Pubblicato il 22/02/2016, 11:34 | Scritto da La Redazione

Piano Rai: reti tematiche e un solo talk per canale – Il caso del canone in bolletta

Rassegna stampa: Il Messaggero, pagina 9, di Barbara Jerkov.

Piano Rai: reti tematiche e un solo talk per canale

Le linee di Campo Dall’Orto ai nuovi direttori. Per ognuno un’identità chiara, non più politica. La produzione dovrà concentrarsi su fiction di “significato alto”, per l’info il modello è “Report”.

IL RETROSCENA Fatti i direttori di rete, alla Rai è ora di fare i programmi. Non vuol sentir parlare di «rivoluzione», Antonio Campo Dall’Orto. Ma il suo disegno di servizio pubblico sta prendendo corpo con alcuni punti-chiave che l’amministratore delegato di viale Mazzini ha condiviso in questi giorni con i fedelissimi e che traccia un radicale cambiamento per la tv di Stato. IL MANDATO A VERDELLI Punto primo, l’informazione. Il neodirettore per le news, Carlo Verdelli, ha ricevuto dall’ad mandato pieno per riorganizzare il settore. Una riorganizzazione che, archiviato il modello delle due Newsroom ideato dai precedenti vertici, prevede il mantenimento degli attuali telegiornali ma in una logica diversa. Ovvero: «I tg dovranno ragionare più da azienda unica e meno da orticello privato». Prima, immediata, traduzione pratica: basta con le carovane degli inviati, uno per testata, al seguito del leader politico di turno in capo al mondo. Il primo esempio di questo nuovo corso l’ha già adottato Mario Orfeo. Mandando in onda l’altra sera al Tg1 l’inviata di Rainews Lucia Goracci, in un collegamento da Aleppo, ha titolato “La Rai entra ad Aleppo”. Non “Rainews”. Sembra cosa da niente, ma per la vecchia Saxa Rubra è stato un autentico choc.

IL MEGACONCORSO Il nuovo megaconcorso per assumere giornalisti della scorsa primavera, oltre alla razionalizzazione appunto delle redazioni, nei piani dell’ad dovrebbe liberare le energie di un gran numero di giornalisti. L’idea è destinarli alle reti, per la realizzazione – qui un altro punto essenziale dello schema Campo Dall’Orto – di reportage dal campo. Perché la prima mission del servizio pubblico, non si stanca di ripetere l’ad, sono l’informazione e l’approfondimento. «E per capire certi problemi è il cuore del ragionamento non basta raccontarli, vanno fatti vedere portando le telecamere nelle zone calde del mondo». Il modello della nuova Rai sono i grandi network stranieri. Da noi qualcosa del genere si è visto poco, ha iniziato a fare qualche reportage Corrado Formigli su La7 con i suoi servizi da Kobane e Melilla, raccontando in presa diretta le tragedie dell’Isis o dei migranti. L’approfondimento non deve peraltro necessariamente andare lontano: Report è esattamente il tipo di prodotto Rai che l’ad ha in mente. Quanto ai talk show, nonostante il noto disamore del premier che non perde occasione per auspicarne la rottamazione, Verdelli pensa che uno per ciascuna rete possa restare. Ci sono in tutto il mondo, è il ragionamento, e sono un prodotto a basso costo. Ciò detto, è anche vero che i primi giudizi dell’allora neo dg contro i «salotti-pollaio», appena nominato, hanno già provocato una graduale autoriforma dei talk, che ormai – sottolineano al settimo piano – sono un po’ meno scenario di battibecchi e sempre più di interventi singoli in grado di far capire allo spettatore di cosa si sta discutendo.

