Pubblicato il 12/03/2016, 12:13 | Scritto da La Redazione
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Rassegna Stampa – Rai, Mediaset e De Benedetti: la spartizione da 300 milioni

Rassegna Stampa – Rai, Mediaset e De Benedetti: la spartizione da 300 milioni
Per riequilibrare i maggiori introiti con il canone in bolletta la tv pubblica pronta a dimagrire sulla pubblicità. Così su Il Fatto Quotidiano.


Rassegna Stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 2, di Carlo Tecce

 

Dalla prima pagina

LA TV DELLA NAZIONE La pubblicità “esce” da viale Mazzini e va alla “concorrenza ”

Rai, Mediaset e De Benedetti: la spartizione da 300 milioni

Effetto canone: i 500 milioni in più garantiti dalla bolletta creano un “extragettito”

Il governo disposto a riconoscere un “risarcimento” agli avversari: “Dimagriamo sugli spot” 
La “pace” sui programmi. Dopo l’intervista del premier alla D’Urso, ecco la risposta:

“L’Isola” su Canale 5 lasciata senza rivali dai canali pubblici. Idem per la fiction di Garko 
 


Il progetto inchieste stile-tivù sul web dell’Ingegnere dopo la fusione

Stampa-Repubblica: pronto anche lui a prendersi una quota della torta milionaria

 

IL BRUTTO DELLA DIRETTA

Renzi toglie alla Rai 300 milioni e li gira a Mediaset & C.

Per riequilibrare i maggiori introiti con il canone in bolletta

la tv pubblica pronta a dimagrire sulla pubblicità


 

Fedele Confalonieri è cortese. Raffinato, per chi ne apprezza le virtù musicali e artistiche. Sagace, per chi ne contempla le virtù aziendali e politiche. Fidel sarà pure uno scafato diplomatico – sguardo lungo, maniere ieratiche – e niente fa eccepire, ma l’accoglienza che Mediaset riserva a Matteo Renzi va oltre il protocollo istituzionale: l’inquilino di Palazzo Chigi è la garanzia per il futuro.

Così assume un valore pratico, e non soltanto allegorico, l’intervista “a Matteo”(citazione) di Barbara D’Urso. E poi il colloquio con lo stesso Confalonieri, anfitrione di eccezione; la platea di Canale 5 consegnata a Renzi per debellare il cortocircuito mediatico su Libia, militari, terrore. Nulla è vano. Perché il Biscione rammenta a Matteo che ormai, infilato il canone Rai in bolletta per drenare risorse sicure, è scoccato il momento di liberare un po’ di pubblicità (circa 250-300 milioni l’anno) da viale Mazzini e rifondere il mercato, che di solito viene definito asfittico, se non proprio essiccato. A chi la pubblicità? A noi, a Mediaset. E agli editori più blasonati. Come il Gruppo Es presso che ha inglobato La Stampa. E pazienza, se per una volta, mica è la prima, i destini dell’ex Cavaliere Silvio Berlusconi e dell’acerrimo nemico Carlo De Benedetti collimano a perfezione.

Il meccanismo è complesso, ma di agevole lettura. Il denaro che il servizio pubblico incassa di più rispetto al passato con la riforma degli abbonamenti – il cedolino viene saldato a rate con il conto di un’utenza elettrica –viene stornato dagli introiti pubblicitari di viale Mazzini. Non c’è bisogno di insistere, il prammatico fiorentino è d’accordo. Il sospetto: c’è l’ennesimo patto sotto o neanche troppo sotto? Ancora: c’è una commistione fra il centrodestra e il centrosinistra? Quisquilie, affascinanti però.

 

