Pubblicato il 13/11/2015, 16:34 | Scritto da Tiziana Leone

Stasera arriva “The Last Panthers”, la serie che saprà consolare i tanti orfani di “Gomorra”

Stasera arriva “The Last Panthers”, la serie che saprà consolare i tanti orfani di “Gomorra”
Al via su Sky Atlantic questa sera alle 21.10 la serie con Samantha Morton e John Hurt è incentrata sulle vicende della mafia dei Balcani i cui affari si intrecciano con quelli di banchieri senza scrupoli. La sigla è firmata da David Bowie.

Sono cattivi, cattivissimi, non hanno pietà, uccidono, rubano, ricattano, eppure agiscono a fin di bene. Parlano slavo, commerciano in diamanti rubati e armi, smerciano con gli zingari e hanno il coraggio di strapparsi un dente per mettersene uno finto a cui legare il pacchettino pieno di pietre preziose da far scendere giù fin dentro lo stomaco. Sì, lo so, non è una bella immagine, d’altronde The Last panthers al via questa sera su Sky Atlantic in prima serata non è una produzione per famiglie. Con i suoi colori scuri, i suoi zingari che con il girocollo a quadri infilato a pelle minacciano di torturarti se non parli, con la mafia dei Balcani capace di passare dalla Francia all’Ungheria senza farsi notare da un solo poliziotto, la serie in sei puntate arriva per consolare quel popolo che aspetta la primavera non per il clima, ma per rivedere Gomorra. Nata dall’idea di un giornalista francese, Jerome Pierrat, scritta da Jack Thorne, lo stesso di serie come Skin e Shameless, la fiction vanta un primato importante: a firmare la sigla è David Bowie che per la prima volta ha composto la colonna sonora di una produzione tv.

Ispirata a fatti realmente accaduti, The Last Panthers ha per protagonista Samantha Morton nei panni di una scaltra assicuratrice, incaricata di recuperare a qualunque costo i diamanti rubati da una banda di serbi. Nel cast anche Tahar Rahim, Goran Bogdan e John Hurt. Spiega il produttore Peter Carlton: «Jerome Pierrat, il giornalista e criminologo francese che ha ideato la serie mi ha prima parlato della mafia dei Balcani, poi mi ha portato nei diversi posti in cui opera, ed è stato molto pericoloso. Abbiamo seguito per giorni un assicuratore della Lloyd, siamo stati a Belgrado e in Svizzera, abbiamo avuto contatti con alcuni esponenti della mafia locale, così come con il poliziotto che si è messo sulle tracce dei Panthers, diventati una sorta di ossessione per lui. A Marsiglia siamo entrati in quartieri dove la polizia non mette piede e da cui siamo dovuti scappare di corsa. Abbiamo scoperto durante la nostra ricerca sul campo l’Europa unita della criminalità, molto più efficace dell’Unione Europea, perché si basa sul collegamento tra le banche e i gangster».

Non si sono fatti mancare niente i due, magari per scrivere la serie bastava leggersi qualche carta processuale o ritaglio di giornale e romanzarli un po’, più o meno come fanno tutti, ma vuoi mettere l’avventura di farsi minacciare di morte da una banda di zingari o farsi sparare nei quartieri infrequentabili di Marsiglia? I nostri due eroi, che potevano girare una fiction nella fiction se si fossero portati una telecamera, hanno incontrato sul loro cammino una serie di criminali a cui hanno dovuto spiegare che erano lì solo per fare cinema. E loro, i mafiosi serbi, hanno abbassato i kalashnikov, inghiottito quei quattro o cinque zaffiri che avevano legati in gola e hanno festeggiato. Perché chi mai aveva pensato a loro come star della tv? «Quando abbiamo incontrato questi criminali – aggiunge il produttore – sono stati ben contenti di vederci, gli piaceva l’idea di diventare “stelle del cinema”, anche se spero che non emerga una specie di apologia del crimine».

Bene, bravi, ma non lo dite all’intera produzione di Gomorra, sempre lì a combattere con quelli che gli dicono che «siete un esempio negativo, e fate apparire i camorristi come eroi, e date un’immagine sbagliata del nostro Paese, e non vi diamo il permesso di girare in Campania, e a noi le Vele ci piacciono, e voi pagate il pizzo alla camorra per girare nelle loro terre, e nella vostre troupe ci sono gli infiltrati, e noi non vi guardiamo perché Saviano è un bugiardo e c’hai creduto faccia di velluto, la porta si rivolta la baci un’altra volta, specchio infrangibile senza risposta, chi va a Roma perde la poltrona, sale e scende la marea Sandokan c’ha…», vabbè avete capito.

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto la locandina della serie)