LE NON FICTION Venendo alla produzione, nel piano dell’ad si dovrà sempre più puntare su quelle che i broadcast anglosassoni chiamano «documentary non fiction» ma anche su film realistici realizzati ad hoc sui grandi fenomeni del nostro tempo. In questo senso, la vittoria di Gianfranco Rosi a Berlino con il suo Fuocoammare sulle stragi di migranti a Lampedusa, co-prodotto proprio da Raicinema, è ritenuto da Campo Dall’Orto l’esempio migliore del servizio pubblico che ha in mente. Di qui le nuove direttive partite per le fiction: accanto ai serial pop, alla Montalbano, che naturalmente nessuno mette in discussione, andranno messe in cantiere più storie da una o due puntate con «significato alto» e «valori importanti», sul tipo di quella sul sindaco-pescatore Vassallo. «Servono emozioni per far riflettere le persone è la mission che l’ad ha dato alle produzioni è questo il compito del servizio pubblico». Ogni rete, ha chiarito Campo Dall’Orto ai suoi nuovi direttori chiamati con contratto triennale, e non più in azienda a vita dovrà avere una propria «identità chiara» non più politica ma guardando al target di riferimento, ed estendendo comunque la logica della sempre maggiore integrazione aziendale già vista per i tg. L’esempio virtuoso è quello dei provini di Rischiatutto che, in onda alle 20,30 su Rai 3, stanno facendo un boom di ascolti tra l’8 e il 9%. Le prime due puntate vere e proprie, ad aprile, saranno su Rai 1, per poi tornare su Rai 3. La rete ammiraglia avrà dunque carattere generalista di rete per famiglie e più attenta a un pubblico maturo, che poi, viene fatto notare, è anche quello che passa più tempio davanti al teleschermo. Ma c’è modo e modo di essere «rete per famiglie».

All’ad è piaciuto molto, rivelano, il Sanremo edizione Carlo Conti: ha fatto conoscere artisti del calibro di Ezio Bosso al grande pubblico, dimostrando che «pillole di qualità» possono entrare in ogni format. Rai 2 dovrà rivolgersi più ai giovani e ai professionisti, su Rai 3 dovranno andare più informazione, approfondimenti e cultura. Ma il vero obiettivo che Campo Dall’Orto si è dato come ha detto sin dal primo giorno è quello di riportare i giovani a guardare la Rai. Di qui la creazione di una direzione ad hoc Rai Digital affidata a quello stesso Gian Paolo Tagliavia che è stato il suo successore a Mtv, per portare sempre più sulle nuove piattaforme a partire da smartphone e social il servizio pubblico, «perché è là che si trovano gli under 20». E soprattutto, ha dato mandato pieno al neodirettore di Rai 4, Angelo Teodoli, di trasformare questo piccolo canale di nicchia (che peraltro viaggia già sull’1-2% di share) nel vero canale young della Rai. Parola d’ordine: sperimentare, autoprodurre ma anche importare le novel di tendenza. LA NARRAZIONE Sarà però un altro dei nuovi direttori a trovarsi per le mani, e in tempi assai brevi, il vero laboratorio del Campo Dall’Orto style. Gabriele Romagnoli è stato scelto dall’ad come capo di Raisport per importare un’idea di sport sempre più narrato e non solo «telecronachizzato» (del resto su Sky la narrazione sportiva di Federico Buffa ha avuto un grande successo ben oltre il tradizionale pubblico del calcio). La Rai si è infatti aggiudicata per la prossima estate gli europei di calcio. Un evento che, ha messo in chiaro l’ad, per la prima volta dovrà essere raccontato in tutti i suoi aspetti. E svolgendosi in Francia, la stessa Francia del terrorismo e delle banlieu, il racconto non si esaurirà solo dentro gli stadi.

 

Rassegna stampa: Il Giornale, pagina 10, di Franco Battaglia.

Vuoi dire che non hai la tv? Devi essere un abbonato Rai

II diritto di non pagare il canone. Comunicare che non si possiede una televisione è un’impresa: il numero verde non risponde e il sito chiede il proprio codice.

