Pubblicato il 22/03/2016, 15:01 | Scritto da La Redazione
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Rai, un Tg3 senza politica e un manager ex Generali – Rai Way, ricavi e margini in netto rialzo nel 2015

Rassegna stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 9.

Rai, un Tg3 senza politica e un manager ex Generali

L’idea di Campo Dall’Orto: sulla terza rete spazio all’informazione regionale. Il direttore finanziario è Raffaele Agrusti, cacciato da Trieste.

C’è tensione e attesa in Viale Mazzini per la riforma dei telegiornali, non soltanto per i nuovi direttori che saranno indicati dopo le elezioni di giugno. Circola la voce che Antonio Campo Dall’Orto sia intenzionato a stravolgere i connotati soprattutto del telegiornale di Rai 3, lì dove ha resistito la sinistra ed è diventata di battaglia con Tele Kabul ai tempi di Sandro Curzi. Il Tg3 è l’ultimo patema televisivo di Palazzo Chigi. Secondo l’amministratore delegato, ogni tg dovrà rispecchiare l’identità della rete: istituzionale e completo il Tg1; più rivolto ai giovani e leggero il Tg2; più farcito di cronaca locale e internazionale e dunque – siccome i tg durano sempre lo stesso tempo – con meno politica il Tg3. E ridurre (di molto) la politica al Tg3 vuol dire ridurre a zero qualsiasi ipotesi di critica al governo. Non va dimenticato che proprio il Tg3 ha attirato le più apre polemiche dei renziani, in prima linea il solito Michele Anzaldi, deputato Pd che siede in Commissione di Vigilanza Rai, e poi ci fu il leggendario faccia a faccia tra fra Matteo Renzi e Bianca Berlinguer. A proposito della Berlinguer, pare scontato un suo addio al vertice dopo sei anni e mezzo di direzione. E anche questo è un dettaglio che a Saxa Rubra, sede delle redazioni giornalistiche, non è sfuggito.

Questo è l’impianto dei telegiornali che vuole decretare Campo Dall’Orto, mentre Rai 3 con l’annunciata mancata riconferma di Massimo Giannini a Ballarò si avvia a una normalizzazione che cancellerà gli ultimi decenni di storia. D’altronde, la battaglia culturale del renzismo si gioca proprio a Rai 3, la rete che da sempre ha contribuito all’opinione pubblica della classe medio-alta di sinistra. Ma per i telegiornali, Campo Dall’Orto dovrà ancora confrontarsi con il responsabile dell’informazione, Carlo Verdelli, un giornalista che non è mai stato vicino ad alcun partito e fanno notare in Rai non ha mai messo piede alla Leopolda di Renzi. Mentre sui tg si può ancora attendere, i conti sono una necessità più impellente: e alla Rai arriva una nuova nomina dall’esterno molto pesante, quella di Raffaele Agrusti come direttore finanziario (al posto di Camillo Rossotto, passato a Lavazza). Agrusti dovrà gestire l’operazione del canone in bolletta (e il gettito maggiore del passato, sperano in Viale Mazzini). L’ultima esperienza professionale importante di Agrusti si è chiusa in modo burrascoso: era il direttore generale delle Assicurazioni Generali quando Ad era Giovanni Perissinotto.

Il successore, appena migrato a Zurich, Mario Greco, ha passato tre anni a fare pulizia dei risultati di quella gestione che ha censurato al punto da avviare un contenzioso di lavoro per bloccare il pagamento della buonuscita da 6,1 milioni di euro ad Agrusti. Finora il tribunale ha dato ragione al manager ma, spiegano dall’azienda, la causa civile è ancora aperta. Agrusti e Perissinotto vengono anche indagati, e poi archiviati, per ostacolo alla vigilanza. Erano spariti i contratti di molte operazioni delicate. Tutto era partito da una relazione della società di consulenza Kpmg che aveva riscontrato perdite potenziali per 234 milioni di euro in operazioni a rischio di conflitto di interesse con i soci veneti. Agrusti, cacciato dalle Generali da Greco, viene ripescato alla Rai dell’innovatore Campo dall’Orto.

 

Rassegna stampa: Il Sole 24 Ore, pagina 32, di Ce.Do.

Rai Way, ricavi e margini in netto rialzo nel 2015

Camillo Rossotto lascia la presidenza. Disco verde del board a un piano di buyback.

In attesa di capire se il progetto di un campione nazionale delle torri sia definitivamente tramontato, visto l’interesse mai sopito di Ei Towers per un “matrimonio” con RaiWay – come ha ribadito nei giorni scorsi la stessa società del Biscione, per bocca del suo numero uno Guido Barbieri, presentando i conti al mercato – la controllata Rai manda intanto in archivio il bilancio 2015 con un utile netto in crescita del 16%, a quota 38,9 milioni, un Ebitda in rialzo del 3,1%, a 107,8 milioni, un Ebit in progresso del 14,2%, a 61,9 milioni, e ricavi in salita del 2,4%, a 212,3 milioni. La fetta principale (177,4 milioni) del fatturato 2015 è riconducibile al nuovo contratto di servizio siglato con Viale Mazzini e al primo contributo dei cosiddetti “servizi evolutivi”, cioè di tutte quelle attività, non incluse espressamente nell’accordo con Rai, ma che sono comunque cruciali per garantire l’assolvimento dei compiti di servizio pubblico. Bene anche l’indebitamento che si attesta a 41,6 milioni, in significativo calo rispetto ai 65,5 milioni registrati a fine 204. Risultati positivi che consentono alla società guidata da Stefano Ciccotti di proporre un dividendo di 0,4 euro per azione che corrisponde a quasi tutto l’utile 2015, al netto di una piccola tranche destinata a riserva legale, con messa in pagamento a partire dal prossimo 25 maggio e stacco della cedola il 23 dello stesso mese.

«Un 2015 che ha visto Rai Way migliorare l’efficienza operativa e investire in progetti di sviluppo per l’ampliamento dell’offerta», conferma il presidente uscente Camillo Rossotto che ieri ha rassegnato le sue dimissioni con efficacia a partire dalla prossima assemblea, convocata per il 28 aprile. Rossotto, cooptato nei mesi scorsi dalla Lavazza per il ruolo di cfo, ricopriva, come noto, anche l’incarico di direttore finanziario di Viale Mazzini. Una poltrona, quest’ultima, che è stata affidata nei giorni scorsi a Raffaele Agrusti, ex Generali. Le prossime settimane saranno quindi cruciali per capire chi sostituirà Rossotto alla presidenza e non è affatto detto che per la successione si applichi lo stesso schema del doppio incarico fatto valere per il manager piemontese. La controllata di Viale Mazzini si prepara quindi ad affrontare le sfide future, prevede per il 2016 di centrare un Ebitda adjusted di 100 milioni e di sostenere un livello di investimenti di mantenimento al di sotto del 10% dei ricavi, e si attrezza altresì per un piano di buyback: il cda ha infatti deciso di proporre all’assemblea l’acquisto di azioni proprie fino a un massimo non superiore al 10% del capitale, in modo da disporre di un importante strumento di flessibilità.

(Nella foto Antonio Campo Dall’Orto)