci, con il francese come se la cava?

«Tres bien, merci».

Presto potrebbe tornarle utile, Berlusconi venderà davvero Mediaset a Bolloré?

«Je m’en fiche. Tenteranno di fare una cosa che stia in piedi. Tutti i gruppi editoriali si stanno unendo. Anche se non ho capito perché De Benedetti ha comprato La Stampa, visto che ce l’aveva già».

Cosa intende?

«La linea di Stampa e Repubblica era già la stessa: renziana».

Ma Berlusconi secondo lei vende tutto, e si libera pure del partito? O prova a rilanciare?

«Berlusconi per ora si è impantanato. L’altro giorno abbiamo messo in scena il Cavaliere Mascarato che perdeva i pezzi. Ma non finirà certo ai giardinetti: qualcosa si inventerà ancora, anche per divertimento personale. Mollare non fa parte della sua natura. Se molla qualcosa, lo fa pensando di far funzionare meglio l’insieme. Di sicuro non può lasciare il partito. Chi se lo compra? Col suo nuovo look da premier orientale tenterà forse di rifilarlo a un thailandese come Mr Bee. Quanto a Mediaset, ho letto che con i francesi faranno uno scambio di azioni. Forse la discesa dalla piattaforma Sky serviva a dare il frutto in purezza. Certo, il contesto è cambiato: una volta era Berlusconi che sbarcava in Francia, non viceversa».

E la Lega non è più disposta a riconoscere la sua leadership. Salvini come le pare?

«Ho un problema con tutti i partiti dai leader carismatici. Quelli che fanno politica come il Gabibbo. A Striscia le grida retoriche e indignate “vergogna!” può farle soltanto lui: perché è un pupazzo».

Di Renzi lei ha detto due anni fa: “È un bravo venditore. Ora dobbiamo capire quanto vale l’aspirapolvere che ci ha venduto”. Quanto vale l’aspirapolvere?

«Fa molto rumore, ma tanta polvere la butta sotto il tappeto. Abbiamo capito che Renzi è il più sveglio. Ma doveva fare di più. Per parlare come quando facevo il preside all’istituto per periti agrari di Coronata, sopra Genova: bravo agli orali, ma gli scritti? Non si vede tutta ‘sta ciccia. Sarà vegano. Certo, governare è difficile, e il momento non è propizio in nessun Paese».

Su Renzi ha ragione D’Alema?

«D’Alema ha avuto tutte le sue possibilità, e non mi pare se le sia giocate al massimo. Capisco che vedere lì Renzi che fa il “ganassa” lo faccia impazzire. Ma il giovane ha facilità a rintuzzare gli attacchi con la sua stessa presenza: se lui è lì, è perché loro non ce l’hanno fatta a esserci».

A volte Renzi viene accostato a Berlusconi. Il paragone regge?

«No. Le tv, le donne, i raduni del Milan in elicottero: Berlusconi era il simbolo di quegli Anni 80 che mettevamo alla berlina a Drive In. Berlusconi dava la linea. Era l’alieno. Attaccarlo era facilissimo. Fare satira su Renzi è molto più difficile e meno divertente. Una volta lo prendi in giro per la Boschi, la volta dopo per Banca Etruria, stavolta per un temporale petrolifero. E poi?».

La Boschi citata nell’intercettazione della Guidi si deve dimettere, come chiede Grillo?

«La madonna non può mica dimettersi».

Di Grillo lei disse “Che avrebbe vinto quando fosse tornato a fare il comico, lasciando che i grillini andassero avanti da soli”. È successo?

«Sta succedendo. Giuse noi vecchi amici lo chiamavamo così, fu Baudo a cambiargli nome in Beppe deve ancora andare in giro a impartire benedizioni; ma ormai i Cinque Stelle stanno diventando un movimento senza leader carismatici, palesi o occulti».

Oppure il leader è Casaleggio?

«Non credo. Il passo indietro dovrebbe valere per tutti. Allora deputati e senatori si organizzeranno in modo autonomo, senza più bisogno di linee guida».

Ha visto lo spettacolo di Grillo?

«Ho mandato mia figlia. Io aspetto questo nuovo giro di repliche. Lui ha bisogno di rodare lo show. Già prima di scendere in politica faceva sempre le prime ad Arquata Scrivia o in qualche altra località remota dell’Appennino ligure, per depistare i giornalisti; salvo poi ritrovarseli sotto il palco».

A Roma voterebbe Cinque Stelle?

«Per fortuna non voto a Roma. Mi dichiaro in conflitto di interessi: il nostro idolo è Marino; Ballantini ne faceva un’imitazione meravigliosa. Per fortuna ora vuole tornare (Ricci chiama Ballantini per dirgli di non imitare Renzi ma Marino)».

La nuova Rai di Campo Dall’Orto come la trova?

«Campo Dall’Orto non è ancora entrato in pista. Si è astratto. Mi dicono che non risponde nemmeno al telefono. Secondo me fa bene: tanto sono tutte telefonate di raccomandazioni».

La Rai è condannata?

«Tutt’altro. La Rai davanti ha una prateria. Ha una grande occasione: svecchiare il pubblico e i prodotti. Purtroppo il pubblico Rai è molto anziano; per questo Mediaset è davanti nella raccolta pubblicitaria, di cui a loro non importa nulla perché hanno il canone. Dovrebbero guardare meno l’Auditel, i numeri, e recuperare il pubblico attivo. Lavorare sulla qualità dei prodotti. Investire. Sperimentare. E perseverare: non è detto che i risultati arrivino subito. Hanno un magazzino talmente forte, con Montalbano che fa otto milioni in replica, da potersi permettere di innovare».

Non che Mediaset abbia molti prodotti di successo, a parte Maria De Filippi, Bonolis e Gerry Scotti.

«Non lo nego. La discesa dalla piattaforma Sky ha tolto una parte del pubblico più attivo…. Sono andati avanti con Il Segreto, anche due volte la settimana. Ti può venire un po’ di tristezza, a pensare che sei l’editore de Il Segreto. Ora però Canale 5 sta recuperando pubblico, ricomincia a programmare. Anche se io non ho vincoli. Non sono un’esclusiva Mediaset».

Farebbe una trasmissione Rai?

«Certo. Tempo fa ne abbiamo parlato, senza concretizzare. Non ci vedrei niente di strano. L’importante è avere la libertà che ho qui a Striscia. Abbiamo un sacco di guai ma abbiamo anche punte da otto milioni di spettatori, perché facciamo le cose che i tg non fanno: dare spazio alle denunce della gente. Filmare i furbetti del cartellino, magari con la telecamerina nascosta in un estintore. Occuparsi delle malversazioni di Equitalia, che minaccia di denunciarci. Da lunedì purtroppo non possiamo più andare a chieder conto ai politici: scatta la par condicio. Una vera e propria censura».

La Bignardi a Rai 3?

«Non la invidio. Se la giocherà sul campo. Vediamo se riesce a creare prodotti nuovi».

Gli agenti, da Caschetto a Presta, hanno troppo potere?

«Il potere degli agenti è sempre legato alla debolezza dei dirigenti, se non alla connivenza. Gli agenti fanno il loro mestiere: “Se vuoi lui, devi prendere pure questo e quest’altro…”. Ma il coltello dalla parte del manico ce l’ha sempre l’emittente».

 

(Nella foto Alessandro Cecchi Paone)