Pubblicato il 27/02/2016, 16:01 | Scritto da La Redazione
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Rassegna Stampa: Il doc di Rosi esempio per la Rai

Rassegna Stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 18, di Loris Mazzetti

 

ONDA SU ONDA

IL DOC DI ROSI ESEMPIO PER LA RAI

 

Ancora un premio per GianfrancoRosi, dopo il Leone d’oro a Venezia con Sacro GRA, l’Orso d’oro a Berlino con Fuocoammare. Il film-documentario prodotto da RaiCinema è l’esempio di

ciò che dovrebbe fare il servizio pubblico. Il lavoro di Rosi, che racconta la realtà con il taglio dell’inchiesta giornalistica, riuscirà a spronare la Rai a credere nel genere creando spazi di palinsesto in prima serata? Il regista racconta Lampedusa attraverso Samuele, dodici anni, la sua vita nell’isola e il mare che la circonda. Il medico degli isolani Pietro Bartolo, in 25 anni ha visitato 250mila tra bambini, donne e uomini in cerca di pace, libertà e lavoro, portati li da quel mare. Bartolo non è solo uno dei protagonisti del film, è colui che con il suo amore per gli altri ha messo Rosi nelle condizioni di poter realizzare uno straordinario racconto, diventando per un anno testimone di fatti terribili che non lasceranno indifferente chi lo andrà a vedere, perché Fuocoammare è molto di più di un film politico. Il successo al Festival di Berlino e la distribuzione in 20 paesi possono servire a sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma di

chi scappa da guerre, fame e torture. Non saranno i muri alle frontiere la risoluzione della tragedia del nuovo millennio. Fuocoammare può fare molto di più delle inutili parole

dei politici. La Rai non ha esaurito il proprio dovere contribuendo alla produzione del film di Rosi e di altri autori già affermati, il servizio pubblico ha l’obbligo di cercare i nuovi talenti. Alcuni grandi registi, Antonioni, Maselli, Olmi, Pontecorvo, prima di diventare maestri del cinema, iniziarono con il documentario, il genere che le più importanti tv considerano un’eccellenza. L’ad di RaiCinema, Paolo Del Brocco, in questi anni ha contribuito, come direbbe Bernardo Bertolucci, “alla cultura”. Perché la Rai, con 14 canali a disposizione, non è riuscita a costruirne uno come il francese Arte? Il documentario è cultura ma ragioni commerciali e di ascolto lo tengono lontano dalla prima serata. La nascita di una Commissione (Bertolucci o lo stesso Rosi come presidente), per valutare sia i progetti meritevoli di finanziamento sia i documentari autoprodotti validi per la messa in onda, potrebbe essere un cambiamento di rotta. Che senso ha questo premio se diventerà statistica e non luce permanente sul genere documentario?