Rammentate l’esilarante articolo sull’Inps, quello che se perdi il pin devi fornire il pin per riavere il pin? Beh, non avete finito di ridere o di piangere, fate voi. Alla Rai versiamo anzi versate il più odioso dei balzelli. Più di tutti odioso perché al confronto il pizzo della camorra appare un’opera pia per persone bisognose. Io il canone non lo pago, per la semplice ragione che l’apparecchio tv non l’ho. Ciò non di meno sono stato per anni vessato, ricevendo intimidazioni sotto forma di cartoline del tipo: tu non paghi il canone; se l’hai già pagato forniscici gli estremi del pagamento, se non l’hai pagato, pagalo subito. L’eventualità che io non possedessi tv era formulata non con una frase del tipo: se non hai tv, ti prego di scusarci. Ma a un di presso come segue: dichiara sotto la tua personale penale responsabilità e a pena di supplizi indicibili, di non possedere, né tu né i tuoi parenti o conoscenti, vicini o lontani o che siano, alcun oggetto, udite-udite, atto o adattabile alla ricezione dei programmi della Rai. Lo scatolone degli stivali di mia figlia è tal oggetto? Direi di sì: riempito degli accrocchi elettronici giusti e richiuso con uno schermo ultrapiatto… Quando nacque, il balzello era a fronte di un servizio, ed era dovuto dai detentori di apparecchio quando l’unica ragione per avere l’apparecchio era usufruire del servizio Rai. Quando uno in quel di Como obiettò di avercelo perché guardava la tv svizzera, per la Rai fu deciso di tramutare il corrispettivo del servizio in tassa di possesso di apparecchio.

Il migliore dei buoni cittadini va in bestia. Punto primo, se la tassa è sul possesso dell’apparecchio, perché mai va poi a beneficio delle casse della Rai e non, che so, delle Orsoline. Punto secondo, come può mai sopportarsi sul possesso di qualcosa una tassa il cui importo è pari al valore della cosa posseduta e, per giunta, da pagare ogni anno. A naso direi che ci sono gli estremi per l’incriminazione per strozzinaggio («sono usurari… i compensi che risultano… comunque sproporzionati…», art. 644 del codice penale). Punto terzo, i programmi Rai sono infarciti di pubblicità esattamente come quelli, gratis, delle altre emittenti. Punto quarto, le altre emittenti quando trasmettono senza pubblicità si sono organizzate con codici d’accesso a pagamento: pagano solo i loro utenti, e non, dico a caso, gli utenti dell’acqua potabile. Punto cinque: i programmi Rai, diciamo la verità, fanno schifo, nove su dieci. Renzi s’è infine inventato la presunzione del possesso dell’apparecchio. Voi la prendete a cuor leggero, e fate male; domani possono presumere qualunque altra cosa: che avete villa sulla Costa Smeralda, che possedete uno yacht, etc. etc. Ad ogni modo, ecco cosa vi succede nel caso foste uno come me, che l’oggetto non ce l’ha, e vi venisse lo strano desiderio di sapere cosa fare per evitare l’addebito in bolletta.

La Rai si vanta di aver istituito il numero-verde 800-93-83-62 e che chiamano RispondeRai. Provate a chiamare, provate. Non risponde nessuno, mai. O meglio, risponde una voce che ti chiede subito se vuoi parlare in italiano o in tedesco. Cominci con l’italiano. Nel qual caso t’informano che non hanno modo di risponderti e t’invitano a consultare il loro sito internet per fissare un appuntamento telefonico. Mi piace assumere le vesti di essere una vecchietta che non sa navigare in internet e riprovo chiedendo di parlare in tedesco: niente da fare, devo andare in internet. Pazientemente ci vado, sperando di fissare un appuntamento telefonico per sapere come fare per far sapere di non avere tv (giacché il sito internet dice che a questa impertinente domanda non sanno rispondere dice proprio così). Vuoi fissare un appuntamento telefonico con RispondeRai? chiede la schermata internet. Prego, digita il tuo numero di abbonamento Rai. Insomma, devi avere l’abbonamento-Rai per far sapere alla Rai che hai diritto a non avere alcun abbonamento-Rai. Questa è l’era Renzi, bellezza.

 

(Nella foto Antonio Campo Dall’Orto)