Pubblicato il 24/11/2015, 11:34 | Scritto da La Redazione

Aldo Grasso: “L’ineffabile dono della trasversalità di Maurizio Costanzo” – Adamo, Eva e i nani. Ecco i nuovi reality

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 55, di Aldo Grasso.

L’ineffabile dono della trasversalità di Maurizio Costanzo

Nessuno dice niente, come al solito. Quindi significa che tutto va bene. Niente da ridire sul fatto che Maurizio Costanzo, la domenica pomeriggio, sia capo progetto di Domenica in, la trasmissione di Lucio Presta su Rai 1, e la domenica sera, su Rete 4, risusciti il suo Maurizio Costanzo Show. Va bene così, d’altronde in tutti gli anni in cui Rai e Mediaset sembravano una cosa sola, Costanzo era il perfetto uomo cerniera tra il Biscione e la sinistra romana. Eppure mi era parso che in questi ultimi tempi le cose fossero un po’ cambiate. Ho sentito parlare di «orgoglio Rai», di etica aziendale (gli uomini della Rai sono fieri di lavorare solo per la Rai, per la gloria della Rai), di giacimento professionale (in Rai abbiamo eccellenze in grado di fare tutto). Ho sentito lamenti contro le produzioni esterne, ma si vede che alcune persone godono del dono della trasversalità (e dell’ubiquità). Forse sono io che sono antiquato. «Antiquato» come lo intendeva Anders Günther: la tv possiede una specie di eternità che a me, povero umano, è negata, condannato come sono alla «vergogna prometeica». Chi fa tv, chi frequenta la tv deve sentirsi immortale!

E poi, in certi programmi, anche le persone capaci di non pensare stupidaggini, sono però in grado di dirle. Va bene così, dunque. A me, nella mia solitudine, non resta che ribadire che Costanzo mi è sempre piaciuto molto poco, pur avendogli dato atto di aver incarnato il genere più diffuso in Italia, il talk. Ma ha anche scritto pagine di tv non esaltante, dall’invenzione della tv del dolore in poi. Va bene così, si vede che Rai 1 aveva un grande bisogno dell’apporto di Costanzo, del suo intreccio di conoscenze, del suo essere libero professionista. Dicono che la banalizzazione sia il prezzo che la comunicazione paga alla sua diffusione ed è indubbio che, da questo punto di vista, Costanzo sia stato un maestro. Maestro anche del piede in più scarpe. Chapeau, manca solo Sky!

 

Rassegna stampa: Il Tempo, pagina 19, di Massimiliano Lenzi.

Adamo, Eva e i nani. Ecco i nuovi reality

Negli Usa anche un programma per immigrati a caccia della “green card”. In tv coppia (senza vestiti) su un’isola e la vita di sei “piccole donne”.

La vita a Los Angeles di alcune donne nane, maschi e femmine ignudi a spasso su un’isola, immigrati che cercano una moglie americana al solo scopo di ottenere la «green card» e la cittadinanza Usa. Cosa non si inventano i reality televisivi di questi tempi, pur di esserci. C’è chi li definisce i più «pazzi» del mondo, chi di cattivo gusto, chi li esalta, chi rimpiange la vecchia programmazione della televisione generalista, quella che quando si vedeva una coscia scoperta di troppo, via tutti (quasi) a indignarsi. Comunque la pensiate, cominciamo con le… nane. Il docureality si chiama Piccole donne Los Angeles e racconta la vita quotidiana di un gruppo di amiche molto dinamiche e affette da nanismo. In ogni puntata Terra, Tonya, Elena, Christy, Briana e Traci affrontano le difficoltà quotidiane che la loro piccola statura a volte comporta, ma anche e soprattutto vivono alla grande le opportunità offerte da Los Angeles, città in cui è ambientata la serie. Shopping, feste, divertimento e glamour, ma anche incomprensioni tra amiche, amori che nascono, proposte di matrimonio e bambini in arrivo. Tutto in una sempre più coinvolgente scoperta di continue e forti emozioni. Il programma viene trasmesso da Lei Tv dal lunedì al venerdì alle 14.15 (e poi su MTV8 la domenica).

Dall’altezza ai nudi. Il canale è Deejay Tv e il programma L’isola diAdamo ed Eva condotto da Vladimir Luxuria. Per 10 puntate, ogni mercoledì alle 21.15 dal 7 ottobre, tre o quattro sconosciuti possono conoscersi senza orpelli e barriere quali vestiti o social media, ma completamente nudi, lasciati da soli sull’isola di Mljet, in Croazia, per cercare il partner ideale. Il dating show prodotto da Endemol è già un cult in nove paesi europei e promette oltre all’intrattenimento uno sguardo sulle convenzioni. «Per me è stato come un esperimento sociale – ha detto Luxuria presentando a Milano il programma, tempo fa – ed è stato divertente vedere come certi stereotipi sui ruoli del maschio e della femmina vengano annullati». Il tabù della nudità viene trattato in un contesto dove più che prove di sopravvivenza saranno richieste doti di seduzione e dove secondo le idee iniziali degli autori del formai più della morbosità dovrebbe prevalere l’ironia. Compresa pure l’edizione «XXX», quella meno censurata, che va in onda al termine di ogni puntata alle 23.05.

Reality con donne nane e maschi e femmine nudi, ma cosa sta succedendo alla tv? Si tratta davvero di raccontare la realtà, in maniera inclusiva (anche se serializzata in reality) oppure siamo ai numeri da Circo dove si trovava il nano, la donna cannone, mangiafuoco e chi più ne ha più ne metta? Sono domande sulla televisione al tempo della sua crisi, crisi nel senso che la centralità mediale della tv è da tempo calata a vantaggio del web. Di certo, in questi nuovi programmi tv, c’è pure la necessità narrativa di essere sempre di più imprevedibili. Basti pensare che otto anni fa, nel 2007, fece discutere la sola idea di un reality dove gli immigrati clandestini dovevano trovarsi una meglio americana per ottenere la cittadinanza Usa. Chi vuol sposare una cittadina americana, (Who Wants to Marry a U.S. Citizen) era il reality show prodotto dalla Morusa Media nel quale gareggiavano immigrati, molti dei quali clandestini, con un unico scopo: trovare una moglie americana e conquistare automaticamente la Green Card, il documento rilasciato dal Governo degli Stati Uniti per autorizzare un cittadino straniero a risiedere permanentemente negli Stati Uniti. Lo show – senza andare in onda – scatenò subito una infinità di critiche. Il gioco del programma, che puntava sulla passione degli americani per la tv e sulla popolarità, nel bene e nel male, tra favorevoli e contrari, di un tema quale quello della immigrazione, prevedeva che in ogni puntata si affrontassero tre immigrati o clandestini per conquistare il cuore di una single americana che, il più seduttivo tra loro, avrebbe avuto la fortuna di portare all’altare. Ovviamente nessuno poteva assicurare che il matrimonio si sarebbe celebrato e lì stava la sfida di un gioco che, per il terreno psicologico su cui si muoveva, potremmo definire estremo. Il reality non garantiva le nozze, ma dava la possibilità a questi immigrati di trasformare in realtà il sogno di sposare una donna americana (la casa di produzione avrebbe pagato le eventuali spese del matrimonio) e diventare automaticamente cittadini regolari. Diavola di una tv, quando si dice un matrimonio di interesse.

 

(Nella foto Maurizio Costanzo)