COME FUNZIONA: L’OCCASIONE È GHIOTTA

Il canone di viale Mazzini – in media 1,7 miliardi di euro – era la tassa più evasa d’Italia. Per i sondaggi, la più detestata. Per incastrare i furbetti, il governo ha ridotto di poco la cifra (da 113,5 a 100 euro) e l’ha messa in bolletta. A luglio parte la raccolta. E sarà abbondante. Non c’è una previsione ufficiale, ma il gettito in più sarà di circa 500 milioni di euro. Per il 2016 è pronto lo schema: il 67 per cento (335 milioni) va a rimpinguare il bilancio di viale Mazzini, il 23 sarà diviso fra incentivi per le emittenti locali e coperture economiche. Nel 2017, invece, il versamento sarà più piccino per la Rai: il 50 per cento, cioè 250 milioni. Così viale Mazzini, ogni mese di gennaio, avrà l’agio di affrontare la stagione con un serbatoio già satollo con due miliardi di euro. Per i concorrenti privati – e Mediaset strepita con vigore – è un vantaggio illegittimo. Allora perché non sforbiciare la pubblicità? Il prontuario che raccoglie i desideri renziani è in perenne evoluzione, ma c’è un concetto che il fiorentino di Rignano non ha mai rottamato: “Vorrei un canale senza pubblicità”. Antonio Campo Dall’Orto, l’amministratore delegato, ha cominciato a bonificare i canali di periferia (tipo Rai YoYo), ma il flusso di denaro è sempre concentrato su Rai1&C. Quelli che competono con l’artiglieria – in realtà un po’ spuntata – di Cologno Monzese. Il metodo l’ha individuato Gina Nieri, scaltra, valida e, soprattutto, influente dirigente del Biscione. Ecco la soluzione per rimuovere la “disparità ”: “Ora una o più reti senza spot”. Non occorre evocare lo spirito del Nazareno per notare l’assonanza fra i dettami renziani e l’auspicio di Mediaset. Il governo per intervenire può agire sul testo di legge che porta il  nome di Maurizio Gasparri oppure con la convenzione che assegna la concessione di servizio pubblico a viale Mazzini, da rinnovare –per i prossimi dieci anni – entro maggio.

Non è importante l’espediente, ma l’approccio politico. Antonello Giacomelli, un renziano abituato a ragionare in autonomia, durante un convegno all’istituto Bruno Leoni (mai tenero con la riforma di governo), ha sfondato una barriera psicologica: “Se il gettito del canone fosse quello che il governo si aspetta e l’evasione si riducesse all’evasione fisiologica che esiste già nel pagamento dell’utenza elettrica, questo porterebbe a rivedere secondo un principio di proporzionalità le possibilità di accesso al mercato pubblicitario? Io sono disponibile a parlarne, non è un tabù”. Giacomelli è il sottosegretario per le Comunicazioni, non è un neofita. E ha potere: “Oggi il mercato della pubblicità è cambiato e quella risorsa è molto più preziosa per chi non ha contributi pubblici. Questo mi porta a dire –ha aggiunto –che quella su una riduzione della raccolta da parte della Rai è una riflessione che va avviata e va in questo senso l’esclusione della pubblicità dai canali per bambini a partire da maggio”.

Non sappiamo se Confalonieri abbia ascoltato Giacomelli, ma avrà percepito il discorso come un suono dolce. Una sinfonia. E anche Urbano Cairo (La7), che da mesi è scatenato sull’argomento.

 

LA TORTA È PER IL BISCIONE E LARGO FOCHETTI CI PROVA

Mediaset è fondata sulla pubblicità, da trent’anni. Publitalia ha riempito i programmi di tappeti, tortellini e pentole. Per arginare Sky Italia, dieci anni fa, la famiglia Berlusconi ha costruito la fragile struttura di Mediaset Premium, la televisione a pagamento: doveva perdere poco per poco tempo. È finita che perde troppo da troppo tempo. E frullano le indiscrezioni su imminenti alleanze o cessioni, l’ultima riguarda la francese Vivendi. Impegnati a coprire il fronte Premium, i canali gratuiti di Mediaset sono deperiti. E chi l’ha detto che per sempre – con il 32% di share – Publitalia può afferrare il 58% della pubblicità televisiva? Per il 2015 appena concluso, Nielsen stima 6,271 miliardi di euro in inserzioni in Italia: 3,649 miliardi per le tv (tabellare e televendite), di cui 2,013 a Mediaset, 751 a Viale Mazzini, 425 a Sky Italia, 225 a Discovery, 114 a La7. Non scomodate la calcolatrice: da sola Publitalia prende circa un terzo della pubblicità investita. Da sola. Quanti milioni su trecento sganciati dai conti Rai possono confluire nel forziere di Mediaset? Ma l’ex Cavaliere non gareggia in solitudine.

Il governo ha intenzione di comprimere la pubblicità di viale Mazzini, ma vuole che il beneficio sia diffuso. Nel presentare il progetto “Stampubblica” (la crasi più in voga per definire l’unione fra La Stampa e La Repubblica), il Gruppo Espresso ha ribadito che il sodalizio è generato da un’esigenza industriale, non editoriale: la pubblicità va procacciata assieme. Più grossi, meno spese, più soldi. Valgono le coincidenze. Il governo è convinto che la pubblicità proveniente da viale Mazzini possa sollevare internet ( ne anche mezzo miliardo nel 2015): reattivi, in largo Fochetti sono pronti a formare una redazione per inchieste da impatto televisivo da lanciare in Rete. Stampubblica è il colosso dei giornali. Mediaset è il colosso delle televisioni. Il denaro in uscita da viale Mazzini non può sbagliare percorso.